IN MEMORIA DI MASSIMO D’ANTONA.

Era il 20 maggio. Era il 1999. Un commando terrorista denominato Nuove Brigate Rosse uccideva a Roma il professor Massimo D’Antona.

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Da poco erano passate le 8.00 di mattina e il professore, all’epoca consulente del Ministero del Lavoro, si apprestava ad uscire dalla sua abitazione di via Salaria, angolo via Po, per recarsi al lavoro nel suo studio, poco lontano da lì. Superato l’incrocio con via Adda, all’altezza di un cartellone pubblicitario che lo nascondeva dalla vista dalla strada, intorno alle ore 8.13, il professore veniva fermato dal commando di brigatisti formato da Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce, che già dalle 5.30 si nascondevano all’interno di un furgone parcheggiato al lato della via.

Fu un assassinio brutale, quello di D’Antona, che colpì una persona nota, uno studioso stimato, un uomo del sindacato. Ma fu anche un omicidio che colpì in maniera diretta un progetto di modernizzazione dello Stato e del welfare e, nel contempo, la sigla maggiormente rappresentativa del Paese, la CGIL.

I due terroristi lo bloccarono e Galesi svuotò 9 colpi del caricatore di una pistola semiautomatica senza silenziatore, una calibro 9×19, sul professore, infliggendogli il colpo di grazia al cuore. Subito dopo si davano alla fuga. I soccorsi non tardarono, D’Antona venne immediatamente portato al Policlinico Umberto I ma fu inutile: nel certificato di morte il medico dichiarò il decesso alle 9.30 di mattina.

20 maggio: non è un giorno come gli altri. Il 20 maggio è anche l’anniversario dello Statuto dei lavoratori, che nel 1970 segnò una conquista di civiltà, cambiando nel profondo gli assetti dei rapporti sindacali e politici. Massimo D’Antona si era formato proprio in quella stagione, all’università dove aveva ricevuto gli insegnamenti dal suo Maestro, Renato Scognamiglio, e poi alla “Rivista giuridica del lavoro”, in quel tempo impegnata in una rilettura costituzionalmente orientata di tutto l’impianto giuslavorista.

Nel 1980 aveva vinto la cattedra di diritto del lavoro, con un’opera di altissimo livello, “La reintegrazione nel posto di lavoro”, tuttora modello di ricerca per tutti quei giuristi che nelle loro analisi pongono in primo piano l’effettività degli interventi legislativi in materia di lavoro.

La sua opera scientifica non è nota solo a studiosi, lettori e operatori del diritto del lavoro, ma anche a quelli del diritto amministrativo e pubblico, dal momento che nei primi anni ’90 D’Antona aveva contribuito al processo di “privatizzazione” del pubblico impiego. Già da qualche anno, la riflessione del professor D’Antona si era incentrata sull’importanza della P.A. come fattore essenziale di equilibrio dinamico tra forze e soggetti che responsabilmente assolvono al loro ruolo di “produttori”, precisamente la sua indagine era partita da un suo saggio degli anni ’80 sull’amministrazione pubblica del diritto del lavoro.

Giunse nell’area di governo come un tecnico e subito si mise alla prova con temi complessi: dalla riforma del Ministero dei trasporti e della navigazione, alla regolamentazione dei conflitti sindacali nei servizi pubblici, fino all’unificazione delle disciplina del lavoro fra pubblico e privato, alla creazione di una nuova dirigenza pubblica, alla regolazione della rappresentanza sindacale nel settore pubblico.

Uomo della CGIL, s’è detto. Fu nella Consulta giuridica e nell’Ufficio legale della Confederazione. Il suo maggiore impegno è consistito nella ricerca di percorsi e di soluzioni che connotassero il sindacato quale soggetto della trasformazione e dell’innovazione, spesso mettendo in guardia da posizioni di mera conservazione dell’esistente.

