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Le novità contenute nel Decreto correttivo del Jobs Act in materia di lavoro accessorio

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di Germano De Sanctis

Premessa. Lo scorso 8 ottobre è entrato in vigore il D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185, il quale ha corretto o integrato i vari decreti legislativi attuativi del Jobs Act. In particolare, l’art. 1, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 185/2016 ha novellato l’art. 49, comma 3, D.Lgs. 81/2015 in materia si lavoro accessorio. Esaminiamo insieme le novità introdotte.

Il dato normativo. I committenti imprenditori non agricoli o professionisti che ricorrono a prestazioni di lavoro accessorio sono obbligati, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, a comunicare alla sede territorialmente competente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, mediante sms o posta elettronica, i seguenti dati:

  • i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore;

  • il luogo dove avverrà la prestazione;

  • il giorno e l’ora di inizio e di fine della prestazione.

Invece, i committenti imprenditori agricoli devono a comunicare, nello stesso termine e con le stesse modalità poc’anzi descritte, i seguenti dati:

  • i dati anagrafici o il codice fiscale del lavoratore;

  • il luogo dove avverrà la prestazione;

  • la durata della prestazione con riferimento ad entro un arco temporale non superiore a 3 giorni.

Pertanto, i committenti imprenditori agricoli non devono comunicare l’inizio e la fine della prestazione.

Non è previsto l’obbligo di comunicazione in questione in presenza di:

  • enti pubblici;

  • attività non commerciali;

  • imprese familiari;

  • lavoro domestico.

In caso di violazione di tale  obbligo di comunicazione, è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da € 400 ad € 2.400, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione medesima. Relativamente a tale sanzione, non si applica la procedura di diffida prevista dall’art. 13 D.Lgs. n. 124/2004.

La novella legislativa in esame prevede che, con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali possono essere individuate nuove modalità applicative e di comunicazione in funzione dello sviluppo delle tecnologie.

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Primi problemi pratici legati alla comunicazione. Il legislatore ha voluto limitare eventuali abusi nell’utilizzo delle prestazioni di lavoro accessorio. A tal fine, ha previsto in capo a chi utilizza tali prestazioni, l’obbligo di comunicare via sms o posta elettronica l’intenzione di usare i voucher per lavoro accessorio prima che inizi la prestazione stessa.

In realtà, non si tratta di una novità assoluta, in quanto tale obbligo era già previsto, ma la novella lo ha reso più stringente. Infatti, in precedenza, la comunicazione in questione prevedeva un più ampio periodo di 30 giorni. Adesso, invece, la comunicazione deve essere effettuata ogni volta che viene utilizzato il voucher. Ne consegue che è necessaria ripetere la comunicazione più volte nell’arco della stessa giornata, qualora vengano effettuate ore di lavoro frazionate.

Abbiamo visto che la comunicazione telematica alla sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha un contenuto vincolato individuato in modo dettagliato. Invece, la norma non indica specificatamente il numero di telefono o la casella di posta elettronica da utilizzare rispettivamente per l’invio dell’sms o della email. Inoltre, l’operatività della nuova previsione normativa non è condizionata dall’emanazione di alcun apposito decreto ministeriale. Quindi, è già vigente e vincolante. 

A tal proposito, ci viene in aiuto la relazione di accompagnamento del D.Lgs. n. 185/2016, la quale ha precisato che la comunicazione preventiva deve essere effettuata utilizzando le modalità previste per il lavoro intermittente, relativamente al quale l’sms è inviato al numero 3399942256 e l’email è inviata all’indirizzo intermittenti@pec.lavoro.gov.it. Tuttavia, per il momento, non esiste alcun atto amministrativo che conferma questa conclusione, in quanto il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali non ha ancora fornito indicazioni in materia. Ad ogni modo, stante il silenzio della prassi amministrativa, la scelta di inviare l’sms o la email agli indirizzi esistenti per il lavoro intermittente pare essere una soluzione prudente, in quanto permette al committente di provare, in sede di accertamento ispettivo una “data certa” della comunicazione.

In alternativa, si potrebbe ottenere lo stesso risultato, continuando a utilizzare la modalità prevista finora per la comunicazione telematica prevista per i voucher, con l’accesso a un’apposita sezione esistente sul sito internet dell’INPS.

Ognuna di queste due modalità di comunicazione dovrebbe tutelare il committente dal rischio di incorrere nella comminazione della sanzione introdotta dal D.Lgs. n. 185/2016, nelle more del rilascio di indicazioni ufficiali da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

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La sanzione amministrativa pecuniaria. Come abbiamo visto, il D.Lgs. n. 185/2016 ha introdotto una sanzione amministrativa pecuniaria non diffidabile di importo variabile da un minimo edittale di € 400 ad un massimo edittale di € 2.400, in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.

Questa sanzione si può cumulare alla maxisanzione sul lavoro nero, la quale, lo si ricorda, era applicabile già prima della novella legislativa in esame in presenza di un utilizzo illecito dei voucher.

Inoltre, si ricorda che il numero di prestatori di lavoro accessorio non oggetto di comunicazione preventiva all’Ispettorato Territoriale del Lavoro concorre al calcolo della percentuale complessiva del 20% di lavoratori sconosciuti alla Pubblica Amministrazione al momento dell’accesso ispettivo, il cui raggiungimento comporta la comminazione della sospensione dell’attività imprenditoriale ex art. 14 D.Lgs.  n. 81/2008.

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INPS: ASSEGNI FAMILIARI E QUOTE DI MAGGIORAZIONE DI PENSIONE 2016.

Dal 1° gennaio 2016 sono stati rivalutati, come ogni anno, i limiti di reddito per gli assegni familiari e le quote di maggiorazione di pensione, oltreché i limiti di reddito mensili ai fini dei diritto agli stessi assegni.

MDS – BlogNomos

Con circolare n. 211 del 31 dicembre 2015, l’INPS ha reso note le tabelle dei limiti di reddito familiare da applicare ai fini della cessazione o della riduzione degli assegni familiari e delle quote di maggiorazione di pensione. Nella stessa circolare sono stati altresì rivalutati i limiti di reddito mensili da considerare ai fini del riconoscimento del diritto agli assegni familiari.

Fate attenzione, perché non stiamo parlando dell’assegno al nucleo familiare. Gli assegni familiari sono una diversa prestazione rispetto all’ANF che l’INPS eroga a sostegno delle famiglie di alcune categorie di lavoratori italiani, comunitari ed extracomunitari attivi sul territorio italiano, il cui nucleo familiare abbia un reddito complessivo al di sotto dei limiti che tra poco illustreremo.

L’assegno familiare, in particolare, spetta:

– ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri;

– ai piccoli coltivatori diretti;

– ai titolari delle pensioni a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri).

Diversamente, l’assegno al nucleo familiare spetta ai lavoratori dipendenti, ai lavoratori dipendenti agricoli, ai lavoratori domestici, ai lavoratori iscritti alla gestione separata, ai titolari di pensioni (a carico del fondo pensioni lavoratori dipendenti, fondi speciali ed Enpals), ai titolari di prestazioni previdenziali ed ai lavoratori in altre situazioni di pagamento diretto.

Pertanto, gli assegni familiari e le maggiorazioni di pensione sono prestazioni economiche che l’INPS eroga a quei soggetti che risultano esclusi dalla normativa sugli assegni al nucleo familiare.

L’assegno familiare spetta per ogni familiare vivente a carico. La legislazione sociale del nostro Paese considera viventi a carico i familiari che abbiano redditi personali mensili non superiori ad un determinato importo stabilito dalla legge e rivalutato annualmente.

Tali sono:

– il coniuge, anche se legalmente separato purché sia a carico, solo se il richiedente è titolare di pensione a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;

– i figli o equiparati anche se non conviventi:

• di età inferiore a 18 anni;

• apprendisti o studenti di scuola media inferiore (fino a 21 anni);

universitari (fino a 26 anni e nel limite del corso legale di laurea);

• inabili al lavoro (senza limiti di età);

– i fratelli, le sorelle e i nipoti, conviventi:

• di età inferiore a 18 anni; apprendisti o studenti di scuola media inferiore (fino a 21 anni);

• universitari (fino a 26 anni e nel limite del corso legale di laurea);

• inabili al lavoro (senza limiti di età);

gli ascendenti (genitori, nonni, ecc..) ed equiparati, solo se il richiedente è piccolo coltivatore diretto;

– i familiari di cittadini stranieri residenti in Paesi con i quali esista una convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia.

Infine, il coniuge affidatario che non abbia titolo autonomo alla percezione di assegni può avere diritto al riconoscimento del diritto sulla posizione del coniuge non affidatario.

