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MULTE INGIUSTE: COME MI DIFENDO?

Cosa fare quando ci viene ingiustamente elevata una sanzione? Quali sono gli strumenti giuridici che l’ordinamento offre in difesa dei nostri diritti (e dei nostri soldi)?

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di Michele De Sanctis

Comunemente le chiamiamo ‘multe’, ma sono in realtà sanzioni pecuniarie amministrative elevate per le infrazioni al Codice della Strada o agli ordinamenti locali, mentre la multa vera e propria consegue all’imputazione di un delitto. Diversa natura, quindi, diversi rimedi ai fini della tutela individuale. Ma per essere più chiaro, anche per chi è meno avvezzo ai termini giuridici, userò impropriamente il termine multa, per riferirmi alle sanzioni amministrative irrogate in occasione della circolazione stradale.

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Contro una multa considerata ingiusta esistono due tipi di ricorso (uno di natura giurisdizionale, l’altro di tipo amministrativo). Possiamo, infatti, impugnare il verbale davanti al Giudice di Pace (entro 30 giorni dalla notifica o dalla data di contestazione) ovvero davanti al Prefetto (entro 60 giorni).
Tra i motivi di nullità del verbale che possiamo impugnare troviamo:

1) la mancata notifica del verbale entro 90 giorni dalla data di accertamento (attenzione: non dalla data di infrazione) o 150 giorni (se siete residenti all’estero);
2) se la multa è stata irrogata per eccesso di velocità, la contestazione immediata è obbligatoria solo per gli autovelox mobili gestiti direttamente dalla Polizia su strade urbane o locali e su quelle extraurbane e urbane di scorrimento non segnalate dal Prefetto (in questi casi, a pena di nullità, i motivi della mancata contestazione immediata devono essere indicati a verbale);
3) la mancata segnalazione e/o mancata visibilità di un autovelox;
4) gli ausiliari del traffico possono elevare contravvenzioni solo per violazioni che riguardino la sosta o la fermata dei veicoli: se la multa è elevata per altre cause è nulla, ma state in guardia, perché la Cassazione ritiene costantemente che il potere sanzionatorio dell’ausiliario si estenda anche alla prevenzione e al rilievo di tutte le infrazioni ricollegabili alla sosta nella zona oggetto della concessione, anche se non strettamente collegate al parcheggio a pagamento cui sono adibiti;
5) quando gli apparecchi di rilevazione automatica delle infrazioni (autovelox, T-red) sono gestiti da enti privati e non direttamente dalla Polizia Stradale.

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Il ricorso contro la multa presentato al Giudice di Pace va depositato, in carta semplice, presso la cancelleria dello stesso giudice o inviato per posta raccomandata A/R, pagando un contributo unificato (in genere sui 37,00 €).

Sono, invece, più lunghi i termini per impugnare il verbale dinanzi al Prefetto. In questo caso, il ricorso dovrà essere presentato personalmente o con raccomandata A/R alla Prefettura territorialmente competente (ovvero all’Ufficio da cui dipende l’agente che ha accertato l’infrazione, ma sempre intestata al Prefetto del luogo della violazione) entro 60 giorni dalla notifica della multa.

La Prefettura ha 120 giorni di tempo per pronunciarsi sul ricorso ed emanare la relativa ordinanza, da notificare al ricorrente entro 150 giorni, pena l’annullamento del verbale. Il ricorrente può allegare al ricorso la documentazione ritenuta necessaria oltreché chiedere l’audizione personale. Sappiate che se il Prefetto respinge il vostro ricorso, la sanzione pecuniaria verrà raddoppiata. E ricordatevi che, qualora abbiate intenzione di fare ricorso, o al Prefetto o al Giudice di Pace, non dovete pagare la sanzione pecuniaria, neanche in misura ridotta, poiché il pagamento vi preclude la possibilità di impugnare il verbale, in ogni caso: è un comportamento concludente con cui accettate la contestazione. Anzi, contestualmente all’annullamento del verbale, sarebbe opportuno chiedere, nel ricorso dinanzi al Giudice di Pace, anche la sospensione della sua efficacia esecutiva, perché se non lo fate, in attesa dell’esito dell’impugnazione, vi potrebbe essere notificata anche la cartella di pagamento. E non credo che abbiate voglia di ricevere una cartella esattoriale…

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Da ultimo, in caso di vittoria del ricorso, insistete sull’addebito delle spese di giudizio (rimborso del contributo unificato versato, ecc.) all’Ente convenuto. Per la Suprema Corte di Cassazione, infatti, l’Amministrazione Pubblica, riconosciuta negligente, deve essere condannata al pagamento delle spese salvo che sussistano giustificati motivi, “che non possono essere ricercati solo nel modesto valore della controversia o nel semplice errore formale della multa” (Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 8 aprile 2011 n. 8114).

Nell’accomiatarmi, vi ricordo di allacciare sempre le cinture e di guidare con prudenza. Buona giornata!

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LA TOP 20 DEI PAESI IN CUI È PIÙ FACILE FARE SOLDI.

