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Ripresa vera solo nel 2015. Lo dice il report di Ernst&Young

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da Il Sole 24 Ore del 23 giugno 2014

di Enrico Netti

Un’Italia che fatica ad agganciare la ripresa dell’Eurozona e per il momento continua a resistere grazie all’export – come conferma il +9,2% degli ordinativi esteri dell’industria ad aprile diffuso venerdì dall’Istat -, in attesa del ritorno della domanda interna. Per questi motivi l’anno dovrebbe terminare con un aumento dello 0,3% del Pil. Per il 2015 è previsto l’atteso cambio di passo con un’accelerazione dell’economia, che porterà la crescita del Pil all’1,2 per cento. Trend in leggera accelerazione per gli anni successivi.

Leggermente migliore la situazione negli altri Paesi dell’Unione: qui la ripresa c’è, sebbene fragile, ma la brezza del rilancio spinge l’economia con un ritmo costante. Il Pil dell’Eurozona, dopo due anni negativi, dovrebbe mettere a segno un +1,1% se la crisi dell’Ucraina resterà sotto controllo. Negli anni a seguire si vedrà un rafforzamento fino al +1,7 previsto per il 2018.

Sono i numeri chiave delle previsioni contenute nel report «Eurozone forecast», realizzato da Ernst&Young, studio che sottolinea il perdurare delle difficoltà dell’Italia.
«La nostra crescita è prevista ancora molto debole e dovrebbe irrobustirsi nel 2015: per ora l’economia continua a muoversi molto lentamente – spiega Donato Iacovone, amministratore delegato di EY Italy e Head di EY Med -. Scontiamo ancora le debolezze del sistema-Paese e fatichiamo a ritrovare il passo, mentre altre economie sono già riuscite ad agganciare la ripresa».

Il riferimento è a Spagna, Portogallo e Irlanda che, secondo le previsioni di EY, a fine anno avranno un Pil in crescita dell’1 per cento. Previsioni molto favorevoli per Lettonia, Estonia e, naturalmente, per la Germania. I Paesi periferici dell’Eurozona sono visti in recupero con il profilarsi di una lenta ripresa della domanda interna su cui si innesterà un limitato aumento degli investimenti.

In accelerazione le esportazioni dell’Eurozona, che faranno registrare – si legge nel report – aumenti su base annua compresi tra il 3,5 e il 4 per cento. Nelle ultime settimane il rapporto euro-dollaro ha visto il rafforzamento della moneta europea, ma entro fine anno potrebbe iniziare a indebolirsi a vantaggio dell’export della Ue. Inoltre sul fronte dell’economia reale si attendono gli effetti del ritorno del credito a favore delle imprese dopo l’ultima decisione della Bce.

I settori che in prospettiva si riveleranno più dinamici saranno il manifatturiero e le tlc, comparti che nel 2015 potrebbero mettere a segno un +2,7% su base annua. In decisa ripresa anche le costruzioni e le utilities. In questi comparti il made in Italy potrebbe riuscire nell’intento di agganciare la ripresa, che già spinge gli altri. «Il nostro manifatturiero ha sofferto anche di una competizione allargata – ricorda Iacovone -. Se riuscissimo a superare il limite dimensionale, indissolubilmente legato al fabbisogno finanziario, l’economia nazionale potrebbe registrare una netta accelerazione della crescita. Si devono aiutare le Pmi a proiettarsi sui mercati internazionali».
Il ritorno della domanda interna, poi, è legato a doppio filo all’export e all’efficacia delle riforme strutturali. «Il percorso di riforme intrapreso è la strada possibile per dare slancio al Pil dal lato dell’offerta e sperare così di invertire il segno degli indicatori negativi – sottolinea Iacovone -. Le previsioni ci inducono a riporre fiducia nella riforma del mercato del lavoro, nelle misure per favorire il pagamento degli arretrati della Pa e nelle privatizzazioni».