Si noti, inoltre, che nei confronti dei contribuenti aventi titolo alla corresponsione dell’assegno, l’eventuale cessazione del diritto, per effetto delle disposizioni in materia di reddito familiare, non implica la cessazione di altri diritti e benefici dipendenti dalla vivenza a carico e/o ad essa connessi.

  

Ad ogni buon conto, si precisa che gli importi delle prestazioni sono:

Euro 8,18 mensili spettanti ai coltivatori diretti, coloni, mezzadri per i figli ed equiparati;

Euro 10,21 mensili spettanti ai pensionati delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi e ai piccoli coltivatori diretti per il coniuge e i figli ed equiparati;

Euro 1,21 mensili spettanti ai piccoli coltivatori diretti per i genitori ed equiparati;

LIMITI DI REDDITO MENSILE DA CONSIDERARE PER LA CORRESPONSIONE DELLA PRESTAZIONE.

In applicazione delle vigenti norme per la perequazione automatica delle pensioni, il trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti risulta fissato dal 1° gennaio 2016 e per l’intero anno nell’importo mensile di euro 501,89.

In relazione a tale trattamento, i limiti di reddito mensili da considerare ai fini dell’accertamento del carico (non autosufficienza economica) e quindi del riconoscimento del diritto agli assegni familiari risultano così fissati per tutto l’anno 2016: 

– Euro 706,82 per il coniuge, per un genitore, per ciascun figlio od equiparato;

– Euro 1236,94 per due genitori ed equiparati.

I nuovi limiti di reddito valgono anche in caso di richiesta di assegni familiari per fratelli, sorelle e nipoti (indice unitario di mantenimento).                   

Il limite di Euro 706,82 è, inoltre, preso in considerazione per la corresponsione delle quote integrative delle rendite INAIL per figli maggiorenni e fino ai 26 anni (purché studenti scolastici ovvero universitari regolarmente iscritti a un corso di studi) che percepiscano redditi.

Clicca qui e scorri fino al fondo della pagina per visualizzare le tabelle allegate alla circolare 211/2015.

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INPS: Assegni familiari e quote di maggiorazione di pensione 2015.

Dal 1° gennaio 2015 sono stati rivalutati, come ogni anno, i limiti di reddito familiare per gli assegni familiari e le quote di maggiorazione di pensione, oltreché i limiti di reddito mensili ai fini dei diritto agli stessi assegni.

M. De Sanctis
Redazione BlogNomos

Con circolare n. 181 del 23 dicembre 2014, l’INPS ha reso note le tabelle dei limiti di reddito familiare da applicare ai fini della cessazione o della riduzione degli assegni familiari e delle quote di maggiorazione di pensione. Nella stessa circolare sono stati altresì rivalutati i limiti di reddito mensili da considerare ai fini del riconoscimento del diritto agli assegni familiari.

Fate attenzione, perché non stiamo parlando dell’assegno al nucleo familiare. Gli assegni familiari sono una diversa prestazione rispetto all’ANF che l’INPS eroga a sostegno delle famiglie di alcune categorie di lavoratori italiani, comunitari ed extracomunitari lavoranti nel territorio italiano, il cui nucleo familiare abbia un reddito complessivo al di sotto dei limiti che tra poco illustreremo.

Questa prestazione, in particolare, spetta:
– ai coltivatori diretti, coloni e mezzadri;
– ai piccoli coltivatori diretti;
– ai titolari delle pensioni a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri).
Diversamente, l’assegno al nucleo familiare spetta ai lavoratori dipendenti, ai lavoratori dipendenti agricoli, ai lavoratori domestici, ai lavoratori iscritti alla gestione separata, ai titolari di pensioni (a carico del fondo pensioni lavoratori dipendenti, fondi speciali ed Enpals), ai titolari di prestazioni previdenziali ed ai lavoratori in altre situazioni di pagamento diretto.
Pertanto, questi assegni familiari e le maggiorazioni di pensione sono prestazioni economiche che l’INPS eroga a quei soggetti che risultano esclusi dalla normativa sugli assegni per il nucleo familiare.

L’assegno familiare spetta per ogni familiare vivente a carico.
La legislazione sociale del nostro Paese considera viventi a carico i familiari che abbiano redditi personali mensili non superiori ad un determinato importo stabilito dalla legge e rivalutato annualmente.
Tali sono:
– il coniuge, anche se legalmente separato purché sia a carico, solo se il richiedente è titolare di pensione a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi;
– i figli o equiparati anche se non conviventi:
• di età inferiore a 18 anni;
• apprendisti o studenti di scuola media inferiore (fino a 21 anni);
• universitari (fino a 26 anni e nel limite del corso legale di laurea);
• inabili al lavoro (senza limiti di età);
– i fratelli, le sorelle e i nipoti, conviventi:
• di età inferiore a 18 anni;
apprendisti o studenti di scuola media inferiore (fino a 21 anni);
• universitari (fino a 26 anni e nel limite del corso legale di laurea);
• inabili al lavoro (senza limiti di età);
– gli ascendenti (genitori, nonni, ecc..) ed equiparati, solo se il richiedente è piccolo coltivatore diretto;
– i familiari di cittadini stranieri residenti in Paesi con i quali esista una convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia.
Infine, il coniuge affidatario che non abbia titolo autonomo alla percezione di assegni può avere diritto al riconoscimento del diritto sulla posizione del coniuge non affidatario.

Si noti, inoltre, che nei confronti dei contribuenti aventi titolo alla corresponsione dell’assegno, l’eventuale cessazione del diritto, per effetto delle disposizioni in materia di reddito familiare, non implica la cessazione di altri diritti e benefici dipendenti dalla vivenza a carico e/o ad essa connessi.

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Ad ogni buon conto, si precisa che gli importi delle prestazioni sono:

Euro 8,18 mensili spettanti ai coltivatori diretti, coloni, mezzadri per i figli ed equiparati;
Euro 10,21 mensili spettanti ai pensionati delle gestioni speciali per i lavoratori autonomi e ai piccoli coltivatori diretti per il coniuge e i figli ed equiparati;
Euro 1,21 mensili spettanti ai piccoli coltivatori diretti per i genitori ed equiparati.

Tabelle dei limiti di reddito familiare per l’anno 2015.

Ai fini della cessazione o riduzione dei suddetti assegni familiari e maggiorazione di pensione, i limiti di reddito familiare da considerare sono rivalutati ogni anno in ragione del tasso d’inflazione programmato. Per il 2015 questo tasso è pari al 2,1%.

Limiti di reddito mensile da considerare per la corresponsione della prestazione.

I limiti di reddito mensili da considerare ai fini dell’accertamento del carico (vale a dire alla non autosufficienza economica) e quindi del riconoscimento del diritto agli assegni familiari per tutto il 2015 risultano così fissati:

Euro 707,54 per il coniuge, per un genitore, per ciascun figlio od equiparato;
Euro 1238,19 per due genitori ed equiparati.
Detti limiti valgono anche per le richieste di assegni familiari per fratelli, sorelle e nipoti del richiedente.

Il limite di Euro 707,54 è, inoltre, preso in considerazione per la corresponsione delle quote integrative delle rendite INAIL per figli maggiorenni e fino ai 26 anni (purché studenti scolastici ovvero universitari regolarmente iscritti a un corso di studi) che percepiscano redditi.

Clicca qui e scorri fino al fondo della pagina per visualizzare le tabelle allegate alla circolare 181/14.

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LE DELEGHE LEGISLATIVE CONTENUTE NEL JOBS ACT

di Germano De Sanctis

Premessa.

Nel corso della giornata del 3 dicembre scorso, il Senato ha approvato in via definitiva la Legge delega di riforma del lavoro, meglio nota come “Jobs Act”. Entro entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, dovranno essere emanati i suoi Decreti Legislativi attuativi.

Esaminiamo nel dettaglio il contenuto delle deleghe conferite al Governo, evidenziando che esse interessano le seguenti cinque importanti aree tematiche:

  1. gli ammortizzatori sociali;
  2. i servizi per l’impiego e le politiche attive del lavoro;
  3. le procedure e gli adempimenti concernenti la costituzione e la gestione dei rapporti di lavoro;
  4. la disciplina dei rapporti di lavoro e l’attività ispettiva;
  5. la tutela e la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.

La delega in materia di ammortizzatori sociali.

L’art. 1, comma 1, contiene una specifica delega al Governo per la riforma degli di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi e senza produrre nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (cfr., art 1, comma 12).