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di Michele De Sanctis

Loro ce l’hanno fatta da soli. Sono diventati miliardari partendo da zero. Parliamo dei ‘superimprenditori’, gente che è riuscita a creare imperi economici con le proprie mani. Richard Branson di Virgin, Amancio Ortega di Zara, Dietrich Mateschitz di Red Bull, Guy Laliberté de Cirque du Soleil, fino all’italianissimo Giorgio Armani. Sono questi alcuni esempi di persone che dal nulla hanno realizzato una vera fortuna.

Uno studio condotto dal London-based Centre for Policy Studies e recentemente riportato da BusinessInsider, analizzando le classifiche di Forbes degli uomini più ricchi del mondo dal ’96 ad oggi, identifica mille superimprenditori provenienti da 53 Paesi. Per essere considerato superimprenditore, è necessario aver guadagnato almeno un miliardo di dollari. La ricerca non prende in considerazione quei capitani d’industria che i miliardi e le attività li hanno ereditati. Oggetto, quindi, sono soltanto i veri Paperon de’ Paperoni, perché l’obiettivo è quello di individuare i Paesi che offrono le maggiori opportunità di realizzare il sogno di scalare la vette del business e diventare ‘billionaire’ a tutti gli effetti. In particolare, lo studio evidenzia che la terra promessa è essenzialmente frutto della giusta combinazione di tre fattori: 1) sistema educativo, 2) burocrazia e tasse 3) libertà di mercato.

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Vediamo insieme la classifica:

1. Hong Kong

2. Israele

3. Usa

4. Svizzera

5. Singapore

6. Norvegia

7. Irlanda

8. Taiwan

9. Canada

10. Australia

11. Gran Bretagna

12. Nuova Zelanda

13. Svezia

14. Germania

15. Giappone

16. Spagna

17. Repubblica Ceca

18. Turchia

19. Portogallo

20. Grecia

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Si noti che a Hong Kong e in Israele c’è una maggiore concentrazione di superimprenditori rispetto a qualunque altro Paese, considerando la loro percentuale sul totale della popolazione. Il che fa scendere gli USA dal primo e dal secondo posto, nonostante un numero elevato di paperoni, ma con una % sulla popolazione inferiore, restando, tuttavia, sul podio con la medaglia di bronzo. Nella top five si aggiungono, poi, Svizzera e Singapore.

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L’Italia è fuori dalla top 20. L’eccesso di burocrazia della nostra Pubblica Amministrazione non aiuta certo l’imprenditoria, ma speriamo che la ‘rivoluzione’ promessa dal Governo dia i frutti attesi e che il nostro PIL continui lungo la curva positiva degli ultimi tempi. Sorpresa finale: spuntano alla posizione 20 la Grecia e alla 19 il Portogallo. Fuori dalla classifica anche i nostri cugini d’oltralpe.

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A SARAJEVO RINASCE LA VIJEČNICA.

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di Michele De Sanctis

Dopo 22 anni, la città di Sarajevo ha riavuto la sua biblioteca nazionale, bombardata nella notte tra il 25 e il 26 agosto del 1992 dai serbo bosniaci. Aveva fatto il giro del mondo la foto della “Viječnica”, così i bosniaci chiamano la biblioteca nazionale di Sarajevo, in cui tra le macerie della volta distrutta, sotto la luce che entrava dall’alto, un uomo suonava il violoncello.

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Quell’uomo era Vedran Smajlovic, che fu, tra l’altro, uno dei primi civili ad accorrere sulla scena per tentare la messa in salvo degli oltre due milioni di volumi conservati nell’edificio in fiamme.

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Oggi, però, la biblioteca di Sarajevo è stata completamente ricostruita e ieri, 9 maggio 2014, è stata inaugurata nel suo nuovo splendore. La Viječnica è stata rifatta com’era. A mancare all’appello, sono purtroppo i moltissimi testi antichi: bruciati nel rogo del ’92.

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L’inaugurazione è avvenuta con un grande spettacolo all’aperto fuori dal municipio austro-ungarico che ospitava la Viječnica. «Oggi dopo 18 anni di lavori di ricostruzione e a 118 anni dalla sua prima inaugurazione, restituiamo la Viječnica ai cittadini di Sarajevo, perché essa fa parte della loro identità», così ha parlato il sindaco Ivo Komsic.

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L’edificio, non solo è stato ricostruito in maniera fedele alla sua antica architettura, ma per quanto possibile, sono stati recuperati i suoi materiali originali. D’ora in avanti, la Viječnica ospiterà l’amministrazione cittadina, oltreché una parte del patrimonio librario della Biblioteca Nazionale e il Museo di Sarajevo.

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La cerimonia di inaugurazione ha visto la partecipazione della Filarmonica di Sarajevo e di altri 200 solisti, danzatori, musicisti, ed è culminata con la proiezione sulla facciata della Viječnica di un video in 3D che raccontava la storia del palazzo intrecciata con la recente e più drammatica storia di Sarajevo.

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IL MAGGIO DEI LIBRI 2014.

