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È stato firmato il più grande patto commerciale del pianeta. Si chiama RCEP e coinvolgerà 15 paesi dell’Asia e del Pacifico.

di Germano De Sanctis

Durante un importante vertice dell’ASEAN tenutosi on line , quindici economie dell’area Asia-Pacifico hanno sottoscritto il più grande patto di libero scambio del mondo. Si tratta di un accordo sostenuto dalla Cina e che esclude gli Stati Uniti d’America.

Il suo nome è “Regional Comprehensive Economic Partnership” (RCEP) ied è un ulteriore colpo al “Trans-Pacific Partnership” (TPP), l’accordo promosso, a suo tempo, dall’ex presidente americano Barack Obama e dal quale il suo successore Donald Trump è uscito sin dal 2017.

Secondo molti analisti, il RCEP rafforzerà la posizione della Cina come partner economico di tutto il Sudest asiatico, il Giappone e la Corea del Sud, garantendo, al contempo, alla seconda economia mondiale una migliore posizione per dettare le regole commerciali in questa regione.

Gli Stati Uniti d’America sono assenti, sia dal RCEP, sia dal successore del Trans-Pacific Partnership (TPP), il quale fu fortemente voluto da Barack Obama. Ne consegue che l’economia più grande del pianeta è fuori dalle due intese commerciali che interessano la regione in più rapida crescita di tutto il mondo.

Inoltre, il RCEP potrebbe favorire la Cina nel suo tentativo di ridurre la sua dipendenza dal mercato e dalla tecnologia statunitense. Si tratta di un’esigenza molto sentita in Cina, a seguito della nota e sempre più profonda frattura con gli Stati Uniti d’America.

All’interno del RCEP, si è trovata la possibilità di intersecare mediante un patto multilaterale esteso, da una parte, gli accordi dei dieci membri dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (ASEAN) – cioè il Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam – d’altra parte, la partecipazione in forma unitaria di Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud.
L’India non ha sottoscritto l’accordo in questione, a causa dei suoi timori relativamente all’aumento del suo deficit commerciale con la Cina, ma non si esclude affatto una sua adesione in un secondo momento.

Il nuovo accordo commerciale interesserà circa un terzo della popolazione e dell’economia mondiale, in quanto coinvolgerà 2,2, miliardi persone ed un volume di affari pari a circa 26 mila e 200 miliardi di dollari.
Inoltre, secondo le stime di alcuni economisti riportate dal Financial Times, il RCEP potrebbe potenzialmente aggiungere 186 miliardi di dollari all’economia globale, incrementando il PIL dei Paesi sottoscrittori dello 0,2%.

Nello specifico, il patto prevede l’eliminazione immediata di una serie di tariffe, mentre altre saranno abolite nel corso dei prossimi dieci anni. Non sono ancora noti i dettagli su quali prodotti e quali Paesi sottoscrittori beneficerebbero della riduzione immediata dei dazi.
La maggior parte degli esperti ha giudicato il RCEP come un trattato abbastanza superficiale, caratterizzato da una serie di canonici capitoli che interessano principalmente:
• il commercio di beni;
• i servizi;
• gli investimenti;
• il commercio elettronico;
• la proprietà intellettuale;
• gli appalti pubblici;
• i dazi;
• la gestione delle dogane;
• le misure di sicurezza sanitarie.
Gli analisti hanno subito evidenziato che il RCEP si connota per alcune lacune regolamentari rispetto al TPP. Infatti, ad esempio, vi è una minore incisività sulla eliminazione dei dazi (il 90% contro il 100% del TPP) ed, inoltre, sussiste una evidente assenza di aperture su un settore cruciale come l’agricoltura, mentre i servizi regolamentati non coprono tutti i settori delle economie dei Paesi sottoscrittori ed anche sull’e-commerce si denota la mancanza di decisioni veramente importanti.

Il RCEP entrerà ufficialmente in vigore, non appena tutti i Paesi firmatari lo avranno ratificato.
A quel punto, il RCEP sarà il più grande accordo commerciale multilaterale per l’area asiatica, facendo anche concorerenza a quello globale e progressivo per la partnership transpacifica (CPTPP), il quale non è altro che la versione con solo undici Paesi aderenti del TPP, a seguito dell’uscita degli Stati Uniti d’America. Si evidenzia che sette Paesi aderenti al CPTPP risultano essere anche sottoscrittori del RCEP.