In particolare, tale delega interviene nella materia della disoccupazione involontaria, prevedendo l’introduzione di tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, attraverso:

  • la razionalizzazione della normativa in materia di integrazione salariale;
  • il coinvolgimento attivo di quanti siano stati espulsi dal mercato del lavoro, ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali;
  • la semplificazione delle procedure amministrative;
  • la riduzione degli oneri non salariali del lavoro.

L‘art. 1, comma 2, contiene i principi ed i criteri direttivi per l’esercizio della delega in esame.

In primo luogo, con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro, la legge delega prevede:

  • l’impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione definitiva di attività aziendale o di un ramo di essa;
  • la semplificazione delle procedure burocratiche attraverso l’incentivazione di strumenti telematici e digitali, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati a livello nazionale di concessione dei trattamenti prevedendo strumenti certi ed esigibili;
  • la necessità di regolare l’accesso alla CIG solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a favore dei contratti di solidarietà;
  • la revisione dei limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della CIG ordinaria e della CIG straordinaria;
  • la previsione di una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici;
  • la riduzione degli oneri contributivi ordinari e la rimodulazione degli stessi tra i settori in funzione dell’utilizzo effettivo;
  • la revisione dell’ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria e dei fondi di solidarietà ex art. 3 Legge n. 92/2012, fissando un termine certo per l’avvio dei fondi medesimi, anche attraverso l’introduzione di meccanismi standardizzati di concessione;
  • la revisione dell’ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti di solidarietà ex Legge n. 863/1984;

Invece, per quanto concerne gli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria, la legge delega dispone:

  • la rimodulazione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), con omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore;
  • l’incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti;
  • l’universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino al suo superamento, e con l’esclusione degli amministratori e sindaci, mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito, l’eventuale modifica delle modalità di accreditamento dei contributi e l’automaticità delle prestazioni, e prevedendo, prima dell’entrata a regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite;
  • l’introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;
  • l’eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASpI, di una prestazione, eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell’indicatore della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti;
  • l’eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenziale.

Inoltre, i beneficiari degli ammortizzatori sociali dovranno essere destinatari di meccanismi ed interventi che incentivino la ricerca attiva di una nuova occupazione, ricorrendo a percorsi personalizzati (di cui all’art. 1, comma 4, lett. v)) d’istruzione, formazione professionale e lavoro, anche mediante l’adozione di strumenti di segmentazione dell’utenza basati sull’osservazione statistica. Coerentemente, viene previsto l’adeguamento delle sanzioni e delle relative modalità di applicazione, nei confronti del lavoratore beneficiario di sostegno al reddito che non si rende disponibile ad una nuova occupazione, o a programmi di formazione.

La delega in materia di servizi per l’impiego e di politiche attive per il lavoro.

L’art. 1, comma 3, contiene la delega al Governo in materia di servizi per l’impiego e di politiche attive per il lavoro. L’attività riformatrice oggetto di siffatta delega legislativa intende garantire un’effettiva fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva per il lavoro su tutto il territorio nazionale, unitamente all’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative.

L’art. 1, comma 4, contiene i principi ed i criteri direttivi per l’esercizio della delega cui il Governo deve attenersi. Essi sono:

  • la razionalizzazione degli incentivi all’assunzione esistenti;
  • la razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, anche nella forma dell’acquisizione delle imprese in crisi da parte dei dipendenti;
  • l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di un’Agenzia Nazionale per l’Occupazione (qui, di seguito, denominata “Agenzia”), partecipata dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province Autonome e vigilata dal Ministero del Lavoro, al cui funzionamento si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente;
    il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali dell’azione dell’Agenzia;
  • l’attribuzione all’Agenzia di competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive del lavoro e ASpI;
  • la razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del Lavoro, mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente;
  • la razionalizzazione e la revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità ex Legge n. 68/1999;
  • l’individuazione del comparto contrattuale del personale dell’Agenzia con modalità tali da garantire l’invarianza di oneri per la finanza pubblica;
  • la determinazione della dotazione organica di fatto dell’Agenzia attraverso la corrispondente riduzione delle posizioni presenti nella pianta organica di fatto delle amministrazioni di provenienza del personale ricollocato presso l’Agenzia medesima;
  • il rafforzamento delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche e dei servizi;
  • la valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, nonché operatori del terzo settore, dell’istruzione secondaria, professionale e universitaria, anche mediante la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;
  • la valorizzazione della bilateralità attraverso il riordino della disciplina vigente in materia;
  • l’introduzione di principi di politica attiva del lavoro che prevedano la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione che vedano come parte le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati, con obbligo di presa in carico, e la previsione di adeguati strumenti e forme di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento, a fronte dell’effettivo inserimento almeno per un congruo periodo, a carico di fondi regionali a ciò destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica statale o regionale;
  • l’introduzione di modelli sperimentali, che prevedano l’utilizzo di strumenti per incentivare il collocamento dei soggetti in cerca di lavoro e che tengano anche conto delle buone pratiche realizzate a livello regionale;
  • la previsione di meccanismi di raccordo e di coordinamento delle funzioni tra l’Agenzia e l’INPS (sia a livello centrale, che territoriale), al fine di favorire una maggiore integrazione delle politiche attive e delle politiche di sostegno del reddito;
  • la previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e gli enti che (a livello centrale e territoriale) esercitano competenze in materia di incentivi all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità;
  • il mantenimento in capo alle Regioni ed alle Province Autonome delle competenze in materia di programmazione di politiche attive del lavoro;
  • l’attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso dal mercato del lavoro o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione, secondo percorsi personalizzati di istruzione, formazione professionale e lavoro.

La delega per la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti concernenti la costituzione e la gestione dei rapporti di lavoro.

La delega legislativa contenuta nell’art. 1, comma 5, concerne il conseguimento di obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure in materia di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro, nonché in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

I principi ed i criteri direttivi da osservare durante l’esercizio della delega legislativa in esame sono contenuti nell’art. 1, comma 6. Essi sono:

  • la razionalizzazione e la semplificazione delle procedure e degli adempimenti, anche mediante abrogazione di norme, connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di ridurre drasticamente il numero di atti di gestione del medesimo rapporto, di carattere amministrativo;
  • la semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, o abrogazione delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi;
    l’unificazione delle comunicazioni alle Pubbliche Amministrazioni per i medesimi eventi e obbligo delle stesse Amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti;
  • l’introduzione del divieto per le Pubbliche Amministrazioni di richiedere dati dei quali esse sono in possesso;
  • il rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e abolizione della tenuta di documenti cartacei;
  • la revisione del regime delle sanzioni, tenendo conto dell’eventuale natura formale della violazione, in modo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, nonché valorizzazione degli istituti di tipo premiale;
    la previsione di modalità semplificate per garantire data certa, nonché l’autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore;
  • l’individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere esclusivamente in via telematica tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro;
  • la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, anche con riferimento al sistema dell’apprendimento permanente;
  • la promozione del principio di legalità e priorità delle politiche volte a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso in tutte le sue forme ai sensi delle risoluzioni del Parlamento europeo del 9 ottobre 2008 sul rafforzamento della lotta al lavoro sommerso (2008/2035(INI)) e del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa (2013/2112(INI)).

La delega per il riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie dei relativi contratti e per la razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva.

L’art. 1, comma 7, reca una delega al Governo per il riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie dei relativi contratti, nonché per la razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva.

Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva, l’art. 1, comma 7, ha delegato il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi. Uno di tali decreti legislativi deve contenere un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro.

L’esercizio della delega legislativa avverrà nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

  • l’individuazione e l’analisi di tutte le forme contrattuali esistenti, in funzione dei predetti interventi di semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali;
  • la promozione del contratto di lavoro a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro, rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;
  • la previsione, per le nuove assunzioni, del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento;
  • il rafforzamento degli strumenti per favorire l’alternanza tra scuola e lavoro;
  • la revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando gli interessi dei datori di lavori con gli interessi dei lavoratori, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento;
  • la revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore;
  • l’introduzione (anche in via sperimentale) del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché, fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
  • la previsione, nel rispetto dell’art. 70 D.Lgs. n. 276/2003, della possibilità di estendere, il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori produttivi;
    l’abrogazione di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali, incompatibili con le disposizioni del testo organico semplificato, al fine di eliminare duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative;
  • la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia Unica per le Ispezioni del Lavoro, tramite l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL, prevedendo, altresì, strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle ASL e delle agenzie regionali per la protezione ambientale.