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di Michele De Sanctis

Se a maggio la natura si risveglia, lo stesso capita alla voglia di leggere: anche quest’anno i libri tornano a sbocciare. Giunto ormai alla sua quarta edizione, il Maggio dei Libri è un’iniziativa promossa dal Centro per il Libro e la Lettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, con il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, e ha l’obiettivo di sottolineare il valore sociale della lettura come elemento chiave della crescita personale, culturale e civile. ‘Leggere fa crescere’: è questo lo slogan con cui la campagna nazionale, nata nel 2011, tenta di incentivare la voglia di libri. Oltre a godere del supporto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Il Maggio dei Libri è altresì promosso dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome e dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, in collaborazione con l’Associazione Italiana Editori. La campagna è iniziata lo scorso 23 aprile, in concomitanza con la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore (indetta dall’UNESCO) e terminerà il prossimo 31 maggio.

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Con il Maggio dei Libri 2014 ci si richiama alla tradizione popolare, all’idea di crescita, di maturazione, ma anche di rinascita, di risveglio della natura, di allegria, come testimoniano le radici di diverse feste popolari.
In fondo, cos’è un libro se non un amico, un compagno di vita. L’obiettivo del Maggio dei Libri 2014 è dunque quello di condurre questo compagno nella vita quotidiana di ognuno di noi, fra la gente, distribuendolo, incentivando la lettura, facendo sì che si stabilisca un legame affettivo, affinché il libro abbia finalmente il valore sociale che merita. Affinché la lettura risvegli le menti, letteralmente sbocci in chi avrà l’opportunità di avvicinarsi a un libro.

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Tantissimi sono gli eventi del Maggio dei Libri 2014, oltre 1700, da Nord a Sud, dalle grandi città ai piccoli centri. A promuovere le iniziative, biblioteche, associazioni culturali, case editrici, club di lettori, comuni, province e regioni. Ma non solo. Il libro, infatti, evade dai contesti abituali per raggiungere gli innumerevoli ‘non lettori’, fino ad arrivare negli uffici postali, nei supermercati, sui treni e nei ristoranti grazie ad un accordo di partnership con Poste Italiane, UniCoop Tirreno, Librerie Coop, Italo Treno, Eataly e Librerie Feltrinelli. A disposizione di tutti c’è poi anche l’app, che tra i suoi contenuti offre il calendario degli appuntamenti in programma, le novità e le immagini della campagna. L’app Il Maggio dei Libri 2014 è disponibile gratuitamente per iPhone e iPad su AppStore e si può scaricare da qui. Potete, inoltre, trovare tutte le informazioni sul sito Il Maggio dei Libri. Sarà, infine, possibile accedere alle bacheche Facebook e Twitter de Il Maggio dei Libri per seguire e commentare gli eventi e i concorsi legati all’iniziativa.
Tempo fa Michael Crichton disse che frequentare le librerie può riservare sorprese perché si possono trovare libri che non ci si aspetta. Allora, perché non fare un salto in libreria? La lettura dei buoni libri è una sorta di conversazione con gli spiriti migliori dei secoli passati, diceva Cartesio, ed è per la mente ciò che l’esercizio fisico è per il corpo, secondo Joseph Addison.

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Potrei citarvi un altro centinaio di aforismi, per convincervi, ma credo che il modo migliore di concludere questo post sia quello di affidarmi alle parole di Ennio Flaiano. ‘Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni.’
Buona lettura! E fate bei sogni…

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I PAESI IN CUI I GIOVANI VIVONO MEGLIO.

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di Michele De Sanctis

Attualmente i giovani, non solo in Italia, sono spesso al centro dell’attenzione generale soprattutto a causa della situazione economica e sociale che stiamo attraversando e, nel nostro Paese in particolare, per via della ‘fuga di cervelli’, un fenomeno purtroppo sempre più persistente.
Tuttavia, si parla poco di salute pubblica in riferimento a questa categoria. È come se gli unici problemi dei giovani fossero di natura economica. Ma come stanno fisicamente? È l’interrogativo a cui cerca di rispondere l’‘Indice del benessere giovanile’, di cui si è avvalso il website newyorkese Business Insider per stilare la classifica “Qual è il Paese in cui la gioventù vive più beata?”. Si tratta di una ricerca condotta su trenta Paesi realizzata dalla ‘International youth foundation’, il ‘Center for strategic and international studies’ e l’azienda ‘Hilton Worldwide’.
Nel parlare di “salute pubblica”, infatti, non si possono non calcolare tutte quelle persone, i giovani per l’appunto, che si trovano a metà tra le due fasce generazionali estreme ovvero, i bambini e gli anziani, cui normalmente ci si riferisce quando si parla di salute pubblica.
Per creare l’indice, i ricercatori hanno usato 40 indicatori tra cui “la partecipazione alla vita sociale e politica, le opportunità economiche, l’istruzione, la sanità, l’accesso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, la sicurezza”.

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Secondo questo studio, i primi posti dell’elenco sono occupati da Australia (1°), Svezia (2°) e Corea del Sud (3°). Agli ultimi posti troviamo, invece: Tanzania, Uganda e Nigeria. Non si tratta, tuttavia, dei primi trenta Paesi al mondo, ma solo di quelli presi in esame dai ricercatori dell”International youth foundation’ e che per “giovani” è stata intesa la fascia di popolazione compresa tra 12 e 24 anni. Va considerato, tra l’altro, che le prime nove posizioni sono occupate dai Paesi più ricchi della lista, ad eccezione della sola Russia e che, sebbene nei Paesi ad alto reddito ci siano tassi di mortalità giovanile più bassi, ad essere più diffusi in questi posti sono, paradossalmente, stress ed autolesionismo.