D’Antona si è sempre battuto per il patto sociale, sostenitore convinto della concertazione, del rafforzamento di un sindacato che potesse sintetizzare un’investitura forte e concreta della base con un’adeguata centralizzazione del potere, in ordine ad una più effettiva tutela dei diritti costituzionalmente protetti e all’abolizione di un welfare risarcitorio e della sua sostituzione con il miglioramento delle possibilità offerte dal mercato del lavoro.
E non furono scelte di mediazione, nemmeno dal punto di vista politico. Con quelle scelte, infatti, sebbene necessitassero del metodo della mediazione, non fu proposta alcuna mediazione, nel senso di compromesso, tra gli interessi delle imprese, gli interessi dei lavoratori e quelli dei disoccupati e degli inoccupati. Quelle scelte, piuttosto, furono propedeutiche a soddisfare l’interesse pubblico all’ordinato svolgimento del processo produttivo e, insieme, anche l’esigenza fondamentale di un ordinato svolgimento della vita civile. Di tali scelte Massimo D’Antona ha saputo individuare le coerenti motivazioni culturali e, soprattutto, i riferimenti di tecnica giuridica che li sorreggevano.

Ed è forse questo il patrimonio più cospicuo che il professor D’Antona ha lasciato in eredità alle future generazioni di giuslavoristi italiani. Un patrimonio che non possiamo dimenticare. Che vogliamo custodire, soprattutto oggi dinanzi a movimenti che attaccano continuamente l’operato dei sindacati e dopo oltre dieci anni di dialogo con l’esecutivo inesistente, che altro non ha fatto che indebolire le forze sociali e privare di tutela i lavoratori.

M. De Sanctis
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DAL 13 GIUGNO CAMBIANO LE REGOLE PER GLI ACQUISTI A DISTANZA.

E-commerce e televendite: maggiori tutele per il consumatore. Dal prossimo 13 giugno cambiano le regole. Maggiore trasparenza e diritti per gli chi effettua acquisti in remote shopping, sia al telefono che on line. Le nuove regole riguarderanno tutte le transazioni al di fuori dei locali commerciali. Tra le principali novità, si allunga dagli attuali 10 giorni di tempo a 14 il termine per esercitare il diritto di recesso; inoltre i contratti non potranno più essere attivati solo col consenso telefonico e stop alle commissioni extra. Insomma, stavolta l’e-commerce cambia davvero pelle.

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di Michele De Sanctis

13 giugno 2014: sarà questa l’ora X, in cui diverranno operative le nuove regole per il commercio elettronico dettate dalla direttiva europea entrata in vigore lo scorso 26 marzo (Dir. 2011/83/UE). Una direttiva emanata con la finalità di conferire regole universali e omogenee a tutti i Paesi UE e che offrirà maggiori garanzie su tutti i contratti a distanza dal controvalore superiore ai 50 €.

L’iniziativa si è resa necessaria dal momento che il numero di coloro i quali si dedicano allo shopping online cresce di anno in anno. In Italia – secondo un’indagine condotta da Human Highway per Netcomm – su 30,5 milioni di utenti di Internet (con età superiore ai 15 anni), sono 16,2 milioni quelli che, negli ultimi 3 mesi, hanno fatto acquisti online, mentre ammontano a quasi 11 milioni gli acquirenti abituali. Cifre che rappresentano un giro di affari di circa 14 miliardi di euro. E il dato non stupisce, visto che l’acquisto on line oltreché più comodo è anche più economico rispetto allo shopping nei negozi tradizionali, riuscendo a trovare, peraltro, una maggiore offerta di prodotti che per ragioni di spazio o di bilancio, il negoziante sotto casa non può avere. Vero è che, nonostante questi numeri, l’Italia sia ancora il fanalino di coda, rispetto al resto d’Europa, in termini di numero di imprese che vendono oltre frontiera, tramite e-commerce. Solo il 4%. Inoltre, come Paese siamo ancora indietro in termini di fatturato complessivo dell’e-commerce. La nuova direttiva è, perciò, di fondamentale importanza, soprattutto considerando che oggi abbiamo un saldo negativo della bilancia commerciale digitale per circa un miliardo di euro e quel fatturato di 14 miliardi è ancora troppo poco. Fiducia, trasparenza e omogeneità sono, dunque, premesse importanti per lo sviluppo del commercio elettronico. Ma la direttiva europea si pone il fine di creare queste premesse di fiducia, trasparenza e sicurezza non solo per permettere lo sviluppo del commercio elettronico transfrontaliero dei singoli Paesi UE. L’incremento del commercio transfrontaliero potrebbe, infatti, portare ad una crescita del PIL europeo, divenendo vero propellente dell’economia del Vecchio Continente.