Si tratta di un accordo commerciale che produrrà anche diverse conseguenze socio-politiche che esuleranno dagli aspetti squisitamente commerciali. Infatti, è la prima volta che le storiche potenze rivali dell’Asia orientale – cioè, la Cina, il Giappone e la Corea del Sud – decidono di sottoscrivere un accordo di libero scambio ed appare evidente che difficilmente lo avrebbero siglato muovendosi da sole.
È molto probabile che il RCEP potrebbe divenire, nel corso della ripresa post Covid-19, un valido strumento a favore della conquista da parte dei Paesi della regione dell’Asia-Pacifico della leadership economica globale, riducendo, in tal modo, l’egemonia che gli Stati Uniti d’America hanno in quest’area geografica.
A questo punto, sarà interessante esaminare come l’entrata in vigore del RCEP muterà le dinamiche politico-economiche tra i Paesi asiatici e gli Stati Uniti d’America, i quali, dopo aver perso agli occhi dei Paesi di quest’area il ruolo di potenza economica alternativa alla Cina a seguito dell’uscita avvenuta nel 2017 dal TPP, dovranno, con la nuova amministrazione Biden, fornire una risposta adeguata per recuperare parte della leadership perduta.

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LA TOP 100 DEI MARCHI PIÙ FORTI AL MONDO.

Pubblicata l’annuale classifica dei migliori 100 brand globali. Apple e Google marchi leader, mentre, per la prima volta, entra nella top 100 un brand cinese. Bene il settore tecnologico in generale. Mentre un nuovo concetto di personalizzazione del rapporto con la clientela si fa strada tra i brand del lusso, che puntano tutto sulle piattaforme online. E in classifica troviamo anche due noti marchi italiani.

di Michele De Sanctis

Best Global Brands 2014, la quindicesima edizione della classifica redatta da Interbrand relativa al valore dei primi 100 marchi al mondo, vede in pole position anche quest’anno Apple, il cui valore è stato valutato pari a 118,863 miliardi di dollari (+21%). Il colosso di Cupertino precede Google con 107,439 miliardi (+15%), e Coca Cola, a quota 81,563 miliardi (+3%).

Interbrand, divisione di Omnicom, è una società di consulenza, specializzata in settori quali strategia, analisi di brand, valutazione del marchio, corporate design, brand management digitale, denominazione e packaging. La società opera in tutto il mondo con i suoi 40 uffici sparsi tra 27 Paesi, tra cui anche l’Italia. Tre sono gli indici considerati da Interbrand per la valutazione dei brand con la migliore performance: redditività (performance finanziaria dei prodotti e dei servizi dell’azienda), influenza sugli acquisti dei consumatori e competitività, intesa soprattutto come capacità del marchio di imporre un premium price.

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A seguire Apple, Google e Coca Cola, nella Best Global Brands 2014 troviamo IBM, al quarto posto con 72,244 miliardi, sebbene con un -8% sul valore stimato rispetto al 2013, Microsoft (61,154 miliardi, +3%), General Electric (45,480 miliardi, -3%), Samsung (45,462 miliardi) che, però, vanta un +15% di variazione e avanza dall’ottava posizione dello scorso anno all’attuale settima, Toyota (42,392 miliardi, +20%), Mc Donald’s (42,254 miliardi, +1%) e Mercedes-Benz (34,338 miliardi; +8%) al decimo posto.

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«L’ascesa stellare di Apple e Google ad oltre 100 miliardi di dollari è un forte indicatore di come si dovrebbe costruire un brand», ha commentato Jez Frampton, Global Chief Executive Office di Interbrand. «Questi brand leader hanno raggiunto nuove vette – sia in termini di crescita sia nella storia della Best Global Brands – creando esperienze perfette, contestualmente rilevanti, e sempre più focalizzate su un ecosistema di prodotti e servizi integrati fisicamente e digitalmente. Il fatto che Apple e Google siano cresciuti tanto da superare i 100 miliardi di dollari è la prova palpabile del potere costruito da questi brand», prosegue Frampton.

Ma non solo, per la prima volta in 15 anni, infatti, entra nella top 100 anche un brand cinese, Huawei, che si piazza al 94° posto. Con una quota di circa 65% del proprio fatturato realizzato al di fuori dei confini cinesi e con una costante crescita in termini di risultati economici in Europa, Medio Oriente e Africa, Huawei sta diventando uno dei più importanti produttori di dispositivi per la telecomunicazione al mondo. Attualmente è già diventato il terzo produttore mondiale di smartphone, subito dopo Samsung e Apple.

Il settore tecnologico è, in effetti, quello che registra il maggior valore economico. Tra i 100 brand globali a maggior valore economico, 13 appartengono a questo comparto, che registra in media una crescita dell’11,3% rispetto allo scorso anno ed un valore economico totale dei brand pari a 493,2 miliardi di dollari. Nelle ultime classiffiche Best Global Brands, i colossi tecnologici hanno via via sostituito giganti dell’intrattenimento come Disney e MTV, ma anche le case automobilistiche Mercedes Benz e BMW, oltreché alcuni marchi di lusso come Louis Vuitton e Cartier. Gli unici tre marchi che in questo comparto registrano un maggior decremento o un incremento minimo del proprio valore sono Nokia, che, ormai ai margini della classifica, occupa il 98° posto e resiste, seppure con un -44%, abbandonando, peraltro, la posizione 57 del 2013, seguita da Nintendo (100° posto, -33% dopo un’annata difficile) e Microsoft (5° posto, con +3%). Ricordiamo che Microsoft ad aprile di quest’anno ha acquisito Nokia e che, allo stato attuale, risulta ancora poco chiaro come userà il marchio finlandese e, soprattutto, come evolverà in futuro. Soprattutto se intenderà davvero proseguire la produzione dei Lumia senza il marchio Nokia, come rivelato da Evleaks all’inizio della scorsa estate.