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Nonostante i limiti dell’analisi qui riportata, i dati analizzati sono comunque interessanti per tutti in quanto, lo si legge nel rapporto, “le società che sono inclusive nei confronti dei giovani sono anche quelle che hanno maggiori probabilità di crescere ed arricchirsi, mentre l’esclusione aumenta il rischio di recessione, criminalità e violenza diffusa”.
Uno spunto di riflessione per i Governi dei Paesi che occupano le ultime posizioni e anche per quelli non inclusi nella ricerca, al fine di procedere ad una revisione di alcuni capisaldi del proprio welfare.

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GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: IL BILANCIAMENTO DI CIRCOSTANZE ATTENUANTI ED AGGRAVANTI NON HA ESCLUSO LA REVOCA DELLA PATENTE.

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di Michele De Sanctis

Con sentenza 17826 del 28 Aprile 2014, la Corte di Cassazione precisa che il giudizio di bilanciamento di circostanze eterogenee (contemporaneamente aggravanti e attenuanti) permette una modulazione del trattamento sanzionatorio che attui i precetti costituzionali in tema di pena, ma solo in relazione alle pene criminali e dunque non anche con riguardo alle sanzioni amministrative accessorie al reato.

Nel caso di specie, il Gip del Tribunale di Genova, ai sensi dell’articolo 444 cpp, aveva applicato all’imputato, finito sotto accusa per guida in stato di ebbrezza alcolica (art. 186, co. 2 lett. c) e co. 2 bis cds), la pena di mesi quattro di arresto ed € 3.400 di ammenda, con possibilità di sostituire la pena detentiva con la sanzione pecuniaria pari a € 30.000 di ammenda, concedendo, pertanto, la sospensione condizionale della pena ed ordinando la revoca della patente di guida e la confisca del veicolo. Ed è questa la sanzione amministrativa accessoria che esula dal giudizio di bilanciamento, motivo del ricorso davanti al Giudice di Legittimità.

Tuttavia, nel motivare il rigetto del ricorso, la Corte, precisa, peraltro, che, nella sua decisione, il giudice di merito non è in incorso in alcun vizio di legittimità, applicando la sanzione amministrativa accessoria, dal momento che la disciplina vigente fa coincidere l’ambito di esplicazione degli effetti del giudizio di bilanciamento solo con il trattamento sanzionatorio penale e non anche con quello amministrativo, previsto in questo caso dall’applicazione della circostanza di reato aggravata dalla guida in stato di ebbrezza.

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Né ci sono margini tali da delineare un profilo di dubbia legittimità costituzionale. Come, infatti, è già stato puntualizzato dalla Corte Costituzionale (cfr. ord. nn. 344/2004, 196/2010 e 266/2011) e dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 8488/1998), proprio in materia di violazioni penalmente rilevanti alle norme sulla circolazione stradale, la sanzione amministrativa accessoria al reato non cessa la propria natura di sanzione amministrativa per il fatto di essere posta a corredo di una violazione della legge penale. Ne consegue, pertanto, secondo il costante insegnamento della Corte costituzionale, la decisiva rilevanza del principio in base al quale tra illecito penale e illecito amministrativo si danno “sostanziali diversità rilevanti anche sul piano costituzionale – per la esclusiva riferibilità alla materia penale degli artt. 27 e 25, secondo comma, Cost. – e su quello della rispettiva disciplina ordinaria (facendosi, in quella amministrativa, ricorso anche a istituti di diritto civile)”, tali da non giustificare l’estensione all’illecito amministrativo del regime penalistico.

In altre parole, vista la diversa natura dei due tipi di sanzioni e le diverse finalità che il Legislatore ha voluto dare a quelle penali e a quelle amministrative, le valutazioni relative al concorso di circostanze eterogenee hanno la capacità di produrre effetti sull’entità della pena principale (art. 69 cp) e sulle quelle accessorie (art. 37 cp), ma non anche sulle sanzioni amministrative che continuano, quindi, ad accedere al reato. D’altro canto, poiché tali differenze si riscontrano anche in alcune norme di rango costituzionale, l’irrilevanza del giudizio di bilanciamento delle circostanze del reato rispetto alle sanzioni amministrative accessorie al reato medesimo non comporta neppure eventuali vizi di legittimità costituzionale e, pertanto, al trasgressore del caso in esame restano applicate la revoca della patente e la confisca del mezzo, oltreché il pagamento delle spese processuali.

Un consiglio, amici: se dovete guidare bevete con moderazione!

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LA TOP TEN DEI LAVORI MIGLIORI. E DEI PEGGIORI.

Anche quest’anno Careercast ha stabilito quali sono i migliori 10 lavori da intraprendere e i peggiori 10. Scopriamoli insieme.