Rimane il macigno del deficit pubblico che, con gli andamenti previsti della nostra crescita, resterà al 3,1% nel 2014 per scendere sotto il 2% solo nel 2017. Fino a quell’anno il debito continuerà a restare oltre il 130 per cento. E con i livelli record di pressione fiscale è difficile immaginare ulteriori interventi e manovre sul lato delle entrate.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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Giù lo spread, Piazza Affari festeggia E Draghi prepara «interventi mirati».

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di Stefania Tamburello, da Corriere della Sera del 27 maggio 2014

ROMA – La Borsa di Milano prende il volo e segna un guadagno del 3,61%. Lo spread tra i rendimenti dei Btp decennali e i Bund tedeschi di uguale durata si restringe di oltre 20 punti percentuali riportandosi su quota 156 con i tassi dei titoli italiani di nuovo sotto al 3%. Comunque la si voglia leggere, i mercati hanno premiato la vittoria del Pd e del suo leader Matteo Renzi che alle elezioni europee ha doppiato il suo concorrente più prossimo, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. L’affermazione del partito che guida il governo e del presidente del Consiglio delinea infatti quell’orizzonte di stabilità politica che gli investitori mettono al primo posto delle loro valutazioni. In realtà tutte le Borse del Continente – in una giornata che si è svolta peraltro a passo ridotto per la chiusura di Wall Street e delle contrattazioni londinesi – hanno reagito positivamente all’esito del voto europeo seppure in misura minore di Piazza Affari, segnalando così come abbia prevalso nel giudizio degli operatori la stabilità dei governi dei Paesi più in difficoltà rispetto alla generale avanzata delle forze populiste. Perfino in Francia, dove il partito del presidente Hollande ha preso appena il 14%, la Borsa ha segnato un segnale positivo (0,75%). Anche l’euro si è mosso poco per le stesse ragioni chiudendo a 1,362 contro il dollaro.

Credito debole, economia debole

L’attenzione dei mercati del resto è concentrata – oltre che sui possibili equilibri politici all’indomani delle elezioni – soprattutto sull’attesa delle nuove misure espansive che la Bce, la Banca centrale europea, potrebbe decidere la prossima settimana, nella riunione del Consiglio direttivo del 5 giugno. Ed è un’attesa che ieri il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, ha rafforzato parlando all’incontro dei banchieri centrali che si svolge a Sintra in Portogallo.
«Non permetteremo che l’inflazione resti troppo bassa troppo a lungo», ha ribadito Draghi sottolineando come anche il rafforzamento dell’euro contribuisca a raffreddare i prezzi e sia quindi da tenere sotto stretta osservazione. Bisogna evitare, ha spiegato, l’avvio «di una spirale negativa tra bassa inflazione, attese di inflazione e credito in calo, soprattutto nei Paesi in difficoltà» che «potrebbe indurre le famiglie e le imprese a rinviare le spese». La situazione economica «è complessa» con «una ripresa in lento consolidamento» e con problemi di mancanza di credito che penalizza soprattutto le piccole e medie imprese, ha aggiunto il banchiere centrale italiano citando in particolare i casi di Spagna e Portogallo. «La debolezza del credito contribuisce alla debolezza dell’economia» ha quindi affermato rilevando che gli interventi all’esame della Bce saranno «mirati» per allentare tali vincoli.
Le diverse opzioni a disposizione saranno esaminate tutte con attenzione dai governatori dell’Eurotower, sia quelle convenzionali come il taglio dei tassi di interesse sia quelle straordinarie come l’acquisto di titoli pubblici o privati (quantitative easing ) che però saranno prese in considerazione solo nel caso di una «troppo prolungata dinamica al ribasso dell’inflazione». Quanto alle misure «mirate» sul credito, la Bce potrebbe fornire «una soluzione-ponte», come l’acquisto di prestiti cartolarizzati o la concessione alle banche di prestiti a lungo termine, una nuova Ltro, condizionata però all’erogazione di finanziamenti all’economia. Sarebbe una misura «molto importante», ha commentato a riguardo il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, per il quale sarebbero opportuni interventi «che vanno in direzione di un deprezzamento dell’euro».