Quanto alle altre new entry della top 100, oltre a Huawei l’elenco vede l’ingresso dei corrieri DHL (81° posto) e FedEx (al 92°), del marchio automobilistico Land Rover (91° posto) e di un brand del settore lusso, il tedesco Hugo Boss (al 97°).

Tuttavia, ciò che più spicca in questa classifica è la sorprendente crescita di due brand in particolare: Amazon e Facebook. Il colosso dell’e-commerce si colloca al quindicesimo posto con un incremento del +25% rispetto al 2013, risultato raggiunto anche grazie a prodotti come Amazon Prime e agli aggiornamenti di prodotti consolidati come il Kindle Paperwhite e il Fire Phone e dopo l’accordo per la divulgazione di contenuti relativi al settore dell’intrattenimento. Risultato più che positivo anche per Facebook che, pur fermandosi al ventinovesimo posto, in un solo anno ha fatto registrare una crescita del +86% sul valore del proprio brand. Facebook continua a superare ogni aspettativa, segnalandosi come il marchio con la crescita più rilevante. I dati riportati nel secondo report trimestrale, infatti, attestano guadagni strepitosi pari a 1,4 miliardi di dollari, se si considera che nello stesso periodo del 2013 ammontavano a 562 milioni di dollari. Tale crescita è dovuta principalmente alle attività legate alla tecnologia mobile: è la prima volta nella storia del social che gli introiti ottenuti dalla pubblicità sul mobile superano di più della metà (53%) le entrate pubblicitarie del trimestre. Facebook, inoltre, sta allestendo un vasto portfolio comprensivo di prodotti, servizi e app particolarmente concorrenziali ed estremamente rilevanti nel mercato globale.

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Per quanto riguarda i brand leader del lusso, la scommessa è tutta sulle piattaforme digitali. Il notevole aumento dell’e-commerce e dell’online browsing ha portato questi brand a reinventare il concetto di customizzazione e di relazione con i propri clienti. Già il Luxury Interactive Benchmarking Report del 2013 affermava, infatti, che l’ 85% dei brand del lusso prevedeva un’espansione nel settore del marketing digitale. Non stupisce, dunque, se questo diventerà nel prossimo futuro il principale canale di comunicazione per questo tipo di brand.

Proprio al settore lusso appartengono le uniche due aziende italiane presenti nella Best Global Brands 2014: sono Gucci, in quarantunesima posizione con 10,385 miliardi di dollari, e Prada, alla settantesima con poco meno di 5,977 miliardi di dollari. Dei due brand, il primo, presente in classifica fin dalla sua prima edizione, registra una crescita del 2%, anche grazie anche alla scelta di percorrere la strada della riaffermazione come marchio in grado di combinare italianità, forti radici artigianali e appeal verso il jet-set. Il marchio Prada, invece, nella Best Global Brands dal 2012, vede il proprio valore crescere del 7%, grazie anche alla dimostrata capacità di coniugare tradizione ed innovazione e alla forte attenzione dedicata alle tematiche legate ad arte e cultura. Tra le ragioni per le quali il nostro Paese non riesce ad imporre altri brand a livello globale, nonostante le proprie eccellenze, soprattutto nel settore del lusso, c’è sicuramente l’incapacità delle nostre aziende di tradurre queste stesse eccellenze in crescita. Incapacità dovuta a fattori esterni: pesante burocrazia, crescente peso fiscale, infrastrutture nazionali inadeguate ed obsolete. Ma anche interni, sebbene spesso condizionati dai primi: dimensioni tendenzialmente piccole delle nostre imprese, separazione non sempre netta tra proprietà e management, scarso ricorso al mercato dei capitali e da ultimo, ma non meno importante, la quasi totale assenza di investimenti in economia della conoscenza (istruzione e formazione).

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Per concludere, si segnala una discreta crescita del valore del marchio per i brand dei servizi finanziari, il che lascia sperare in una ripresa economica mondiale.

Clicca QUI per vedere l’intera classifica BEST GLOBAL BRANDS 2014.

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LAVORO ALL’ESTERO: COME FARE E DOVE ANDARE.

Parliamoci chiaro, sappiamo bene che trovare lavoro di questi tempi non è facile. Perciò sono tanti quelli che decidono di mollare tutto, cambiare vita e mettersi a cercare altrove. In un altro Paese.