La delega per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare le cure parentali, la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

L‘art. 1, comma 8, prevede una specifica delega al Governo, finalizzata a garantire un adeguato sostegno alle cure parentali, attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici, nonché a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori. Tale delega sarà attuata entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge delega attraverso l’emanazione di uno o più decreti legislativi finalizzati alla revisione e all’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

I principi ed i criteri direttivi di tale delega sono rinvenibili nell’art. 1, comma 9. Essi sono:

  • la ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell’indennità di maternità, nella prospettiva di estendere tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici;
  • la garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale, anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro;
  • l’introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici (anche autonome) con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo;
  • l’armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico;
  • l’incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell’orario lavorativo e dell’impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio delle responsabilità genitoriali e dell’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro;
  • l’eventuale riconoscimento (compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retribuite) della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al CCNL in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute;
  • l’integrazione dell’offerta di servizi per le cure parentali forniti dalle imprese e dai fondi o enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona in coordinamento con gli enti locali titolari delle funzioni amministrative;
  • la ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, ai fini di poterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilità dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
  • l’introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza.

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Jobs Act, ecco il testo del maximendamento approvato dal Senato

Il Senato ha approvato con 165 “si”, 111 “no” e 2 astenuti il maxiemendamento del Governo che ha completamente sostituito il testo della legge delega sulla riforma del lavoro e sul quale, lo si ricorda, il Governo ha posto la fiducia.

Di seguito, si riporta il testo del predetto maxiemendamento.

Gli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 6 sono sostituiti dal seguente:
ART. 1
(Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro)
1. Allo scopo di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e di favorire il coinvolgimento attivo di quanti siano espulsi dal mercato del lavoro ovvero siano beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro, il Governo │ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi.
2. Nell’esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo si attiene, rispettivamente, ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro:
1) impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione di attività aziendale o di un ramo di essa;
2) semplificazione delle procedure burocratiche attraverso l’incentivazione di strumenti telematici e digitali, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati di concessione prevedendo strumenti certi ed esigibili;
3) necessità di regolare l’accesso alla cassa integrazione guadagni solo a seguito di esaurimento delle possibilità contrattuali di riduzione dell’orario di lavoro, eventualmente destinando una parte delle risorse attribuite alla cassa integrazione a favore dei contratti di solidarietà;
4) revisione dei limiti di durata da rapportare al numero massimo di ore ordinarie lavorabili nel periodo di intervento della cassa integrazione guadagni ordinaria e della cassa integrazione guadagni straordinaria e individuazione dei meccanismi di incentivazione della rotazione;
5) previsione di una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici;
6) riduzione degli oneri contributivi ordinari e rimodulazione degli stessi tra i settori in funzione dell’utilizzo effettivo;
7) revisione dell’ambito di applicazione della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria e dei fondi di solidarietà di cui all’articolo 3 della legge 28 giugno 2012, n. 92, fissando un termine certo per l’avvio dei fondi medesimi e previsione della possibilità di vincolare destinare gli eventuali risparmi di spesa derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui alla presente lettera al finanziamento delle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 4;
8) revisione dell’ambito di applicazione e delle regole di funzionamento dei contratti di solidarietà, con particolare riferimento all’articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, nonchè alla messa a regime dei contratti di solidarietà di cui all’articolo 5, commi 5 e 8, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;
b) con riferimento agli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria:
1) rimodulazione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI), con omogeneizzazione della disciplina relativa ai trattamenti ordinari e ai trattamenti brevi, rapportando la durata dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore;
2) incremento della durata massima per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti;
3) universalizzazione del campo di applicazione dell’ASpI, con estensione ai lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e con l’esclusione degli amministratori e sindaci, mediante l’abrogazione degli attuali strumenti di sostegno del reddito, l’eventuale modifica delle modalità di accreditamento dei contributi e l’automaticità delle prestazioni, e prevedendo, prima dell’entrata a regime, un periodo almeno biennale di sperimentazione a risorse definite;
4) introduzione di massimali in relazione alla contribuzione figurativa;
5) eventuale introduzione, dopo la fruizione dell’ASpI, di una prestazione, eventualmente priva di copertura figurativa, limitata ai lavoratori, in disoccupazione involontaria, che presentino valori ridotti dell’indicatore della situazione economica equivalente, con previsione di obblighi di partecipazione alle iniziative di attivazione proposte dai servizi competenti;
6) eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenziale;
c) con riferimento agli strumenti di cui alle lettere a) e b), individuazione di meccanismi che prevedano un coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dei trattamenti di cui alle lettere a) e b), al fine di favorirne l’attività a beneficio delle comunità locali, tenuto conto della finalità di incentivare la ricerca attiva di una nuova occupazione da parte del medesimo soggetto secondo percorsi personalizzati, con modalità che non determinino aspettative di accesso agevolato alle amministrazioni pubbliche;
d) adeguamento delle sanzioni e delle relative modalità di applicazione, in funzione della migliore effettività, secondo criteri oggettivi e uniformi, nei confronti del lavoratore beneficiario di sostegno al reddito che non si rende disponibile ad una nuova occupazione, a programmi di formazione o alle attività a beneficio di comunità locali di cui alla lettera c).
3. Allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché di assicurare l’esercizio unitario delle relative funzioni amministrative, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive. In mancanza dell’intesa nel termine di cui all’articolo 3 del citato decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio dei ministri provvede con deliberazione motivata ai sensi del medesimo articolo 3. Le disposizioni del presente comma e quelle dei decreti legislativi emanati in attuazione dello stesso si applicano nelle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità a quanto previsto dallo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione nonché dal decreto legislativo 21 settembre 1995, n. 430.
4. Nell’esercizio della delega di cui al comma 3 il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) razionalizzazione degli incentivi all’assunzione esistenti, da collegare alle caratteristiche osservabili per le quali l’analisi statistica evidenzi una minore probabilità di trovare occupazione, e a criteri di valutazione e di verifica dell’efficacia e dell’impatto;
b) razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, con la previsione di una cornice giuridica nazionale volta a costituire il punto di riferimento anche per gli interventi posti in essere da regioni e province autonome;
c) istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, di seguito denominata “Agenzia”, partecipata da Stato, regioni e province autonome, vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al cui funzionamento si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente e mediante quanto previsto dalla lettera f);
d) coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali dell’azione dell’Agenzia;
e) attribuzione all’Agenzia di competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e ASpI;
f) razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo scopo di aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, mediante l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente;
g) razionalizzazione e revisione delle procedure e degli adempimenti in materia di inserimento mirato delle persone con disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e degli altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, al fine di favorirne l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro;
h) possibilità di far confluire, in via prioritaria, nei ruoli delle amministrazioni vigilanti o dell’Agenzia il personale proveniente dalle amministrazioni o uffici soppressi o riorganizzati in attuazione della lettera f) nonché di altre amministrazioni;
i) individuazione del comparto contrattuale del personale dell’Agenzia con modalità tali da garantire l’invarianza di oneri per la finanza pubblica;
l) determinazione della dotazione organica di fatto dell’Agenzia attraverso la corrispondente riduzione delle posizioni presenti nella pianta organica di fatto delle amministrazioni di provenienza del personale ricollocato presso l’Agenzia medesima;
m) rafforzamento delle funzioni di monitoraggio e valutazione delle politiche e dei servizi;
n) valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e privati, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, prevedendo, a tal fine, la definizione dei criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti che operano sul mercato del lavoro e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;
o) valorizzazione della bilateralità attraverso il riordino della disciplina vigente in materia, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, flessibilità e prossimità anche al fine di definire un sistema di monitoraggio e controllo sui risultati dei servizi di welfare erogati;
p) introduzione di princìpi di politica attiva del lavoro che prevedano la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione che vedano come parte le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati, con obbligo di presa in carico, e la previsione di adeguati strumenti e forme di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento, a fronte dell’effettivo inserimento almeno per un congruo periodo, a carico di fondi regionali a ciò destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica statale o regionale;
q) introduzione di modelli sperimentali, che prevedano l’utilizzo di strumenti per incentivare il collocamento dei soggetti in cerca di lavoro e che tengano anche conto delle buone pratiche realizzate a livello regionale;
r) previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sia a livello centrale che a livello territoriale;
s) previsione di meccanismi di raccordo tra l’Agenzia e gli enti che, a livello centrale e territoriale, esercitano competenze in materia di incentivi all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità;
t) attribuzione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle competenze in materia di verifica e controllo del rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale;
u) mantenimento in capo alle regioni e alle province autonome delle competenze in materia di programmazione di politiche attive del lavoro;
v) attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso dal mercato del lavoro o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione, secondo percorsi personalizzati, anche mediante l’adozione di strumenti di segmentazione dell’utenza basati sull’osservazione statistica;
z) valorizzazione del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro e il monitoraggio delle prestazioni erogate, anche attraverso l’istituzione del fascicolo elettronico unico contenente le informazioni relative ai percorsi educativi e formativi, ai periodi lavorativi, alla fruizione di provvidenze pubbliche ed ai versamenti contributivi;
aa) integrazione del sistema informativo di cui alla lettera z) con la raccolta sistematica dei dati disponibili nel collocamento mirato nonché di dati relativi alle buone pratiche di inclusione lavorativa delle persone con disabilità e agli ausili ed adattamenti utilizzati sui luoghi di lavoro;
bb) semplificazione amministrativa in materia di lavoro e politiche attive, con l’impiego delle tecnologie informatiche, secondo le regole tecniche in materia di interoperabilità e scambio dei dati definite dal codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, allo scopo di rafforzare l’azione dei servizi pubblici nella gestione delle politiche attive e favorire la cooperazione con i servizi privati, anche mediante la previsione di strumenti atti a favorire il conferimento al sistema nazionale per l’impiego delle informazioni relative ai posti di lavoro vacanti.
5. Allo scopo di conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro nonch← in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, il Governo │ delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni di semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese.
6. Nell’esercizio della delega di cui al comma 5 il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti, anche mediante abrogazione di norme, connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di dimezzare il numero di atti di gestione del medesimo rapporto, di carattere amministrativo;
b) eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi;
c) unificazione delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni per i medesimi eventi e obbligo delle stesse amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti;
d) introduzione del divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere dati dei quali esse sono in possesso;
e) rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e abolizione della tenuta di documenti cartacei;
f) revisione del regime delle sanzioni, tenendo conto dell’eventuale natura formale della violazione, in modo da favorire l’immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, nonché valorizzazione degli istituti di tipo premiale;
g) previsione di modalità semplificate per garantire data certa nonché l’autenticità della manifestazione di volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso del lavoratore;
h) individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere esclusivamente in via telematica tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro;
i) revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un’ottica di integrazione nell’ambito della dorsale informativa di cui all’articolo 4, comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e della banca dati delle politiche attive e passive del lavoro di cui all’articolo 8 del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
l) promozione del principio di legalità e priorità delle politiche volte a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso in tutte le sue forme ai sensi delle risoluzioni del Parlamento europeo del 9 ottobre 2008 sul rafforzamento della lotta al lavoro sommerso (2008/2035(INI)) e del 14 gennaio 2014 sulle ispezioni sul lavoro efficaci come strategia per migliorare le condizioni di lavoro in Europa (2013/2112(INI)).
7. Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, di cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, in coerenza con la regolazione dell’Unione europea e le convenzioni internazionali:
a) individuare e analizzare tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l’effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo nazionale e internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali;
b) promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti;
c) previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio;
d) revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando l’interesse dell’impresa all’utile impiego del personale con l’interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell’inquadramento; previsione che la contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di secondo livello, stipulata con le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria possa individuare ulteriori ipotesi rispetto a quelle disposte ai sensi della presente lettera;
e) revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore;
f) introduzione, eventualmente anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente pi rappresentative sul piano nazionale;
g) previsione, tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 70 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, della possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori produttivi, fatta salva la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati, con contestuale rideterminazione contributiva di cui all’articolo 72, comma 4, ultimo periodo, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
h) abrogazione di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali, incompatibili con le disposizioni del testo organico semplificato, al fine di eliminare duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative;
i) razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l’istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale.
8. Allo scopo di garantire adeguato sostegno alla genitorialità, attraverso misure volte a tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori, il Governo │ delegato ad adottare, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto, per i profili di rispettiva competenza, con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o pi decreti legislativi per la revisione e l’aggiornamento delle misure volte a tutelare la maternit¢ e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
9. Nell’esercizio della delega di cui al comma 8 il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell’indennità di maternità, nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici;
b) garanzia, per le lavoratrici madri parasubordinate, del diritto alla prestazione assistenziale anche in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro;
c) introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, e armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico;
d) incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell’orario lavorativo e dell’impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l’esercizio delle responsabilità genitoriali e dell’assistenza alle persone non autosufficienti e l’attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro;
e) eventuale riconoscimento, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retribuite, della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al contratto collettivo nazionale in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute;
f) integrazione dell’offerta di servizi per l’infanzia forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, anche mediante la promozione dell’utilizzo ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi;
g) ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, ai fini di poterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilità dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalità organizzativa all’interno delle imprese;
h) estensione dei principi di cui al presente comma, in quanto compatibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con riferimento al riconoscimento della possibilità di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e alle misure organizzative finalizzate al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
10. I decreti legislativi di cui ai commi 1, 3, 5, 7 e 8 della presente legge sono adottati nel rispetto della procedura di cui all’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
11. Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica perché su di essi siano espressi, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per l’espressione dei pareri parlamentari di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono o seguono la scadenza dei termini previsti ai commi 1, 3, 5, 7 e 8 ovvero al comma 13, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.
12. Dall’attuazione delle deleghe recate dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi della presente legge, le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni. In conformità all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
13. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 10, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare, con la medesima procedura di cui ai commi 10 e 11, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse.
14. Sono fatte salve le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, le competenze delegate in materia di lavoro e quelle comunque riconducibili all’articolo 116 della Costituzione e all’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.”.