Quanto alle «mirate» sul credito, la Bce potrebbe fornire «una soluzione-ponte», come l’acquisto di prestiti cartolarizzati o la concessione alle banche di prestiti a lungo termine.

Significativa infine a Sintra l’apertura di Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, ai paesi che s’impegnano in riforme strutturali per la crescita e che – ha detto – «potrebbero ottenere in cambio maggior flessibilità sui deficit».

Fonte: Corriere della Sera

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Stiglitz: euro unico grande errore dell’Ue, non ha funzionato. Esperti Troika da bocciare

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da Il Sole 24 Ore del 6 maggio 2014

L’Unione europea «ha fatto un unico grande errore: l’euro, che non ha funzionato».Non ha usato giri di parole il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz nel corso della sua lecture “Can the euro be saved? An analysis of the future of the currency» alla Luiss. Secondo l’economista «ora non bisogna abbandonare l’euro ma andare avanti». Perché l’euro non ha funzionato e come si puo correggere il tiro? I problemi, per Stiglitz «non riguardano le strutture dell’Italia e di ciascun singolo Paese» ma il problema fondamentale è «la struttura dell’Eurozona e le politiche perseguite».

Stiglitz: austerità non ha funzionato

Non solo. Secondo il premio Nobel, anche se «in molte parti d’Europa oggi si celebra la fine della recessione, l’inizio della crescita non significa che ci sia una ripresa solida, non vuol dire che la politica dell’austerità abbia funzionato». Anzi, l’Europa – ha aggiunto – «ha perso mezzo decennio o quasi un decennio». Per Il professore della Columbia University «un ulteriore rigore di bilancio non può prevenire un’altra crisi: l’austerità non ha funzionato. Ora bisogna concentrarsi sulla riforma dell’Eurozona e delle politiche dell’Eurozona».

«Esperti Troika da bocciare»

A destare allarme è soprattutto la disoccupazione giovanile che in alcuni paesi come la Spagna e la Grecia sfiora cifre del 50 e del 60%. Nel mirino finiscono le ricette economiche della Troika (l’organismo di controllo informale formato dai rappresentanti della Commissione Ue, Bce e Fmi).«Se i miei studenti avessero presentato analisi come quelle della Troika per i Paesi europei li avrei bocciati» ha detto l’economista Usa. «La Troika – ha aggiunto Stiglitz – ha ripetutamente prodotto previsioni errate e piuttosto che ammetterlo e riconoscere i suoi sbagli ha sempre incolpato le sue vittime».

«A Eurozona serve unione fiscale e cambio mandato Bce»

Per uscire dalla crisi all’Eurozona la ricetta di Stiglitz si basa su«un quadro fiscale unico, un sistema finanziario comune con l’unione bancaria, e un’armonizzazione delle aliquote senza una corsa verso il basso nella tassazione alle imprese». Ma soprattutto, aggiunge l’economista, «serve una modifica nel mandato della Bce che non deve concentrarsi solo sull’inflazione ma su crescita e occupazione«. Stiglitz non ha escluso l’idea di «una ristrutturazione del debito», ma va fatta in fretta». Quello della Grecia è il modello di «ciò che non si dovrebbe fare: tanto che oggi il rapporto debito/Pil di Atene è più alto che nel 2010».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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L’Europa prepara le banche all’Apocalisse: in Italia dovranno poter reggere un crollo di Borsa del 58%, con il Pil a -6% e la disoccupazione alle stelle.