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di Michele De Sanctis

Lavorare all’estero significa innanzitutto conoscere bene la lingua del posto in cui ci si vuol trasferire. L’avventura di chi parte senza saper parlare bene neppure la propria lingua, raramente ha un epilogo positivo. Ma, naturalmente, non è solo una questione di lingua. Ci sono anche altri aspetti che vanno considerati. Cerchiamo di capire insieme quali sono i primi passi per trovare un’occupazione fuori dall’Italia. Ricordate che se il vostro sogno è lavorare all’estero, riuscirete a realizzarlo solo se non vi arrenderete alle prime difficoltà.

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Iniziamo con il web. Mi sembra scontato: la rete ci viene in aiuto sempre. Esistono, infatti, diversi siti dove è possibile imparare tutte le lingue del mondo. Ed esistono anche valide app dedicate a questo scopo. Potreste anche procurarvi una buona grammatica, meglio se di tipo induttivo, ed esercitarvi con letture e visioni di film e telefilm in lingua. Anche per questo il web è una risorsa, da Amazon a Hoepli.it, non avete che da scegliere.

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Ora, facciamo conto che siate tutti perfettamente padroni di una lingua straniera. Cosa fare a questo punto? Internet offre moltissime risorse anche per trovare lavoro all’estero. Esistono, infatti, vere e proprie agenzie sia internazionali che italiane, che si occupano proprio di questo: programmi di collocamento, programmi di studio delle lingue, programmi combinati studio/lavoro, programmi di tirocini, programmi di volontariato e programmi di soggiorno alla pari. Molti sono i siti nati negli ultimi anni con l’obiettivo dichiarato di far incontrare domanda e offerta nel mercato del lavoro internazionale. Insomma, per lavorare all’estero dovete necessariamente fare questo passaggio attraverso il web.

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Inoltre, al fine di facilitare la ricerca di lavoro in ambito comunitario la Commissione Europea, con la raccomandazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea del 22.03.2002, suggerisce modalità omogenee di presentazione delle competenze e capacità professionali dei cittadini.
Sicuramente, già lo sapete tutti, ma repetita iuvant. Esiste un modello di curriculum vitae da utilizzare nei paesi comunitari, che, a differenza di quello tradizionalmente utilizzato qui in Italia, mette l’accento su capacità e competenze personali acquisite in qualunque contesto (non solo formativo e lavorativo) e sulle competenze trasversali. Parlo del C.V. europeo.

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CREA IL TUO CURRICULUM VITAE EUROPEO.

Ad ogni buon conto, presso tutti i Centri per l’Impiego sono disponibili informazioni sul curriculum vitae europeo oltreché altre informazioni e materiali realizzati dal Centro Risorse Europeo o da altri canali comunitari.
Prima che interrompiate la lettura, vi avverto: il post è rivolto a tutti quelli che stanno pensando di mollare tutto, non solo a quelli che vogliono spostarsi all’interno della UE. E siccome l’Italia è un Paese Membro è da qui che partiamo. Se state pensando di andare più lontano scorrete un po’ verso il basso.

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Senza la pretesa di essere esaustivi, perché sarebbe impossibile, vediamo adesso alcune delle agenzie più accreditate, presso le quali dovreste trovare anche un servizio di sostegno alla mobilità, principalmente europea.

EURES (European Employment Services). È una rete in cui collaborano assieme alla Commissione Europea i servizi pubblici per l’impiego dei paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo, compreso quelli del recente allargamento, allo scopo di favorire la mobilità geografica e professionale dei lavoratori rendendo il più possibile trasparente il mercato del lavoro europeo. Eures offre un servizio personalizzato a coloro che sono interessati a lavorare in Europa, fornendo informazioni sulle condizioni di vita e di lavoro dei paesi membri e sulle proposte occupazionali disponibili e alle aziende locali che intendono assumere personale fuori dai confini nazionali. È inoltre possibile inserire all’interno della rete Eures il proprio curriculum vitae (modello europeo), così da poter essere sempre visionato dalle aziende o enti che presentano periodicamente le offerte di lavoro.
In particolare il Servizio Eures offre alle persone interessate a fare un’esperienza professionale in Europa
• informazioni e orientamento riguardo le opportunità lavorative presenti nella banca dati Eures
• informazioni sulle condizioni di vita e di lavoro nei vari paesi europei
• sostegno alla ricerca lavorativa mediante l’indicazione di indirizzi utili e informazioni sulle tecniche di ricerca utilizzate nei vari paesi
• consulenza e supporto per le procedure da attivare alla partenza e al rientro da un lavoro all’estero

Eurosummerjobs. Si tratta di un progetto transnazionale finalizzato alla realizzazione di un database sulle opportunità di lavoro stagionale per giovani e studenti nell’ambito delle politiche a sostegno della mobilità dei giovani e nello spirito dell’alternanza scuola-lavoro. Il database viene messo on line ogni anno alla fine di marzo, in occasione della fiera annuale di orientamento per gli studenti di Parigi, e resta visibile fino all’autunno dell’anno successivo.