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La disciplina vigente del lavoro accessorio

di Germano De Sanctis

Il dato normativo.

La fattispecie lavorativa del lavoro accessorio è stata introdotta nell’ordinamento giuslavoristico italiano dagli artt. 70-74, D.Lgs. 10.09.2003, n. 276, con la chiara intenzione di regolamentare e di garantire tutele previdenziali ed assicurative al alcune tipologie di attività lavorative occasionali, sovente svolte ai limiti della legalità e non facilmente riconducibili, né al lavoro subordinato, né, tanto meno, a quello autonomo.
Nel corso degli anni, l’istituto in questione è stato oggetto di diverse novelle legislative. In ultimo, esso è stato riformato dalla Legge 28.06.2012, n. 92 (c.d. Riforma Fornero) e dall’art. 7, D.L. 28.06.2013, n. 76, convertito in legge, con modificazioni, dalla Legge 9.8.2013, n. 99. Tale novella legislativa ha apportato una radicale trasformazione della disciplina originaria del lavoro accessorio, generando una serie di conseguenze applicative (probabilmente non completamente tutte previste dal legislatore), che rischiano di stravolgere il mercato del lavoro a carattere stagionale.
Pertanto, soffermeremo la nostra attenzione sullo “stato dell’arte” dell’istituto del lavoro accessorio, evidenziando le caratteristiche peculiari e le eventuali criticità della disciplina vigente.

La nozione e l’ambito di applicazione del lavoro accessorio.

Ai sensi dell’art 70, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003 (così come modificato dalla Legge n. 92/2012), per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori ad € 5.000 nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Fermo restando il limite complessivo di € 5.000 nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative di cui al presente comma possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a € 2.000 euro, rivalutati annualmente ai sensi del presente comma.
Si evidenzia il fatto che la novella legislativa del lavoro accessorio ha abrogato l’elenco tassativo dei di lavori e delle categorie soggettive compatibili con tale istituto, apponendo limiti di applicazione dell’istituto di carattere meramente economico. Appare evidente come tale scelta legislativa, unitamente all’ambiguità della definizione di “accessorietà“, ridefinisca radicalmente l’ambito di applicazione dell’istituto in questione.
Pertanto, alla luce della nuova definizione fornita dal legislatore, le prestazioni di lavoro accessorio sono attività lavorative, svolte senza l’instaurazione di un rapporto di lavoro e rispetto alle quali non vengono erogati, con riferimento alla totalità dei committenti, compensi attualmente superiori ad € 5.050 netti per l’anno 2014 (a seguito della citata rivalutazione annuale) nel corso di un anno solare.
Inoltre, è importante evidenziare che tali attività devono essere svolte direttamente a favore dell’utilizzatore della prestazione e senza il tramite di intermediari (cfr., Circ. INPS, n. 88/2009; Circ. INPS, n. 49/2013).
Le attività lavorative accessorie possono essere rese nella generalità dei settori produttivi, fatte alcune debite eccezioni per il settore agricoltura. Infatti, come visto, l’art. 70, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003 rende possibile sempre e comunque l’attivazione di un contratto di lavoro accessorio, tenendo conto esclusivamente di un limite di carattere economico. Tale limite economico (lo si ricorda, pari ad € 5.050 netti per l’anno 2014 ed ad € 5.000 netti per l’anno 2013) deve essere riferito al compenso massimo che il lavoratore accessorio può percepire, nel corso di un anno solare, indipendentemente dal numero dei suoi committenti (cfr., Circ. Min. Lav. n. 4/2013; Lett. Circ. Min. Lav., 22.04.2013, prot. n. 37/0007258).
Inoltre, si precisa che anche i lavoratori subordinati a tempo pieno possono svolgere prestazioni accessorie nei limiti previsti (cfr., Nota Min. Lav. n. 46/2010), ad eccezione dell’impossibilità di svolgere prestazioni di lavoro accessorio presso lo stesso datore di lavoro presso il quale il si è già impiegati come lavoratore subordinato (cfr., Nota Min. Lav. n. 46/2010; Circ. INPS n. 49/2013).