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Vediamo meglio le novità che saranno valide per tutti tra meno di un mese. L’acquirente digitale avrà più tempo a disposizione per il reso della merce. Se non sarete soddisfatti, avrete ben 14 giorni, a decorrere dalla consegna, contro i precedenti 10, per ripensarci. Inoltre, dopo aver comunicato, entro questi 14 giorni, la volontà di restituire la merce, avrete altri 14 giorni a disposizione per rispedire i prodotti acquistati al negoziante. L’elemento più rilevante, tuttavia, è che nel momento in cui dichiarerete di aver spedito la merce, il negoziante sarà obbligato, nei 14 giorni successivi al ricevimento della vostra comunicazione, a restituire la somma (attualmente di tempo a disposizione ne ha il doppio: dovete aspettare un mese per riavere i vostri soldi). Ciò, potrebbe, in verità, creare un certo malcontento tra i venditori, poiché il merchant è costretto a rimborsare il dovuto anche se i prodotti acquistati non gli sono stati ancora recapitati. Ma la direttiva è tutta orientata alla salvaguardia del consumatore.
Altro cambiamento importante è la maggiore trasparenza delle spese: il negoziante è obbligato, infatti, a dichiarare i costi che il consumatore dovrà sostenere in caso di restituzione della merce. E se non lo fa, sarà lui a dover sostenere i costi di restituzione. Inoltre, in fase pre-contrattuale è richiesta la massima trasparenza con riferimento alla descrizione di beni e servizi, all’identità del venditore e al prezzo del bene. Devono, cioè, essere chiaramente indicate tutte le voci di spesa (comprese le imposte), oltre alle diverse modalità di pagamento. Tutte informazioni, queste, che, che se dovessero mancare, darebbero al consumatore la facoltà di esercitare la propria rivalsa sul merchant.

Per chi acquista contenuti digitali sono previste informazioni più trasparenti: il venditore dovrà chiarire eventuali limiti di compatibilità con i dispositivi hardware e software e gli eventuali limiti di riproducibilità dei contenuti stessi.

Per quanto riguarda oroscopi, ricette, suonerie e giochi elettronici, non potranno più essere pubblicizzati come ‘gratis’, salvo poi nascondere costosi abbonamenti mensili o settimanali. Per contro, noi consumatori dovremo confermare esplicitamente di aver compreso che l’offerta è a pagamento.

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Cambiano, infine, le regole anche per i contratti formulati a distanza, quindi per tutte le vendite fatte al di fuori da un punto commerciale, come le vendite a catalogo e quelle telefoniche (pensiamo alla moltitudine di televendite proposte ogni giorno via etere). In entrambi i casi, la vendita si perfeziona solo nel caso in cui ci sia una conferma contrattuale della proposta commerciale formulata dal venditore. Per capirci, prima di spedire il prodotto o abilitare il servizio, il venditore dovrà mandare il contratto in forma cartacea, perché sia firmato dal cliente. Soltanto allora la vendita potrà intendersi conclusa e produrre effetti giuridici. Nondimeno, sebbene ciò tuteli maggiormente il consumatore, è, altresì, vero che c’è il serio rischio di assistere alla morte immediata di tutte le vendite a distanza. Per arginare tale rischio sarà, quindi, necessario introdurre meccanismi che accelerino il processo di vendita, quali meccanismi di registrazione digitale certificata, firma elettronica o identità elettronica. A mio avviso, ciò non risparmierà, comunque, i canali dedicati allo shopping se non dalla chiusura, da un netto ridimensionamento, a meno che gli strumenti adottati non siano di facile ed intuitivo utilizzo anche per chi non è affatto avvezzo al PC.

Infine, anche l’aspetto sanzionatorio è stato intensificato. Il commerciante che non rispetterà le nuove regole andrà incontro a una sanzione che oscillerà da un minimo di 5mila euro (ovvero 50mila, in caso di gravi violazioni) a un massimo di 5 milioni.

Quindi più trasparenza e sicurezza: sembrano proprio queste le parole chiave per le nuove regole dell’e-commerce. E se la speranza è che si possa ottenere un maggiore aumento negli acquisti online, noi staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi mesi.

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Il Governo pensa ad un Servizio Civile Nazionale universale per 100 mila giovani all’anno

 

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di Germano De Sanctis

Lo scorso 13 maggio, il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha rese note le linee guida per la riforma del Terzo Settore, prevedendo un confronto esclusivamente on line che si concluderà il prossimo 13 giugno, inviando una e-mail a terzosettorelavoltabuona@ lavoro.gov.it. Al termine di tale consultazione, il Governo presenterà un disegno di legge delega, da vararsi presumibilmente nel corso del Consiglio dei Ministri del prossimo 27 giugno.