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di Enrico Marro da Il Sole 24 Ore del 30 aprile 2014

Negli stress test che l’Autorità bancaria europea effettuerà sugli istituti di credito (dopo la verifica degli attivi da parte della Bce) c’è anche uno scenario avverso che prevede una nuova crisi finanziaria mondiale. Con pesanti ripercussioni anche per il nostro Paese. Vediamo quali.

1. Scenario apocalittico per gli stress test / Spread alle stelle, i BTp tornano al 6%.

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Alla base dello scenario peggiore ipotizzato dall’Eba c’è un incremento di 100 punti base dei T-Bond americani, con una graduale accelerazione sino a 250 punti base entro la fine di quest’anno. La conseguenza è una vampata di avversione del rischio, che porta a un’impennata dei rendimenti dei bond e a un deterioramento della qualità del credito. Nell’ipotesi di un incremento del rendimento dei T-Bond americani di 150 punti base, i tassi dei BTp salirebbero quest’anno al 5,9% (contro il 3,9% dello scenario base), al 5,6% nel 2015 (da 4,1%) e al 5,8% nel 2016 (da 4,3%). Lo spread con i Bund tornerebbe a circa 300 punti base. Livelli comunque inferiori a quelli toccati il 9 novembre 2011, il “mercoledì nero” dello spread a quota 575, quando i BoT a 12 mesi avevano toccato il 7%, i biennali il 7,5% e i decennali oltre il 7,48% (con l’inversione della curva dei rendimenti tra titoli a 2 e a 10 anni).

2. Scenario apocalittico per gli stress test / Il crollo di Piazza Affari.

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Nello scenario peggiore, quello appunto che porta a un’ondata generalizzata di panico e di “flight to quality”, per Piazza Affari l’Eba prevede un crollo del 20,3% nel 2014, del 17,7% nel 2015 e del 20,4% nel 2016, non lontano dai cali medi ipotizzati nell’intera Eurozona (rispettivamente -18,3%, -15,9% e -18,1%). L’Italia farebbe peggio della media di Eurolandia anche per le conseguenze dello stallo generalizzato del processo di riforme, che metterebbe a repentaglio la sostenibilità delle finanze pubbliche.

3. Scenario apocalittico per gli stress test / L’Italia torna in pesante recessione.

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Lo scenario peggiore ipotizzato dagli stress test vede per l’Italia un triennio di Pil in calo con una deviazione del 6,1% rispetto allo scenario di base. Il Pil (che nella realtà è appena tornato positivo) tornerebbe a calare dello 0,9% quest’anno, dell’1,6% il prossimo e dello 0,7% nel 2016 anziché mettere a segno una crescita stimata rispettivamente nello 0,6%, nell’1,2% e nell’1,3%. Lo shock finanziario – spiega infatti la simulazione dell’Eba – avrebbe una pesante ricaduta anche sull’economia reale, con fuga di capitali dai Paesi emergenti e calo degli scambi commerciali con l’Europa.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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Ecco come funziona il cervellone che protegge l’euro (e perché al Sud viene imposta austerity anche in fasi recessive).

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di Vito Lops, da Il Sole 24 Ore del 16 aprile 2014

A fine maggio si terranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.Il dibattito politico ed economico si concentra su maggioranze, coalizioni, pro-euro e anti-euro. Delle tecnicalità, quelle che però spesso incidono più di qualsiasi altro aspetto sul futuro dei cittadini, si parla poco.
Ma è bene soffermarvicisi. E quando parliamo di tecnicalità nell’area euro ci riferiamo in particolare al funzionamento del sistema Target2. Alzi la mano chi sa di cosa stiamo parlando. A voi tutti, sinceri che le mani non le avete alzate, è rivolto questo articolo.