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di Michele De Sanctis

È ormai un appuntamento fisso, dal 1988, quello con la relazione Jobs Rated, con cui Careercast misura le diverse carriere attraverso una serie di parametri sociali, culturali, ambientali ed economici. In particolare, ciò che viene rilevato è il rapporto tra retribuzione e stress, l’ambiente di lavoro e la percentuale di crescita professionale nel futuro. Sebbene l’analisi, comprensiva di salari medi, si riferisca principalmente al mercato del lavoro USA, la graduatoria stilata da Careercast costituisce un segnale importante anche in ambito internazionale. Risalta, infatti, la crescita nel settore delle professioni sanitarie, che sarà una tra le più importanti aree destinate a crescere nel prossimo futuro, con una domanda sempre maggiore di medici, infermieri e parasanitari. Non solo negli States. Al fine di comprendere le sfide da affrontare quotidianamente sul lavoro, oltreché le ricompense che una professione può offrire, questo ormai consueto rapporto annuale costituisce, pertanto, un dato particolarmente importante.

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Sono stati 200 i lavori valutati e su tutti vince quello del matematico. Nondimeno, i più interessanti da conoscere sono in fondo alla classifica, perchè se è vero che è umano lamentarsi ogni tanto del proprio lavoro, sarebbe, altresì, utile ricordarsi che potrebbe andare peggio. A meno che non facciate il boscaiolo. Già, perché, stando al Jobs Rated 2014, è proprio il taglialegna il lavoro peggiore dell’anno (200esima posizione). Ed io che non conosco neppure la differenza pratica tra un’ascia e un’accetta, se non la diversa nozione che ne leggo sul mio inseparabile Devoto, mi fido.
Ma vediamo meglio le due classiffiche, o meglio i primi dieci e gli ultimi dieci. Tra i peggiori, oltre ai boscaioli, nella classifica figurano i cronisti (gli aspiranti giornalisti italiani ne sanno qualcosa), il personale militare arruolato, i tassisti, i redattori radio e tv, i masterchef, ossia chi aspira a diventare capo cuoco (e forse c’è la vaga speranza di non assistere più agli insulti gratuiti di certi chef nei talent show televisivi), gli assistenti di volo, i netturbini, i vigili del fuoco, i supervisori interni di istituti penitenziari e gli installatori/riparatori di tetti.

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E i migliori 10? Dopo i matematici, vengono i professori universitari (ne avevate dubbi?), gli esperti di statistica, consulenti attuariali (a questo punto consiglio ai giovani diplomandi un corso di laurea in Scienze Statistiche), gli otorini, gli igienisti dentali (ed evitiamo battute scontate sulla Minetti), gli sviluppatori di software, gli analisti di sistemi operativi e ancora altre due professioni sanitarie (consideratele, ragazzi, se il calcolo delle probabilità proprio non vi piace), al nono posto troviamo, infatti, i fisioterapisti e al decimo i logopedisti.

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Come Careercast ci tiene a precisare, l’analisi dei lavori migliori e peggiori dell’anno assume un semplice carattere di curiosità. Non è detto, ad esempio, che chi ricopre uno dieci peggiori mestieri stia realmente facendo il lavoro peggiore del mondo. L’analisi viene proposta solo a carattere informativo e, come già detto, viene valutata in base a diversi parametri tutti, peraltro, oggettivi.

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Se su alcune professioni, per esempio, possiamo trovarci assolutamente d’accordo, su altre, forse, i diretti interessati potrebbero dissentire. Il lavoro migliore è quello che si ama. Essere un vigile del fuoco con passione, o un reporter, fa della tua professione la migliore che ci sia. L’unico parametro che conta, in ultima istanza, quando si cerca lavoro è quello soggettivo. Non ci sono, infatti, due esperienze di lavoro che garantiscano lo stesso successo, né percorsi di carriera differenti in grado di soddisfare competenze ed interessi unici. In definitiva, solo tu puoi determinare quale sia il miglior lavoro per le tue abilità e le tue passioni. Tuttavia, la relazione Jobs Rated può essere letta come una road map per aiutarti a decidere quale sia il la carriera più giusta per te.

Di seguito, l’infografica redatta da Careercast.

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OCCHIO QUANDO SIETE AL VOLANTE: PER LA CASSAZIONE RISPETTARE IL CODICE DELLA STRADA NON BASTA.

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di Michele De Sanctis

Non è esonerato da responsabilità il conducente del veicolo che, dopo aver investito ed ucciso un pedone, che a sua volta aveva attraversato la strada imprudentemente, è finito sotto processo con l’accusa di omicidio colposo per non aver osservato le comuni regole di prudenza.
È quanto afferma la Corte di Cassazione, sezione IV penale, con sentenza n. 14776, depositata in data 31 marzo 2014, con cui ha rigettato il ricorso dell’imputato, che chiedeva che fosse riconosciuta e addebitata alla vittima la totale responsabilità nel sinistro (ottenendo, quindi, l’assoluzione dall’accusa di omicidio colposo) e non il semplice concorso di colpa (nella fattispecie, riconosciuto dalla Corte d’Appello di Roma nella misura del 40% e non più sindacabile dalla Suprema Corte di Cassazione, in quanto valutazione di merito – non valutabile nel giudizio di legittimità).
La vittima – si legge in sentenza – dopo essere scesa dall’autobus – aveva attraversato la strada, in un punto privo di passaggi pedonali, velocemente e senza guardare.
L’autobus da cui era sceso il pedone si era fermato, peraltro, irregolarmente all’esterno dell’area riservata alla sua sosta, perché occupata da un’autovettura.