Jobs in Europe. Per 26 paesi europei è possibile consultare siti specializzati nella ricerca di lavoro, opportunità come au pair, insegnamento di inglese, giornali europei, incarichi dirigenziali, lavori stagionali/estivi/invernali.

ManPower. Tre le lingue selezionabili: Inglese, Francese, Tedesco; in bella evidenza il canale per la ricerca delle offerte di lavoro. In aggiunta due rubriche fondamentali: Job Carrer che fornisce tre opzioni: Regno Unito, Francia e una lista degli altri Paesi in cui ManPower è presente.

Ci sono, poi, alcune agenzie per il lavoro italiane che operano all’estero.

EUROMA. Agenzia di Roma. Tratta sia lavoro nel settore alberghiero, sia studio e stage in diversi settori. Paesi di destinazione: Francia e Germania (stage), Inghilterra, Irlanda e Spagna (job).

Intermediate. Agenzia di Roma. Tra i vari programmi di studio, studio e lavoro, tirocini, volontariato e alla pari di cui si occupa, promuove un interessante programma alla pari negli Stati Uniti d’America.
Programmi di volontariato in Ecuador, Costarica, Guatemala, Perù, India, Vietnam, Sri Lanka, e Tanzania.

Holidays Empire. Agenzia di Roma. Si occupa di vari programmi. Attualmente segnala i seguenti:
• Soggiorni lavoro studio “Work & Travel e Work & Study” in Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Australia e Nuova Zelanda;
• Collocamenti alla pari a Londra, Dublino, in vari Paesi europei e in più in Australia e Nuova Zelanda.

Erc-Euroeduca. Agenzia di Milano. Offre vari programmi tra cui il collocamento alla pari negli Stati Uniti d’America.

Sti Travels. Agenzia di Bologna. Organizza:
• Stage retribuiti per neolaureati in America con ottime capacita di lingua parlata;
• Work and travel in America;
• Anno di studio all’estero.

MB Scambi Culturali. Agenzia di Padova. Presenta diversi programmi tra i quali segnaliamo:
• Studio e lavoro in Inghilterra (a Ramsgate con corso di minimo 4 settimane);
• Studio e lavoro in Australia (a Sydney con corso di minimo 4 settimane, ma consigliate almeno 6).

Welcome Agency. Agenzia di Torino. Offre programmi di:
• Collocamento alla pari in tutti i Paesi dell’Unione Europea,
• Programmi di lavoro/studio nel Regno Unito, Irlanda ed in altri Paesi CE;
• Soluzioni di accommodation a Londra; Accommodations + corso di Inglese a Londra;
• Corsi di lingua in tutti i Paesi CE.

A.R.C.E. Agenzia di Genova. Propone:
• Soggiorni di studio-lavoro in Inghilterra (corso d’inglese e lavoro in hotel e ristoranti);
• Collocamenti alla pari in Inghilterra, Irlanda, Francia, Spagna, Germania, Austria, Nord Europa;
• Collocamenti alla pari di tre mesi e corso di lingua inglese a Dublino (Irlanda) per ragazze dai 18 ai 25 anni con livello intermedio di inglese ed alcune esperienze come baby-sitter;
• Sistemazione in Inghilterra come “ospite pagante” presso famiglie selezionate, con corso d’inglese.

3 ESSE. Agenzia di Varese. Tratta programmi Work and travel in vari Paesi tra cui Stati Uniti d’America, Australia e Nuova Zelanda.

T-Island (Isola dei Talenti). Agenzia di Imola. Si propone di aiutare gli italiani dotati di talento, ma senza prospettive di impiego all’orizzonte, a trovare lavoro all’estero. una vera propria agenzia di collocamento progettata per supportare chi aspira a trovare un lavoro ad andare oltre confine, superando gli ostacoli della burocrazia e fornendo anche un aiuto a districarsi nelle pratiche necessarie e nella ricerca di un alloggio.

I programmi completi offerti da ciascuna agenzia si trovano sui rispettivi siti. Scrivendo agli indirizzi mail indicati, si possono richiedere ulteriori chiarimenti e una consulenza personale.

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Adesso passiamo alla parte più impegnativa. Come fare l’abbiamo visto, ma cosa fare?
Lavorare all’estero. Quale lavoro intraprendere? Trasferirsi all’estero potrebbe implicare la necessità di doversi reinventare, soprattutto se non si è in possesso di una particolare specializzazione, o se si ha un titolo di studio che è spendibile per il 90% solo entro i confini italiani, come sappiamo bene noi giuristi. Occorre, quindi, analizzare il mercato del lavoro.

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La prima regola (anche se forse potrebbe sembrare un po’ controproducente) è quella di non buttarsi subito alla ricerca di un lavoro qualunque. Prendetevi prima del tempo per studiare il mercato del lavoro internazionale. E partite da questo punto: quali posti di lavoro sono richiesti e in quali Paesi? Naturalmente, è un presupposto questo che funziona solo se nelle vostre intenzioni non c’è quella di trasferirvi in un Paese specifico, ma solo quella di lavorare all’estero, ovunque sia. Se, invece, volete restringere il campo di ricerca dovreste cercare quali sono i settori su cui puntare nel mercato del lavoro del Paese che avete scelto.