Il Target 2 è il sistema di compensazione dei pagamenti tra le banche commerciali e le rispettive banche centrali dei Paesi dell’Eurozona (vi aderiscono anche Danimarca, Bulgaria, Polonia, Lituania e Romania). Con la supervisione finale della Banca centrale europea. E’ stato introdotto nel novembre del 2007. Prima c’era il sistema Target, più altre stanze di compensazione (clearing house). Da fine 2007 c’è solo il Target 2, dove Target sta per Trans-European Automated Real-time Gross settlement Express Transfer system.
Ogni pagamento, dall’acquisto di un frigorifero in un centro commerciale all’ordine di una maschera da sub dalla Grecia, passa attraverso questo cervellone elettronico. Una piramide, alla base della quale c’è la Bce, immediatamente sotto ci sono le banche centrali nazionali (Banca d’Italia, Bundesbank, Banco d’Espana, ecc.). E poi nel terzo gradino ci sono le banche commerciali.

Per entrare nel cuore di questo cervellone bisogna però conoscere un po’ di come viene creata oggi la moneta a livello bancario. Ci sono due tipi di moneta. La prima è creata dalle banche centrali, la seconda è creata dalle banche commerciali.
La prima moneta è creata dalle banche centrali attraverso la semplice immissione di un impulso elettronico su un computer. Si tratta di moneta che non può circolare nell’economia reale ma viene utilizzata in un conto bancario che le banche commerciali devono detenere presso le banche centrali nazionali (dove sono obbligate a tenere delle riserve un apposito “conto riserve”). Anche le banche commerciali emettono moneta attraverso impulsi elettronici e lo fanno nel momento in cui concedono prestiti ai clienti. Ma è importante sapere che nel sistema Target 2 circola solo la moneta delle banche centrali, quella delle riserve bancarie, che serve per i pagamenti interbancari.
Nel “conto corrente riserve” presso la banca centrale deve essere presente una riserva obbligatoria (in % dei depositi o delle obbligazioni emesse dalla banca, viene stabilita dalla Bce come strumento di politica monetaria, viene aumentata quando intende sottrarre liquidità dal sistema per drenare la crescita, o aumentata per ottenere un effetto opposto).

Oltre alla riserva obbligatoria una banca può depositare in questo “conto riserve” presso la banca centrale anche riserve libere, per agevolare le operazioni di pagamenti con altre banche. Di giorno può utilizzare tutte le riserve ma la sera almeno la riserva obbligatoria deve rientrare. La riserva obbligatoria è remunerata al tasso refi, l’eccesso di riserva non viene remunerato.
Prima di procedere dobbiamo imparare questa importante distinzione. I depositi per le banche rappresentano una passività (un debito) mentre i prestiti rappresentano un’attività (un credito). Questo punto è fondamentale per capire il funzionamento del Target 2 e molte scelte politiche che vengono oggi adottate al netto di frasi e comportamenti di facciata da parte di alcuni politici europei.
Cosa succede se un italiano acquista in un centro commerciale un frigorifero venduto da una società tedesca? L’italiano ha il conto corrente presso la banca commerciale A, il tedesco presso la banca commerciale B. Poniamo che il frigorifero costi 1.000 euro. A livello interbancario (e di saldi Target 2) accade questo. La banca commerciale A elimina dal saldo del conto corrente del cliente italiano 1.000 euro ed effettua un bonifico presso la banca commerciale B tedesca che, di conseguenza, aumenta i depositi del cliente (la società che vende frigoriferi) per 1.000 euro.