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L’auto investitrice secondo quanto accertato nel corso del giudizio di merito aveva tenuto una velocità quanto meno pari a 70-75 Km/h.
I Giudici di Piazza Cavour, riprendendo la giurisprudenza consolidata della Cassazione, affermano che l’articolo 141 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della Strada), rubricato “Velocità” e i principi generali della circolazione stradale impongono sempre al conducente l’obbligo non solo di regolare la velocità del veicolo e la propia condotta, in modo che la stessa non costituisca pericolo per per la sicurezza di persone e cose, ma anche di prevedere, a seconda delle circostanze, dei luoghi e delle condizioni, i prevedibili comportamenti irregolari e finanche incoscienti degli altri utenti della strada che possano determinare situazioni di pericolo e tenere, pertanto, una condotta atta a prevenire sinistri o altri eventi antigiuridici, quale, nel caso di specie, l’omicidio di un pedone.
Non solo, la Suprema Corte ha, altresì, specificato che il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro può considerarsi completamente esonerato da responsabilità solo in caso di sua osservanza di norme precauzionali scritte, assolutamente complete ed esaustive di tutti i possibili comportamenti prudenziali esigibili in relazione a determinate situazioni di pericolosità.
Tuttavia – per giurisprudenza costante della Corte di Cassazione – l’osservanza di tutte le norme prudenziali “scritte” non esclude che possa, comunque, residuare una responsabilità generica derivante da quelle non scritte. In questi casi, infatti, l’adempimento delle norme scritte non esaurisce i doveri degli utenti della strada.
Tra le regole cautelari non scritte, relative alla circolazione stradale, rientra in primis il dovere generale del ‘neminem laedere’, principio di diritto romano, traslato nei successivi ordinamenti occidentali, che, facendo riferimento alla civile e pacifica convivenza, è il fondamento giuridico della responsabilità aquiliana, secondo cui siamo tutti tenuti al dovere generico di non ledere l’altrui sfera giuridica.
Perciò, il conducente di un veicolo può essere chiamato a rispondere per il solo fatto di aver procurato un danno ad un altro soggetto.

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In tali casi, per escludere del tutto la responsabilità del conducente del veicolo investitore e porre esclusivamente a carico del pedone la responsabilità per i danni o la morte allo stesso derivati, è necessario che il primo si sia trovato nell’impossibilità di prevenire e/o evitare l’investimento stesso, per fatti estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, da qualsiasi fonte derivante.
Questo perché, nel caso in esame, le condizioni della strada al momento dell’incidente avrebbero dovuto imporre l’adozione di una condotta di guida particolarmente prudente e l’automobilista avrebbe dovuto, quindi, rallentare la propria marcia fino quasi a fermare il mezzo su cui viaggiava, nella prevedibile ipotesi che “pur in assenza di apposito attraversamento pedonale, qualche passeggero potesse portarsi davanti al veicolo del trasporto pubblico dal quale era appena sceso per attraversare la carreggiata”.
È vero che nel caso di specie, non sussisteva in quel tratto di strada un limite di velocità inferiore a quella tenuta dall’automobilista, che, dunque, non si trovava nell’ipotesi sanzionata dal 141 co. 2 CdS, ma è, altresì, vero che la situazione dei luoghi come quella descritta (presenza di un autobus in fermata), doveva imporre una diligenza superiore rispetto a quella della mera osservanza del limite di velocità appunto in virtù dell’esistenza di un pericolo concreto di attraversamento da parte delle persone che scendevano dal mezzo pubblico.
Non può sostenersi argomenta, infatti, la Suprema Corte che “l’imputato non potesse prevedere che da un autobus di linea fosse disceso un passeggero che, passando dietro l’autobus, ripartito da pochi istanti, attraversasse la strada quando egli si trovava a breve distanza”.
È proprio vero quel che comunemente si dice: al volante la prudenza non è mai troppa.

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IMPIANTI DI VIDEOSORVEGLIANZA NEI LUOGHI DI LAVORO. QUAL È L’ITER BUROCRATICO PER IL LORO UTILIZZO?