La novità di maggior rilievo contenuta nelle predette linee guida è la previsione di un Servizio Civile Nazionale universale, inteso, sia come opportunità di servizio alla comunità, sia come primo approccio all’inserimento professionale, aperto ai giovani dai 18 ai 29 anni che desiderino confrontarsi con l’impegno civile, per la formazione di una coscienza pubblica e civica.

Appare, quindi, evidente l’intento di rendere il servizio civile un’opportunità di impegno sociale con possibili ricadute occupazionali. Si tratta di una volontà già espressa nell’ambito della c.d. “Garanzia Giovani”, ove il servizio civile rientra nella “rosa” delle nove opportunità da proporre ai giovani under 29 non non occupati e non impegnati in un ciclo di istruzione o formazione (i c.d. “NEET”).

Nello specifico, il Servizio Civile Nazionale universale dovrebbe impegnare i giovani interessati per un periodo di otto mesi, oltre ad un’eventuale proroga di altri quattro. Il Governo calcola una platea di potenziali 100.000 giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni all’anno, per il primo triennio di attuazione del nuovo Servizio Civile. Inoltre, il Servizio Civile Nazionale universale sarà esteso anche agli stranieri e darà diritto ad un rimborso spese.

Il Governo ha, altresì, previsto che  il Servizio Civile svolto produrrà alcuni benefit per i volontari, quali:

  • crediti formativi universitari;

  • tirocini universitari e professionali;

  • riconoscimento delle competenze acquisite durante l’espletamento del servizio;

Il Governo prevede anche la stipulazione di una serie di accordi tra le Regioni e le Province Autonome con le Associazioni di categoria degli imprenditori, le associazioni delle cooperative e del terzo settore, finalizzate a facilitare l’ingresso sul mercato del lavoro dei volontari, anche attraverso la realizzazione di tirocini o di corsi di formazione per i volontari.

Inoltre, è prevista la possibilità di un periodo di servizio in uno dei Paesi dell’Unione Europea avente il Servizio Civile volontario in regime di reciprocità.

Rispetto al modello attuale di servizio civile, il Governo intende passare dai circa 14.000 giovani attualmente coinvolti a circa 100.000 volontari su base annua.

Contestualmente, s’intende ridurre la durata dell’esperienza e coinvolgere in maggior modo le Regioni, le Province Autonome e probabilmente anche gli enti che offriranno la possibilità di effettuare il Servizio Civile. Infatti,il nuovo Servizio Civile dovrebbe durare 8 mesi, eventualmente, come detto, prorogabile di altri 4, e non più direttamente 12 mesi.

Ovviamente, una maggiore partecipazione di volontari comporterà un aumento dei capitoli di spesa dedicati al Servizio Civile, che dovrebbero essere in parte compensati, secondo le stime governative, dal conseguente minore carico imposto agli investimenti diretti a carico dello Stato nei settori interessati.

Un ulteriore abbattimento della spesa potrebbe derivare dalla possibilità di rinunciare all’aliquota del 10% di IRPEF attualmente versata sul rimborso spese.

Inoltre, come già accennato, una parte dei fondi necessari verrà recuperata dal miliardo e mezzo di euro investiti sul progetto “Garanzia Giovani.

Si tratta comunque di uno sforzo finanziario enorme rispetto agli attuali investimenti, in quanto, negli ultimi anni, il bilancio dello Stato ha dedicato al Servizio Civile risorse costantemente decrescenti. Nell’anno 2013, si è scesi alla somma di soli 70 milioni di euro circa da destinare ai bandi. Tuttavia, bisogna anche evidenziare che, in passato, i contributi sono rimasti inutilizzati per mancanza di progetti idonei.

Allo stato attuale, le risorse disponibili per il Servizio Civile hanno permesso la presenza sul territorio nazionale di circa 14.000 volontari, che risultano impegnati presso 3.293 enti accreditati.

I volontari hanno diritto ad un rimborso spese di 433 euro netti. Se le condizioni economiche resteranno invariate, l’obiettivo del Governo di impegnare con questa formula 100.000 giovani all’anno richiederà un investimento che oscillerà tra un minimo di circa 400 milioni di euro ed un massimo di 600 milioni di euro. Infatti, il costo il costo annuo per ogni volontario è valutato in circa € 6.000.