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Attenzione. Spesso capita che le nazioni che offrono di più sono anche quelle in cui non è facile ottenere visti e permessi per il lavoro: Australia, Nuova Zelanda, Canada, Stati Uniti, nel caso la vostra esperienza non sia limitata nel tempo, ma abbiate la seria intenzione di lavorare all’estero per un periodo piuttosto lungo. Se cercate un lavoro stagionale, potete puntare anche sull’Europa, tuttavia. E comunque in Europa i Paesi in cui trovare lavoro ‘più facilmente’ sono Regno Unito e Germania.

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Per quanto riguarda il resto del mondo, occhi puntati sul Messico, dove si prevede che si possano aprire nuovi mercati. Ma soprattutto sul Brasile, Paese dall’economia emergente, che offre interessanti opportunità anche per l’avvio di un nuovo business.

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Consigliamo, infine, il sito Lavorare all’estero, in cui troverete offerte di lavoro per italiani all’estero e notizie sull’economia dei Paesi esteri, per iniziare quest’avventura in modo consapevole e con le carte in regola per farcela.

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LA TOP 20 DEI PAESI IN CUI È PIÙ FACILE FARE SOLDI.

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di Michele De Sanctis

Loro ce l’hanno fatta da soli. Sono diventati miliardari partendo da zero. Parliamo dei ‘superimprenditori’, gente che è riuscita a creare imperi economici con le proprie mani. Richard Branson di Virgin, Amancio Ortega di Zara, Dietrich Mateschitz di Red Bull, Guy Laliberté de Cirque du Soleil, fino all’italianissimo Giorgio Armani. Sono questi alcuni esempi di persone che dal nulla hanno realizzato una vera fortuna.

Uno studio condotto dal London-based Centre for Policy Studies e recentemente riportato da BusinessInsider, analizzando le classifiche di Forbes degli uomini più ricchi del mondo dal ’96 ad oggi, identifica mille superimprenditori provenienti da 53 Paesi. Per essere considerato superimprenditore, è necessario aver guadagnato almeno un miliardo di dollari. La ricerca non prende in considerazione quei capitani d’industria che i miliardi e le attività li hanno ereditati. Oggetto, quindi, sono soltanto i veri Paperon de’ Paperoni, perché l’obiettivo è quello di individuare i Paesi che offrono le maggiori opportunità di realizzare il sogno di scalare la vette del business e diventare ‘billionaire’ a tutti gli effetti. In particolare, lo studio evidenzia che la terra promessa è essenzialmente frutto della giusta combinazione di tre fattori: 1) sistema educativo, 2) burocrazia e tasse 3) libertà di mercato.

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Vediamo insieme la classifica:

1. Hong Kong

2. Israele

3. Usa

4. Svizzera

5. Singapore

6. Norvegia

7. Irlanda

8. Taiwan

9. Canada

10. Australia

11. Gran Bretagna

12. Nuova Zelanda

13. Svezia

14. Germania

15. Giappone

16. Spagna

17. Repubblica Ceca

18. Turchia

19. Portogallo

20. Grecia

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Si noti che a Hong Kong e in Israele c’è una maggiore concentrazione di superimprenditori rispetto a qualunque altro Paese, considerando la loro percentuale sul totale della popolazione. Il che fa scendere gli USA dal primo e dal secondo posto, nonostante un numero elevato di paperoni, ma con una % sulla popolazione inferiore, restando, tuttavia, sul podio con la medaglia di bronzo. Nella top five si aggiungono, poi, Svizzera e Singapore.

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L’Italia è fuori dalla top 20. L’eccesso di burocrazia della nostra Pubblica Amministrazione non aiuta certo l’imprenditoria, ma speriamo che la ‘rivoluzione’ promessa dal Governo dia i frutti attesi e che il nostro PIL continui lungo la curva positiva degli ultimi tempi. Sorpresa finale: spuntano alla posizione 20 la Grecia e alla 19 il Portogallo. Fuori dalla classifica anche i nostri cugini d’oltralpe.

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INAIL: AUTOLIQUIDAZIONE 2014. LE PROSSIME SCADENZE PER VERSAMENTI E PREMI.

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Scadrà il prossimo 16 maggio il termine per l’autoliquidazione INAIL 2013-2014 tramite Modello F24, insieme alla dichiarazione telematica delle retribuzioni, comprensiva di domanda di sconto sul premio artigiani e di eventuale richiesta di pagamento rateale. Dopo la concessione della proroga per permettere ai datori di lavoro di usufruire da subito dei bonus previsti dalla Legge di Stabilità (L. 147/2013), è ora arrivato il momento di completare la procedura. Il termine del 16 maggio riguarda altresì il pagamento dei premi speciali non soggetti ad autoliquidazione (art. 2, c. 3, DL 4/2014) con date di scadenza antecedenti.