La natura e la legittimità delle prestazioni di lavoro accessorio.

Ai fini della riconducibilità del rapporto nell’ambito del lavoro accessorio, rileva unicamente il rispetto del requisito del rispetto dei limiti quantitativi massimi consentiti annualmente al compenso percepito.
Infatti, se la prestazione lavorativa risulta erogata nel rispetto di tali limiti, il Ministero del Lavoro ha chiarito che il proprio personale ispettivo non può entrare nel merito delle modalità di svolgimento della prestazione. Infatti, la verifica della legittimità del ricorso al lavoro accessorio deve essere effettuata esclusivamente sulla base dei limiti di carattere economico, poiché anche l’occasionalità delle prestazioni di lavoro accessorio non assume alcuna valenza ai fini della legittima attivazione dell’istituto (cfr., Circ. Min. Lav., n. 35/2013).
Di conseguenza, in presenza del rispetto dei presupposti legali d’instaurazione del rapporto di lavoro accessorio, qualunque prestazione lavorativa corrisposta con un compenso compreso nei limiti economici previsti deve essere intesa come occasionale e accessoria, anche se presso lo stesso datore di lavoro sono presenti lavoratori che svolgono la medesima prestazione pur essendo titolari di un contratto di lavoro subordinato (cfr., Lett. Circ. Min. Lav., 22.04.2013, prot. n. 37/0007258).

L’individuazione dei prestatori di lavoro accessorio.

Attualmente, non esistono particolari limitazioni soggettive per essere prestatori di lavoro accessorio. Tuttavia, esistono alcune precisazioni relativamente ad alcune categorie. Esaminiamole sinteticamente:

  • i pensionati: essi possono beneficiare del lavoro accessorio, purché titolari di trattamenti di anzianità o di pensione anticipata, pensione di vecchiaia, pensione di reversibilità, assegno sociale, assegno ordinario di invalidità e pensione agli invalidi civili, nonché tutti gli altri trattamenti compatibili con lo svolgimento di qualsiasi attività lavorativa (cfr., Circ. INPS. n. 49/2013);
  • gli studenti: nel rispetto dell’obbligo scolastico, è consentito agli studenti regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado prestare lavoro accessorio durante i periodi di vacanza;
  • i disoccupati e gli inoccupati: non vi è nessuna preclusione nei loro confronti (cfr., Circ. INPS. n. 49/2013);
  • i soggetti svantaggiati: in presenza di specifiche categorie di soggetti correlate allo stato di disabilità, di detenzione, di tossicodipendenza o di fruizione di ammortizzatori sociali per i quali è prevista una contribuzione figurativa, utilizzati nell’ambito di progetti promossi da amministrazioni pubbliche, un apposito decreto del Ministro del Lavoro può stabilire le condizioni, le modalità e gli importi dei buoni orari (cfr., art. 72, comma 4-bis, D.Lgs., n. 276/2003).

I committenti del lavoro accessorio.

L’art. 70, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003 individua i committenti del lavoro accessorio negli imprenditori commerciali e nei professionisti. Esaminiamo meglio il significato di tali due termini:

  • gli imprenditori commerciali: con tale termine s’intende qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato. L’attributo “commerciali” non circoscrive minimamente l’ambito settoriale dell’attività di impresa alle attività di intermediazione nella circolazione di beni (cfr., Circ. Min. Lav. n. 18/2012; Circ. Min. Lav. n. 4/2013);
  • i professionisti: ai sensi dell’art. 53, comma 1, D.P.R. n. 917/1986 (c.d. TUIR), s’intendono come redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Tale norma si applica nei confronti, sia degli iscritti agli ordini professionali (ancorché assicurati presso una cassa diversa da quella del settore specifico dell’ordine), sia dei titolari di partita IVA (non iscritti alle casse ed assicurati presso la Gestione Separata INPS).

Il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio mediante voucher.

Il committente di una prestazione di lavoro accessorio è obbligato all’acquisto preliminare di uno o più voucher presso i rivenditori autorizzati (sedi INPS, banche, uffici postali, tabaccai). Una volta che sia stata svolta la prestazione, verrà corrisposto il compenso al lavoratore accessorio mediante la consegna di tali voucher.
Successivamente, il lavoratore accessorio deve presentare tali voucher per l’incasso presso uno dei concessionari del servizio. Sono previsti voucher telematici e voucher cartacei. Il voucher non è integrabile con somme di denaro, neanche a titolo di rimborso spese forfettarie (cfr., Nota INAIL, n. 6464/2010). I buoni cartacei sono disponibili singolarmente (attualmente il prezzo di acquisto è di € 10), ovvero in carnet multipli da 2 e 5 buoni (del valore, rispettivamente di € 20 e di € 50).
Si precisa che il valore nominale del voucher è stabilito tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle di lavoro accessorio, nonché del costo di gestione del servizio (cfr., art. 72, comma 2, D.Lgs., n. 276/2003).
La quantificazione del compenso del lavoratore accessorio è di natura oraria ed è ancorato alla durata della prestazione medesima. In tal modo, si evita il rischio che un voucher del valore di € 10 euro possa essere utilizzato per compensare prestazioni effettuate in diverse ore. La prassi ministeriale ha previsto la possibilità di remunerare una prestazione lavorativa in misura superiore rispetto a quella prevista dal legislatore, erogando più voucher per una singola ora di lavoro (cfr., Circ. Min. Lav., n. 4/2013).
Il compenso in questione è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato od inoccupato del prestatore di lavoro accessorio. Le prestazioni di lavoro accessorio non danno diritto all’erogazione di prestazioni di malattia, di maternità , di disoccupazione né all’assegno per il nucleo familiare (cfr., Circ. INPS, n. 104/2008; Circ. INPS, n. 76/2009). Tali forme di esenzione hanno favorito forme di eversione, che hanno completamente stravolto le intenzioni del legislatore. Infatti, nel tempo, l’istituto del lavoro accessorio, nato per favorire la regolarizzazione dei lavoro occasionali, è stato utilizzato anche utilizzato per occultare forme di lavoro subordinato (specialmente a tempo determinato). I vantaggi sono molteplici e non solo per il datore di lavoro.
Siffatta situazione di tendenziale favore all’eversione è stata anche favorita dall’esiguità economica della prestazione, che può essere facilmente aggirata a causa dell’assenza di un sistema di verifica efficace del rispetto dei limiti economici dei compensi.

Il carattere eccezionale del lavoro accessorio.

Alla luce di quanto detto finora, appare evidente come il lavoro accessorio sia un istituto giuridico difficilmente inquadrabile nell’ordinamento giuslavoristico italiano. Infatti, la decisione del legislatore di estendere il suo ambito di applicazione a qualsiasi tipologia di prestazione (abbandonando il previgente requisito dell’occasionalità) lo ha liberato dal vincolo operativo strettamente collegato alle sole prestazioni lavorative non continuative a carattere prevalentemente autonomo, per ancorarlo al solo criterio economico, prescindendo completamente dalla qualificazione del rapporto di lavoro.
In altri termini, la novella legislativa ha consentito di disciplinare nell’ambito del lavoro accessorio, sia rapporti di lavoro sostanzialmente subordinati, sia rapporti di lavoro a carattere prevalentemente autonomo e/o parasubordinato. Pertanto, si è in presenza di una disciplina eccezionale che pone enormi problemi di compatibilità con il diritto del lavoro vigente e che sicuramente provocherà non pochi interventi ermemeneutici da parte della giurisprudenza.
Ovviamente, tali criticità sono principalmente evidenti nei casi in cui si riscontreranno prestazioni di lavoro accessorio che, seppur rientranti nei limiti economici normativamente prescritti, risulteranno connotate da chiari elementi di subordinazione.
Si tratta di un tema particolarmente delicato, in quanto l’eccezionalità in esame permette di derogare al sistema di tutela dei diritti riconosciuti ai lavoratori subordinati. Si pensi, a titolo esemplificativo, ai diritti alle prestazioni per malattia, maternità, disoccupazione ed assegni familiari, oppure alle tutele riconosciute dalla contrattazione collettiva, oppure obblighi posti in capo al datore di lavoro, fino alle norme sull’orario di lavoro, sui contributi previdenziali ed, last, but non least, all’applicazione dello Statuto dei Lavoratori.