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di Michele De Sanctis

Con sentenza n. 17027 del 17 aprile 2014, la Suprema Corte di Cassazione, ha rilevato che in base all’art. 4, L. 300/70 (Statuto dei Lavoratori), gli impianti e le apparecchiature di controllo, la cui installazione sia dovuta ad esigenze organizzative e produttive, ovvero alla sicurezza del lavoro, “possono essere montati e posizionati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o, in subordine, con la commissione interna” e solo dopo specifica autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro. Non è, però, richiesto – si specifica in sentenza – che si tratti di controllo occulto, destinato a verificare la produttività dei lavoratori dipendenti, dal momento che l’essenza della sanzione sta nell’uso degli impianti audiovisivi, in carenza di un preventivo accordo con le parti sociali.
Con tali motivazioni il Giudice di Legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da una datrice di lavoro, ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 4 L. 300/70 in relazione all’art. 114, D. Lgs. 196/03, per avere installato un impianto di videosorveglianza senza avere richiesto l’autorizzazione alla competente DTL.
Il giudice di merito – hanno affermato i Giudici di Piazza Cavour – ha logicamente e correttamente argomentato in relazione alla concretizzazione del reato contestato e all’ascrivibilità di esso in capo alla prevenuta, peraltro, richiamando puntualmente le emergenze istruttorie, assoggettate ad analisi valutativa compiuta ed esaustiva.
Inoltre, “risulta insostenibile la tesi difensiva della insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, secondo la quale la datrice di lavoro, nata e vissuta per lungo tempo negli Stati Uniti, avrebbe ignorato le prescrizioni imposte dallo statuto dei lavoratori, in quanto costei, quale datrice di lavoro, è soggetto tenuto alla conoscenza delle prescrizioni imposte a tutela dei propri dipendenti”.

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È, infatti, sempre necessaria un’esplicita autorizzazione da parte della Direzione Territoriale del Lavoro per l’installazione di tali apparecchiature, altrimenti si rischia di trasformare le telecamere aziendali in un una sorta di ‘Grande Fratello’ che sorveglia illegittimamente i lavoratori in forza. La regola, lo ricordiamo, vale per tutte le imprese, in cui ci siano addetti e/o soci, ad eccezione, quindi, delle sole ditte individuali senza dipendenti. Come, peraltro, già ricordato dalla Corte, con sentenza n. 4331 del 30 gennaio 2014, in cui dichiarava inammissibile il ricorso di un datore di lavoro avverso la sentenza che lo aveva condannato alla pena di € 200,00 di ammenda per il reato di cui all’articolo 4, comma 2, L. 300/70 per avere, quale legale rappresentante di una s.n.c., installato un impianto audiovisivo di controllo a distanza dei lavoratori delle casse del suo supermercato senza accordo con le rappresentanze sindacali e senza autorizzazione della DTL.
L’autorizzazione va, peraltro, richiesta sia che le telecamere siano in funzione, sia che restino spente e siano utilizzate come semplice deterrente a furti, atti vandalici e comportamenti non consentiti dei lavoratori.
Nonostante, il rilievo del Giudice di Legittimità circa l’art. 4 dello Statuto, occorre, comunque, rispettare l’iter burocratico previsto dalla normativa vigente in materia di sicurezza e di privacy, che pone dei limiti non indifferenti al controllo a distanza sulla produttività dei dipendenti. Sebbene, infatti, la Cassazione ammetta il controllo occulto, purché autorizzato, devono, tuttavia, essere costantemente garantiti gli standard minimi per la corretta gestione del sistema previsti dalla legge, tra cui:
– rispetto del D.Lgs.196/03 e successivo provvedimento del Garante datato 8 aprile 2010;
– obbligo di informare dipendenti e clienti (anche attraverso apposita segnaletica) che i locali sono videosorvegliati;
– obbligo di nominare un dipendente incaricato che ha accesso all’impianto di videosorveglianza;
– scelta dell’angolo di ripresa, che deve riguardare le aree più esposte al rischio di furti e rapine e che non può, comunque, comprendere le postazioni di lavoro;
– divieto di utilizzare le immagini registrate per accertare o contestare disciplinarmente eventuali violazioni dell’obbligo di diligenza da parte dei lavoratori (il che di fatto vanifica ogni finalità di controllo sulla loro produttività, poiché ne lascia il relativo accertamento privo di utili strumenti disciplinari);
– adeguata custodia dell’apparecchiatura per la registrazione delle immagini;
– conservazione delle immagini registrate per il tempo strettamente necessario (normalmente non più di 24 ore).

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La richiesta dovrà, inoltre, essere corredata dalle planimetrie dei locali, con indicazione del posizionamento delle telecamere e messa in evidenza degli angoli di ripresa delle stesse, al fine di consentire alla DTL di verificare che non vengano inquadrate le postazioni di lavoro.
Si precisa, infine, che, in ottemperanza del D.Lgs.196/03, le immagini riprodotte sui monitor collegati alle telecamere possono essere visualizzate solo dal titolare dell’attività, ovvero da personale da lui incaricato.
L’utilizzo di sistemi di videosorveglianza nei luoghi di lavoro in cui sono presenti dipendenti dell’azienda, senza la preventiva autorizzazione della DTL, o in modo illecito, senza, quindi, la garanzia del rispetto delle norme poste in tutela della privacy dei lavoratori, implica l’applicazione di sanzioni amministrative e, in taluni casi, anche penali.

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TRENI SPORCHI: GIUDICE CONDANNA TRENITALIA.