L’operazione però passa anche attraverso il Target 2 e quindi coinvolge anche la Banca d’Italia, la Bundesbank e la Banca centrale europea e i conti dove sono depositate le riserve obbligatorie. In che modo? Il sistema Target 2 manda un segnale alla Banca d’Italia di “distruggere” (elettronicamente) 1.000 euro di riserve detenute nel “conto riserve” della banca commerciale A (dopodiché la Banca commerciale A ha meno riserve per l’equivalente di 1.000 euro nel conto che ha presso la Banca d’Italia). Allo stesso tempo il sistema Target 2 invia anche un segnale alla Bundesbank dicendo di accreditare 1.000 euro nel “conto riserve” che la Banca commerciale B ha presso la Bundesbank.
Alla fine di questo giro emerge che la banca commerciale B tedesca ha incrementato le riserve nel conto della Bundesbank per 1.000 euro e, contestualmente, la banca commerciale B italiana “vanta” meno riserve per 1.000 euro presso la Banca d’Italia. Tutto compensato, quindi, come una stanza di compensazione funzionante vuole.
Vi ricordate però cosa rappresentano i depositi per una banca? Sono una passività. Quindi a conti fatti la vendita del frigorifero avrà prodotto una passività sul conto riserve della banca commerciale B tedesca presso la Bundesbank mentre avrà liberato la banca commerciale A italiana della passività che aveva presso il conto riserve di Banca d’Italia.
Vi ricordate che i depositi detenuti dalle banche commerciali presso il conto della Banca centrale nazionale sono rappresentati da moneta di banca centrale che non può essere utilizzata nell’economia reale? Bene, questo è un passaggio importante perché questi 1.000 euro di depositi in più sul conto presso la Bundesbank, la banca commerciale B tedesca potrà utilizzarli solo per investire in titoli o per estendere credito ai propri clienti (maggiori sono le riserve più crediti si possono fare perché i crediti sono proporzioni alla riserve secondo il moltiplicatore dei depositi).

Quindi, quando un cittadino compra un frigorifero prodotto da una società straniera si crea un meccanismo per cui ballano le riserve nei “conti riserve” delle banche commerciali presso le banche centrali nazionali, sotto il coordinamento del sistema di compensazione Target 2. A livello bancario, è come se la banca commerciale B tedesca (e di conseguenza il sistema finanziario della Germania) accumulasse un credito nei confronti della banca commerciale A italiana (e di conseguenza sul sistema finanziario italiano) per aver venduto un bene fisico (il frigorifero) che è passato dalla Germania all’Italia. Ne consegue che quando un Paese dell’area è in deficit nella bilancia dei pagamenti (è in debito con l’estero) il meccanismo Target 2 impone automaticamente che questo deficit sia finanziato dal Paese creditore del Target 2. Oppure impone un intervento a sostegno da parte della Banca centrale europea (quello che è stato fatto dalla Bce a partire dal 2010). Perché se il banco salta il creditore resta con il cerino accesso in mano.

Si crea quindi uno squilibrio nei sistemi Target 2 che può essere compensato in due modi:
1) l’Italia vende un bene di pari valore alla Germania creando lo stesso meccanismo al contrario e azzerando i saldi Target 2 tra il sistema finanziario tedesco e quello italiano;
2) la Germania utilizza il surplus di riserve per acquistare titoli italiani
3) interviene la Banca centrale europea erogando liquidità aggiuntiva a favore dell’Italia
Quello che si è verificato fino al 2008 è stata proprio l’opzione numero due. I saldi risultavano in equilibrio, ma in realtà dietro c’era un forte squilibrio perché in buona sostanza la Germania vendeva prodotti al Sud Europa e compensava la posizione creditoria nel sistema Target 2 acquistando titoli di Stato del Sud Europa (Grecia, Italia, ecc.). Il credito Target 2 della Germania determinato dalla vendita del bene fisico veniva compensato dal debito Target 2 determinato dall’acquisto di titoli del Sud Europa.
Dopo lo scoppio della bolla dei mutui subprime il flusso degli acquisti si è interrotto, anzi è stato ancor più aggravato dalle vendite (ricordate quando Deutsche Bank ha venduto 8 miliardi in titoli di Stato italiani in pochissimo tempo?). Questo ha fatto esplodere i saldi Target 2 facendo venire a galla gli squilibri dell’Eurozona con un Paese (la Germania) che vantava crediti superiori a 700 miliardi rispetto al debito dei Paesi del Sud Europa (vicinissimo a quella cifra) speculare.