Il lavoro occasionale non è un “tipo” di contratto di lavoro autonomo o subordinato.

L’eccezionalità poc’anzi rilevata si riverbera anche sul fatto che il lavoro accessorio non è ascrivibile nel novero dei vari tipi di contratti di lavoro autonomo o subordinato attualmente riconosciuti dall’ordinamento giuslavoristico italiano.
Tale affermazione trova riscontro anche nel dato normativo, ove, riferendosi al lavoro accessorio, il legislatore ha mai usato il termine “contratto”, ma quello decisamente più generico di “prestazioni di lavoro accessorio”.
Inoltre, la fattispecie del lavoro accessorio è completamente priva degli elementi essenziali del contratto previsti dall’art. 1321 c.c.. In particolare, non vi è alcun accordo contrattuale tra le parti finalizzato alla costituzione di uno specifico rapporto giuridico.
Quest’ultima considerazione è confermata dalla disciplina del lavoro accessorio contenuta nell’art. 72 D.Lgs. n. 276/2003. Dall’esame di siffatta norma, emerge chiaramente come il legislatore abbia qualificato gli adempimenti richiesti al committente circa l’acquisto dei voucher o la comunicazione preventiva all’INPS/INAIL come meri atti unilaterali del committente. Infatti, non è prevista alcuna accettazione della proposta contrattuale da parte del prestatore di lavoro accessorio, il quale si limita a ricevere tacitamente i voucher per le prestazione lavorative effettuate e, di conseguenza, a rapporto già costituito.
Appare importante evidenziare come proprio la mera accettazione dei voucher come compenso da parte del prestatore di lavoro accessorio ponga diversi problemi interpretativi circa la qualificazione del rapporto di lavoro in questione. Infatti, sussiste un chiaro problema ermeneutico relativamente al livello di tutele riconoscibili al lavoratore accessorio, in quanto non si può automaticamente escludere l’applicabilità a quest’ultimo di tutti i diritti riconosciuti ai lavoratori subordinati dalle disposizioni di legge e dai contratti o accordi collettivi (cfr., art. 2113 c.c.). A tal proposito, come è noto, la dottrina prevalente e la giurisprudenza consolidata hanno sempre sostenuto la tesi della natura contrattuale del rapporto di lavoro, in quanto, in tal modo, è stato possibile affrontare molti problemi di difficile soluzione. Pertanto, oggigiorno, è possibile definire il contratto di lavoro come un contratto oneroso a prestazioni corrispettive, la cui causa è rinvenibile dallo sinallagma intercorrente tra lavoro e retribuzione secondo un vincolo di reciprocità (cfr., art. 2094 c.c.). Tuttavia, dato che, come detto poc’anzi, il lavoro accessorio non è qualificabile come un “tipo” di contratto di lavoro, bisognerà verificare, caso per caso, quale tipologia contrattuale (autonoma, subordinata, o parasubordinata) sia stata effettivamente posta in essere tra le parti. Di conseguenza, qualora risulti incontestabile che la prestazione accessoria si sia svolta nel caso concreto con tutti i caratteri qualificanti del lavoro subordinato, il prestatore di lavoro accessorio potrà proporre l’accertamento giudiziale della effettiva natura subordinata del rapporto posto in essere, al fine di ottenere il riconoscimento dei propri diritti di lavoratore subordinato.

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Incentivi Inail alle imprese, il 29 maggio l’invio telematico delle domande.

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La seconda fase della procedura per l’assegnazione dei 307 milioni di euro a fondo perduto, stanziati con il bando Isi 2013 per sostenere progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, si svolgerà tra le ore 16 e le 16,30. Le informazioni tecniche online entro il 22 maggio.

ROMA – Si svolgerà giovedì 29 maggio, dalle ore 16 alle 16,30, la seconda fase dell’operazione incentivi Inail, per l’assegnazione dei 307 milioni di euro a fondo perduto messi a disposizione delle imprese italiane con il bando ISI 2013 per sostenere la realizzazione di progetti che migliorino i livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

I finanziamenti distribuiti fino a esaurimento dei budget regionali.

Come nelle edizioni precedenti, i fondi, ripartiti in budget regionali, saranno assegnati fino a esaurimento secondo l’ordine cronologico di arrivo delle domande, che potranno essere presentate in modalità telematica dalle aziende i cui progetti hanno superato la prima fase, in possesso del codice identificativo loro attribuito. Le regole e le informazioni tecniche di supporto alle imprese partecipanti all’invio online saranno pubblicate sul portale Inail entro il 22 maggio.

Nella prima fase un elevato livello di partecipazione.

La prima fase della procedura si è svolta dal 21 gennaio all’8 aprile, con un livello di partecipazione che ha confermato, ancora una volta, il grande interesse del mondo imprenditoriale per l’iniziativa dell’Istituto. Sono quasi 29mila, infatti, i progetti per i quali sono stati richiesti gli incentivi, per un investimento complessivo pari a oltre 1,7 miliardi di euro.

Fino a 130mila euro per ogni intervento.

Dopo i 60 milioni del 2010, i 205 del 2011 e i 155 del 2012, i 307 milioni previsti dal bando Isi 2013 sono il finanziamento più cospicuo messo a disposizione nell’ambito delle quattro edizioni dell’iniziativa promossa dall’Inail, che in considerazione della difficile congiuntura economica ha innalzato dal 50 al 65% la copertura dei costi ammissibili e da 100mila a 130mila euro l’importo massimo finanziabile per ciascun progetto.

Fonte: INAIL

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INAIL: AUTOLIQUIDAZIONE 2014. LE PROSSIME SCADENZE PER VERSAMENTI E PREMI.

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Scadrà il prossimo 16 maggio il termine per l’autoliquidazione INAIL 2013-2014 tramite Modello F24, insieme alla dichiarazione telematica delle retribuzioni, comprensiva di domanda di sconto sul premio artigiani e di eventuale richiesta di pagamento rateale. Dopo la concessione della proroga per permettere ai datori di lavoro di usufruire da subito dei bonus previsti dalla Legge di Stabilità (L. 147/2013), è ora arrivato il momento di completare la procedura. Il termine del 16 maggio riguarda altresì il pagamento dei premi speciali non soggetti ad autoliquidazione (art. 2, c. 3, DL 4/2014) con date di scadenza antecedenti.

ADEMPIMENTI IN SCADENZA IL 16 MAGGIO.

– Autocertificazione riduzione premio.
11,50% per il settore edile (art. 29, c. 2, DL 244/1995, art. 36-bis, c. 8, L. 248/2006 e DM 26.8.2013) da trasmettere via PEC alla competente sede INAIL, insieme al pagamento del premio 2014 e alla fruizione dell’agevolazione sul premio dovuto a titolo di regolazione 2013.

– Autoliquidazione dei soggetti assicuranti con inizio attività tra il 10 e il 31/12/2013.
A tali soggetti, quest’anno, sono state inviate le nuove basi di calcolo in tempo utile per l’autoliquidazione del 16 maggio.

– Cessazione di tutti i soggetti autonomi artigiani tra il primo gennaio e il 16 maggio dell’anno di rata (cessazione polizza artigiani).
In conseguenza del differimento al 16/5/2014 dell’autoliquidazione del titolo 902014, le imprese artigiane che cessano la propria attività tra il 1/1/2014 e il 16/5/2014 possono versare il premio anticipato a titolo di rata rapportato ai mesi di attività effettiva esercitata nello stesso periodo.

– Cessazione attività in corso d’anno (cessazione codice ditta).

– Comunicazioni motivate delle retribuzioni presunte.

CALENDARIO VERSAMENTI

• 16 maggio 2014 per il trimestre gennaio/marzo 2014;
• 20 agosto 2014 per il trimestre aprile/giugno 2014;
• 17 novembre 2014 per il trimestre luglio/settembre 2014;
• 16 febbraio 2015 per il trimestre ottobre/dicembre 2014.