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di Michele De Sanctis

La sentenza, di cui vi sto per parlare, riguarda i tantissimi pendolari che ogni giorno si servono della rete ferroviaria italiana per andare a lavorare o per motivi di studio. Per l’occasione, vi scrivo in diretta dal treno su cui anch’io, ogni giorno, viaggio per andare a lavoro e per tornare a casa. In realtà, la maggior parte dei miei post sono scritti in treno. Oggi, però, noto con piacere che, a dispetto della folla prefestiva, la mia carrozza è stranamente pulita. A parte il cestino dei rifiuti alla mia destra che, a giudicare dal contenuto strabordante, accoglie i resti di una colazione o forse due e di un pranzo. Oppure gli avanzi di una persona in preda a una forte crisi ipoglicemica. Ma mi basta cambiare sedile: pazienza, niente finestrino! In fondo, a che mi serve? Tanto devo scrivere! E poi quello del cestino stracolmo è il male minore che un pendolare possa affrontare. Non è vero?
E a voi? Vi è mai capitato di viaggiare tra immondizia e cattivo odore? E avete mai pensato che un’efficiente pulizia da parte di Trenitalia potrebbe rendere il vostro viaggio da pendolare meno penoso? Sapevate che la razione di germi cui quotidianamente ci sottoponiamo, alla lunga, potrebbe alterare il nostro stato di salute? Ebbene, è proprio quanto è capitato ad uno di noi.

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Si tratta di uno studente pendolare di Spoleto, cui purtroppo sono stati riscontrati problemi di salute causati dalle pessime condizioni igieniche delle carrozze in cui abitualmente doveva sedersi per affrontare il suo viaggio.
Questi i fatti: il ricorrente, giovane studente di giurisprudenza, tra il 2008 ed il 2009 si è trovato a viaggiare come pendolare nella tratta Spoleto-Roma su delle carrozze troppo spesso lasciate sporche: il che ha determinato un aggravarsi dei suoi preesistenti problemi asmatici.
Il Giudice di Pace di Roma, con sent. n. 41354/13, dott.ssa Concettina Cardaci, gli ha riconosciuto un indennizzo in via equitativa pari a mille euro, per danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, proprio a causa delle scarse condizioni igieniche del treno su cui viaggiava. “La sua domanda – si legge nella motivazione della sentenza – tesa a dimostrare la responsabilità di Trenitalia per i disagi subiti a causa delle precarie condizioni igieniche dei treni, è fondata e va accolta”, visto che il ricorrente ha documentato sia “la sporcizia dei treni in questione” sia “le negative conseguenze sulla propria salute”. Le precarie condizioni dei vagoni, sono state, infatti, “immortalate” dallo smartphone del ragazzo: una serie di istantanee, grazie a cui il giudice onorario ha riconosciuto al giovane l’esistenza della responsabilità a carico della compagnia di trasporto ferroviario. Il vettore, in verità, è sempre tenuto a garantire condizioni accettabili per il trasporto dei propri passeggeri, dovendo, peraltro, rispettare il diritto alla salute imposto dalla Costituzione. Decisive sono state, pertanto, le argomentazioni circa la lesione di un interesse tutelato dalla Carta fondamentale della Repubblica, quale, appunto, quello della salute, oltreché il superamento della soglia minima di tollerabilità e quindi l’impossibilità di assimilare tale tipo di danno a un semplice fastidio.

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Ricordatevi sempre, colleghi di viaggio, che nel momento in cui acquistate il biglietto del treno, o, meglio, l’abbonamento, di fatto concludete un contratto con la compagnia di trasporto, che è, dunque, obbligata a garantirvi la prestazione venduta, secondo correttezza e nel rispetto di standard qualitativi. I diritti dell’utenza sono sanciti, in primis, dalla Costituzione!
Tuttavia, poiché nel caso di specie non si poteva quantificare con certezza il danno subìto, il GdP ha necessariamente fatto ricorso alla cosiddetta valutazione equitativa. In assenza di specifiche prove sull’ammontare dei danni, infatti, la liquidazione viene effettuata sulla sola base di quanto appare più giusto al giudice. Per l’appunto, equo. Vero è che un indennizzo pure spettava a questo pendolare, tant’è che, non potendo “essere posta in dubbio la responsabilità da parte di Trenitalia consistente nella violazione delle norme che regolano l’erogazione dei servizi pubblici, ma anche dei diritti fondamentali della persona come quelli che attengono alla tutela della salute”, prosegue la sentenza, deve, comunque “essere affermato il diritto dello studente ad ottenere il risarcimento dei danni da lui subiti”, pur in carenza di criteri atti alla relativa quantificazione.
“Si tratta di una sentenza molto importante, secondo la quale il treno sporco rappresenta una violazione dei diritti fondamentali della persona previsti dalla Costituzione”. È quanto ha dichiarato Cristina Adducci, avvocato del Codacons, cui il pendolare si era, in prima istanza, rivolto per avere assistenza. La responsabilità per danni non patrimoniali, di cui all’art. 2059 c.c., infatti, ben si configura, da un lato, per inadempimento contrattuale, dall’altro è la stessa Costituzione a sancire il diritto inviolabile alla salute di ciascuno di noi. Anche dei pendolari.
Ricordatelo al signor capotreno, che incontrate ogni giorno (ormai vi conosce più del vostro migliore amico), ma fa finta di non vedere l’immondizia su cui sedete, limitandosi alla solita frase ‘Biglietti, prego!’

Ringrazio la mia Marta, avvocato, per avermi segnalato il caso di specie.

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