ADEMPIMENTI IN SCADENZA IL 16 MAGGIO.

– Autocertificazione riduzione premio.
11,50% per il settore edile (art. 29, c. 2, DL 244/1995, art. 36-bis, c. 8, L. 248/2006 e DM 26.8.2013) da trasmettere via PEC alla competente sede INAIL, insieme al pagamento del premio 2014 e alla fruizione dell’agevolazione sul premio dovuto a titolo di regolazione 2013.

– Autoliquidazione dei soggetti assicuranti con inizio attività tra il 10 e il 31/12/2013.
A tali soggetti, quest’anno, sono state inviate le nuove basi di calcolo in tempo utile per l’autoliquidazione del 16 maggio.

– Cessazione di tutti i soggetti autonomi artigiani tra il primo gennaio e il 16 maggio dell’anno di rata (cessazione polizza artigiani).
In conseguenza del differimento al 16/5/2014 dell’autoliquidazione del titolo 902014, le imprese artigiane che cessano la propria attività tra il 1/1/2014 e il 16/5/2014 possono versare il premio anticipato a titolo di rata rapportato ai mesi di attività effettiva esercitata nello stesso periodo.

– Cessazione attività in corso d’anno (cessazione codice ditta).

– Comunicazioni motivate delle retribuzioni presunte.

CALENDARIO VERSAMENTI

• 16 maggio 2014 per il trimestre gennaio/marzo 2014;
• 20 agosto 2014 per il trimestre aprile/giugno 2014;
• 17 novembre 2014 per il trimestre luglio/settembre 2014;
• 16 febbraio 2015 per il trimestre ottobre/dicembre 2014.

Con determina n. 67 dello scorso 11/3/2014, l’INAIL ha, inoltre, indicato la misura dello sconto: riduzione pari al 14,17% sui premi ordinari delle polizze dipendenti, premi speciali unitari delle polizze artigiani e premi relativi all’assicurazione raggi X e sostanze radioattive. La riduzione del 14,17% dei premi INAIL vale anche per le imprese di somministrazione di lavoro, oltreché per quelle di navigazione: per le prime si applica alle singole scadenze dei premi trimestrali dovuti per l’anno 2014, mentre, per le seconde, verrà applicata in sede di autoliquidazione 2013-2014, come, peraltro, spiegato dall’INAIL in due distinte note, prot. n. 2899 e n. 228, in cui sono dettate le relative istruzioni operative.

La retribuzione imponibile da dichiarare all’INAIL e da utilizzare ai fini del calcolo dei premi è quella che risulta registrata nel LUL, che può essere:
a) effettiva, pari al reddito da lavoro dipendente o a questo assimilato (ex TUIR), assunta al lordo di qualsiasi trattenuta o ritenuta e con il criterio di “competenza”;
b) convenzionale, in mancanza della retribuzione effettiva e nei casi previsti dalla legge (dirigenti, soci e familiari non artigiani, ecc.);
c) di ragguaglio, nelle ipotesi residuali (soci e familiari non artigiani in alcune Province).

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* esclusi gli operai agricoli (minimale giornaliero 2013 = € 41,87); le erogazioni speciali da non adeguare al minimale (integrazioni di prestazioni previdenziali, per legge o CCNL a carico dei datori di lavoro, quali malattia, infortunio, malattia professionale, gravidanza e puerperio, c.i.g., ecc.) e l’indennità di disponibilità prevista per il lavoro intermittente.
* inclusi i lavoratori soci di cooperative con rapporto di lavoro
subordinato (commi 1 e 2 – art. 4 – legge 142/2001).

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È la retribuzione convenzionale per gli allievi dei corsi professionali, i tirocinanti (stagisti), i detenuti e i ricoverati.
È inoltre l’imponibile minimo per i parasubordinati e gli sportivi
professionisti dipendenti.

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È la retribuzione convenzionale per i lavoratori dell’area dirigenziale (dirigenti e non quadri), è l’imponibile massimo per i collaboratori parasubordinati e gli sportivi professionisti dipendenti.

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È l’imponibile per i soci e i familiari coadiuvanti di imprese non artigiane, e per gli associati in partecipazione a imprenditore non artigiano, nelle Province in cui non sono fissate retribuzioni
convenzionali valide a livello provinciale.

Per approfondimenti:
Pagare il premio assicurativo
Pagare il premio in autoliquidazione
GUIDA ALL’AUTOLIQUIDAZIONE 2013-2014

Redazione
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C’È ANCHE UN PAESE CHE RESISTE E BATTE LA CRISI.