Con determina n. 67 dello scorso 11/3/2014, l’INAIL ha, inoltre, indicato la misura dello sconto: riduzione pari al 14,17% sui premi ordinari delle polizze dipendenti, premi speciali unitari delle polizze artigiani e premi relativi all’assicurazione raggi X e sostanze radioattive. La riduzione del 14,17% dei premi INAIL vale anche per le imprese di somministrazione di lavoro, oltreché per quelle di navigazione: per le prime si applica alle singole scadenze dei premi trimestrali dovuti per l’anno 2014, mentre, per le seconde, verrà applicata in sede di autoliquidazione 2013-2014, come, peraltro, spiegato dall’INAIL in due distinte note, prot. n. 2899 e n. 228, in cui sono dettate le relative istruzioni operative.

La retribuzione imponibile da dichiarare all’INAIL e da utilizzare ai fini del calcolo dei premi è quella che risulta registrata nel LUL, che può essere:
a) effettiva, pari al reddito da lavoro dipendente o a questo assimilato (ex TUIR), assunta al lordo di qualsiasi trattenuta o ritenuta e con il criterio di “competenza”;
b) convenzionale, in mancanza della retribuzione effettiva e nei casi previsti dalla legge (dirigenti, soci e familiari non artigiani, ecc.);
c) di ragguaglio, nelle ipotesi residuali (soci e familiari non artigiani in alcune Province).

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* esclusi gli operai agricoli (minimale giornaliero 2013 = € 41,87); le erogazioni speciali da non adeguare al minimale (integrazioni di prestazioni previdenziali, per legge o CCNL a carico dei datori di lavoro, quali malattia, infortunio, malattia professionale, gravidanza e puerperio, c.i.g., ecc.) e l’indennità di disponibilità prevista per il lavoro intermittente.
* inclusi i lavoratori soci di cooperative con rapporto di lavoro
subordinato (commi 1 e 2 – art. 4 – legge 142/2001).

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È la retribuzione convenzionale per gli allievi dei corsi professionali, i tirocinanti (stagisti), i detenuti e i ricoverati.
È inoltre l’imponibile minimo per i parasubordinati e gli sportivi
professionisti dipendenti.

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È la retribuzione convenzionale per i lavoratori dell’area dirigenziale (dirigenti e non quadri), è l’imponibile massimo per i collaboratori parasubordinati e gli sportivi professionisti dipendenti.

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È l’imponibile per i soci e i familiari coadiuvanti di imprese non artigiane, e per gli associati in partecipazione a imprenditore non artigiano, nelle Province in cui non sono fissate retribuzioni
convenzionali valide a livello provinciale.

Per approfondimenti:
Pagare il premio assicurativo
Pagare il premio in autoliquidazione
GUIDA ALL’AUTOLIQUIDAZIONE 2013-2014

Redazione
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Donna stuprata mentre rincasa dal lavoro: l’Inail le riconosce l’infortunio in itinere

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Stava tornando dalla palestra dove era addetta alle pulizie. Dall’Istituto un indennizzo di 10mila euro per il danno biologico subìto. L’avvocato generale La Peccerella: “I rischi tutelati dalla legge attengono a tutte le condizioni di percorrenza del tragitto, e non solo a quelle legate alla circolazione stradale”

MILANO – L’Inail ha riconosciuto l’infortunio in itinere a una donna straniera, poco meno che quarantenne, violentata a Milano mentre usciva dalla palestra dove lavorava come addetta alle pulizie. La vittima stava rincasando quando, nel tragitto, venne aggredita e stuprata da uno sconosciuto: un’esperienza terribile che si è tradotta, successivamente, nella manifestazione di ripetute crisi di panico e di uno stato crescente di depressione tali da rendere necessario il ricorso alla psicoterapia. L’Istituto – oltre all’indennizzo delle giornate di assenza giustificata dal luogo di lavoro – ha versato alla donna 10mila euro a seguito del danno biologico subìto: non solo quello all’integrità fisica, ma anche per le gravi conseguenze di carattere psico-emotivo.

Il caso è una declinazione del principio generale disciplinato dal dlgs n. 38/2000. “Non si tratta del primo caso di infortunio in itinere riconosciuto dall’Inail in relazione a una donna lavoratrice vittima di stupro, un episodio analogo è stato indennizzato di recente dalla Sede di Brescia – afferma l’avvocato generale dell’Istituto, Luigi La Peccerella – Da un punto di vista strettamente giuridico tale riconoscimento rappresenta una declinazione del principio generale relativo agli infortuni in itinere disciplinato dall’articolo 12 del 38/2000, che tutela il lavoratore contro, che tutela il lavoratore contro tutti i rischi legati alla strada, durante il percorso dal luogo di abitazione a quello di lavoro e viceversa”.

Escluse dalle tutele solo le situazioni riconducibili a ipotesi di ‘rischio elettivo’. Secondo quanto disposto dal legislatore, si definisce ‘infortunio in itinere’ l’infortunio occorso “durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”. In tale accezione sono ricomprese nella tutela tutte le modalità di spostamento (a piedi, su mezzi pubblici, su mezzo privato “necessitato”, su percorsi misti), se il tragitto è collegato ad esigenze e finalità lavorative. Vengono escluse, invece, solo le situazioni che possono essere ricondotte a ipotesi di ‘rischio elettivo’: per esempio, l’uso non necessitato del mezzo privato, le interruzioni o le deviazioni del normale percorso anch’esse non necessitate, oppure condotte colpevoli quali l’abuso di alcolici, ecc.

Già riconosciuto come infortunio in itinere un caso di rapina. “Di solito si tende a considerare gli infortuni in itinere solo in relazione ai rischi connessi alla circolazione dei veicoli, ma in realtà tale categoria è ovviamente assai più estesa e riguarda tutto ciò che attiene le condizioni di percorrenza del tragitto – aggiunge La Peccerella – Pertanto, rientrano nelle tutele previste dalla legge anche il pericolo di subire un’aggressione o una violenza nel caso una persona, nel tragitto per tornare a casa dal proprio luogo di lavoro, debba necessariamente percorrere una strada isolata. Proprio in virtù di questo stesso principio è stato, recentemente, riconosciuto come infortunio in itinere anche un episodio di rapina di cui è stato vittima un lavoratore”.

Fonte: INAIL

NAPO, L’EROE DELLA SICUREZZA SUL LAVORO.

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di Michele De Sanctis

Napo è l’eroe di un’omonima serie di cartoni animati, creato nell’ambito di un consorzio formato da INAIL (Italia), HSE (UK), DGUV (Germania), INRS (Francia) SUVA (Svizzera) e AUVA (Austria), introdotto in occasione dell'”Anno europeo della sicurezza, dell’igiene e della salute sul luogo di lavoro” (1992-1993) e del festival del cinema “Thessaloniki International Film Festival” del 1992. Rappresenta la figura del lavoratore, indipendentemente dal ramo industriale o dal settore professionale, perciò non è legato a una professione o a un ambiente di lavoro specifico, la sua personalità e il suo aspetto fisico rimangono costanti in tutti i video.

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Napo è una persona qualunque, né buono né cattivo, né giovane né vecchio. È un personaggio culturalmente neutro, un lavoratore volonteroso, che incorre in situazioni che sfuggono al suo controllo, ma che è anche in grado di identificare i pericoli e i rischi degli ambienti di lavoro e sa dare consigli per migliorare la sicurezza e l’organizzazione del lavoro.
Simpatico, accattivante, capace di forti reazioni ed emozioni. Chiunque, quindi, può identificarsi in lui, dal giovane lavoratore al senior.

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La casa di produzione di Napo è la francese Via Storia che si aggiudicò l’appalto per la realizzazione di un primo video sulla segnaletica di sicurezza, “Best Signs Story”, successivamente presentato all'”Edinburgh International Film Festival” nel 1998 e premiato al Congresso mondiale tenutosi a San Paolo in Brasile nel 1999 nonché nell’ambito di alcuni festival nazionali del cinema in Francia e in Germania.

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Nel 2003 l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro di Bilbao manifestò interesse per un nuovo video, raggiungendo un accordo con il Consorzio Napo in ordine alla distribuzione dello stesso da parte dell’Agenzia a tutti gli Stati membri, ai Paesi candidati all’adesione e ai Paesi dell’EFTA con disposizioni chiare sull’uso non esclusivo, sui diritti e sui costi. La collaborazione continua a tutt’oggi.

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Il motto di Napo per un posto di lavoro più sicuro, più sano e migliore è “la sicurezza con un sorriso”. Il contenuto di ogni video, infatti, mira a sensibilizzare i lavoratori sull’importanza di adottare i comportamenti idonei e le misure di protezione sempre attraverso brevi storie, dal taglio umoristico e in animazione computerizzata.

CLICCA QUI PER VEDERE I VIDEO DI NAPO

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