Ne consegue che l’esistenza stessa dell’Eurozona si fonda oggi su questo sistema di pagamenti attraverso cui oggi transita un controvalore giornaliero di circa 2mila miliardi di euro e che, tecnicamente, non prevede limiti. In caso di crollo del sistema Target 2 – in sostanza se la Germania interrompesse tramite il meccanismo delle riserve Target 2 – di finanziare il deficit dei Paesi del Sud Europa anche per un solo giorno, rischierebbe di crollare l’intero sistema e l’euro stesso.
A patto che non subentri la Bce (come ha fatto) con liquidità che rende meno brusca la correzione delle partite correnti dei Paesi in deficit.
Va anche detto – spiega un banchiere che preferisce restare anonimo – che il meccanismo di garanzia dei crediti vantati dal Nord Europa verso il Sud Europa ha come alter ego il meccanismo del collaterale, ossia garanzie tramite titoli governativi. Per essere più precisi più che di acquisti in senso assoluto si tratterebbe di acquisti repo (repurchase agreement) ossia pronti contro termine, titoli presi in garanzia fin a quando è in essere il relativo credito.

Come si correggono questi squilibri?
1) I Paesi del Sud Europa in deficit passano da una situazione di deficit a una di surplus di bilancia dei pagamenti
2) I Paesi del Sud Europa acquistano Bund tedeschi
La strada dell’austerità e del rigore che è stata finora praticamente imposta (pur in una fase di recessione economica) è quella che è stata praticata (punto 1). Non a caso i Paesi del Sud Europa, pur sperimentando una crescita debole e tassi di disoccupazione a livelli record (soprattutto quella giovanile) stanno riportando il saldo dei conti con l’estero in pareggio o in attivo. Questa sta favorendo un graduale rientro degli squilibri Target 2 e un ridimensionamento dell’enorme credito accumulato dalla Germania nei primi 15 anni dell’Eurozona.
E stanno ritornando flussi di capitale nella periferia dell’Eurozona
Che stanno contribuendo a far migliorare i saldi Target 2. Non a caso Il credito Target 2 della Germania è sceso da oltre 700 sotto i 500 miliardi.
Il rinnovato surplus della periferia dell’Eurozona non è però totalmente virtuoso. In molti casi è più figlio di una diminuzione delle importazioni (complice il calo del potere d’acquisto della domanda interna e dell’aumento del tasso di disoccupazione che a loro volta stanno causando un processo di disinflazione/deflazione) che non per un aumento spiccato delle esportazioni (per quanto in alcuni casi rifletta un aumento effettivo della competitività sul fronte export).

Grafico / I saldi Target 2

E’ quello che sta accadendo in un percorso lento e doloroso. La Germania cerca così lentamente di rientrare dei propri crediti che continuano ad essere massicci, così come gli irrisolti squilibri nell’Eurozona. Ed è probabilmente questo il motivo per cui l’euro non è crollato quando nel 2011-2012 molti economisti davano per spacciata una deflagrazione dell’Eurozona. In quel periodo è vero gli spread balzavano alle stelle ma l’euro sul mercato dei cambi si manteneva estremamente tonico, segnale che gli investitori non hanno mai creduto fino in fondo al crollo dell’euro. L’allarme finale prima della sua deflagrazione (una improvvisa svalutazione valutaria) non è mai scattato.
Capire come funziona il “cervellone dell’euro” (il sistema Target 2) ci aiuta anche a capire che più dei Paesi del Sud, ha interesse tecnico a far restare in piedi l’euro proprio la Germania, il principale creditore finanziario nell’Eurozona. Perché si sa quando un debitore è piccolo è molto fragile, ma quando il debitore è grande rischia di essere più potente del creditore. E questo la Germania lo sa. E probabilmente anche per questo ha insistito sull’applicazione di politiche di austerità nei Paesi del Sud Europa anche in fasi recessive. Per rientrare quanto prima dei crediti.

Fonte: Il Sole 24 Ore