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di Michele De Sanctis

Sempre più critica appare l’industria del food Made in Italy che continua, pezzo dopo pezzo, ad essere ceduta agli stranieri: da Galbani, Locatelli, Invernizzi e Parmalat, oggi brand della francese Lactalis, alla Star, ormai parte del gruppo catalano Agrolimen, fino agli olii Bertolli, Carapelli e Sasso, che, dopo un primo passaggio al brand spagnolo Deoleo, sono stati recrntemente ceduti al fondo di investimento inglese Cvc Capital partners, la cui offerta ha battuto quella presentata dal Fondo strategico italiano della Cassa Depositi e Prestiti. Da ultimo, secondo alcune indiscrezioni delle ultime ore, anche se smentite dagli stessi interessati, pare che la famiglia Menna, titolare dello storico pastificio Lucio Garofalo di Gragnano, sia vicina alla firma per la cessione del 51% del proprio capitale societario agli spagnoli di Ebro Foods, colosso alimentare quotato alla Borsa di Madrid che l’estate scorsa si è aggiudicato anche un 25% di Riso Scotti.

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Ma è, altresì, vero che c’è un’Italia che resiste alla crisi, un’Italia che batte i record e a sorpresa si impone anche nei mercati esteri e proprio in un settore molto critico come quello agroalimentare. Infatti, malgrado i tanti problemi che hanno assillato l’industria del food e il mercato delle materie prime agricole, nel 2013 il Gruppo industriale abruzzese De Cecco ha superato i 400 milioni di euro di fatturato, toccando per l’esattezza quota 411 milioni contro i 373 del 2012. A tale cifra corrisponde un margine operativo lordo del Gruppo pari a € 45.000.000. A tanto ammonta, quindi, il reale risultato del business dell’azienda di Fara San Martino, misurato con l’indicatore EBITDA. E le previsioni per l’esercizio 2014 lo attesterebbero a circa 50 milioni, a fronte di una stima che si aggira intorno 461 milioni di fatturato totale.

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Il volume di vendita complessivo della pasta è di 2.317.000 quintali con una previsione di crescita intorno a quota 2.534.000 quintali.
Oltre all’Italia, il bacino di consumatori dei prodotti del Gruppo si estende a Stati Uniti d’America, Giappone, Russia, Francia, Germania, Regno Unito e Belgio.

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L’offerta De Cecco include, inoltre, il commercio di sughi, olio, farine e, di recente, dei succedanei del pane. In questo settore, non core per un’azienda che nasce come pastificio, si è assistito a una crescita esponenziale: con poco più di 90.000 quintali venduti (25 per cento la quota export), la De Cecco è oramai il terzo produttore nazionale e si proietta verso 114.000.

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Alla base di questo successo, nonostante il difficile periodo storico che viviamo, c’è la capacità di innovarsi, diversificarsi, di puntare su prodotti di fascia premium e di investire. Ciò ha consentito al Gruppo di essere competitivo e ricavare una sua posizione peculiare nel mercato e di offrire, inoltre, occupazione a più di 1.200 dipendenti, di cui ben 800 in Italia.

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Piacerebbe raccontetare più spesso di queste aziende, che la crisi non riesce a fermare e che sono pronte ad agganciare la ripresa. Speriamo di poterne descrivere altre di realtà come questa, di poterlo fare sempre più spesso, speriamo che ci sia davvero – e presto – la ripresa, di cui il Paese ha un disperato bisogno.

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Business: ecco 3 trend da considerare

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Cosa c’è di nuovo nel mondo del business? Vediamo quali sono tre trend da tenere sotto osservazione.

1. Tecnonegozi
È tempo, anche in Italia, di “negozi aumentati”, cioè di punti vendita che arricchiscono l’esperienza di acquisto grazie alla tecnologia. Nello store Diesel di Milano c’è uno specchio speciale, che permette di vedersi anche da dietro. Da Pinko si posso ordinare su un touchscreen i prodotti che mancano in negozio. Queste tecnologie aumentano la propensione all’acquisto anche del 20% (studio Retail reloaded della Sda Bocconi).

2. Expo 2015
L’Expo 2015, che si terrà a Milano dal 1 maggio al 31 ottobre del prossimo anno, è alle porte. Il tema sarà “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”. Visibilità a tradizione, creatività, innovazione nel settore dell’alimentazione. Sulla kermesse, che promette di portare in Italia 20 milioni di persone, si moltiplicano eventi, iniziative, portale. Su Twitter è nato un hastag #expottimisti con tutti i motivi per cui l’Expo può essere un’opportunità. INFO: www.expo2015.org

3. Fai da te
Siamo sempre di più nell’era dei maker. Si diffondono le stampanti 3D e i siti che insegnano come usarle (www.stampalo3d.com). Cresce l’uso di robot da cucina per preparare in casa pane e dolci. Nel paniere degli italiani aumenta del 20% il consumo di caffè in cialde (dati Istat). E dall’anno prossimo potrebbero arrivare anche le cialde di Coca-Cola per produrre la bevanda in casa.

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L’articolo “Cosa sale e cosa scende nel mondo del business” di Lucia Ingrosso è pubblicato su Millionaire di marzo 2014.
Foto Ben Fredericson

Fonte: Millionaire