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MERIAM, CONDANNATA A MORTE PER APOSTASIA: PRESTO UN NUOVO PROCESSO.

Questa è una di quelle storie che non vorremmo mai raccontare, ma il fatto è talmente grave che è necessaria la massima diffusione, perché in ballo c’è la vita di una giovane donna colpevole di aver sposato l’uomo sbagliato.

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di M. De Sanctis

Accade in Sudan: Meriam, una 27enne attualmente incinta di otto mesi, per aver sposato un cristiano e aver abbandonato la religione di famiglia che è quella musulmana, è stata condannata da un tribunale sudanese alla morte per impiccagione. È stata sottoposta, inoltre, alla pena di 100 frustate per adulterio, appunto perché sposata con un cristiano, matrimonio non considerato valido dalla ‘Sharia’. La notizia, subito riportata da Al Arabiya su Twitter, spiegando che la ragazza è cresciuta con la madre, cristiana ortodossa, mentre il padre, musulmano, è stato assente fin dalla sua nascita, ha già fatto il giro del mondo, suscitando ovunque orrore. Una cosa per cui si stanno mobilitando le principali organizzazioni internazionali umanitarie. Nessuno vuole che questa giovane venga condannata a morte.
Nel 2005 l’accordo di pace in Sudan ha posto fine alla più lunga guerra civile africana. Cinquant’anni di violenze che hanno provocato oltre due milioni di morti. Tuttavia, la pace firmata dai capi politici non è stata affatto in grado di mitigare tensioni e malcontenti tra il Nord del Paese, musulmano, e il Sud, abitato da cristiani.

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Come riportato da ladyo, Amnesty International si è mossa con alcune ambasciate occidentali: le rappresentanze degli USA, della Gran Bretagna, dell’Olanda e del Canada hanno rivolto un appello al Governo del Sudan. Mentre Italians for Darfur sta raccogliendo le firme da inviare al Presidente del Omar Al Bashir, l’unico che può concedere la grazia alla donna. Oggi, però, Antonella Napoli, presidente di Italians For Darfur, citando rassicurazioni di avvocati raccolte da Khalid Omer Yousif della Ong Sudan Change Now, ha annunciato che Meriam “avrà un nuovo processo”. (fonte Ansa) Sarà, quindi, la Corte suprema ad affrontare il suo caso. Il Presidente del Parlamento sudanese, Al-Fateh Ezzedin, ha, altresì, dichiarato che la condanna a morte della giovane donna è solo il primo grado di un processo che avrà tutte le sue tappe giudiziarie.
Subito dopo Ezzedin ha anche aggiunto, però, che l’attenzione dei media internazionali per il caso della donna sudanese mira a danneggiare la reputazione del Paese e del suo sistema giudiziario e ha quindi invitato i media a “non diffondere informazioni non veritiere, come quella che la donna avrebbe vissuto in un ambiente non islamico. E’ cresciuta ed è stata educata da due genitori di fede islamica”, ha detto. Tuttavia, qualunque sia l’ambiente in cui è vissuta, non meriterebbe comunque la morte per apostasia.
Auguriamo, pertanto, a quest’innocente di salvarsi dalla follia dell’uomo al più presto, ma bisogna mantenere alta l’attenzione mediatica su questo caso, perché Meriam possa salvarsi alla fine di questa nuova fase processuale.

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Tirocinio retribuito a Londra per neolaureati.

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L’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA – European Medicines Agency), con sede a Londra, offre tirocini retribuiti del valore di 1.350 sterline nette al mese (all’incirca 1.600 euro). L’Agenzia Europea per i Medicinali è un organo della UE con sede a Londra. Il suo compito principale è tutelare e promuovere la sanità pubblica e la salute mediante la valutazione e il controllo dei medicinali per uso umano e veterinario. L’Agenzia Europea per i Medicinali è l’agenzia comunitaria dell’Unione Europea che si occupa della valutazione e del controllo di medicinali umani e veterinari. L’Agenzia è stata fondata nel 1995 con i contributi dell’Unione Europea, dei singoli stati membri e dell’industria farmaceutica, con lo scopo di affiancare il lavoro delle organizzazioni nazionali che si occupano del mercato dei farmaci.
Gli obiettivi che l’Unione Europea si è prefissa con la fondazione dell’EMA sono essenzialmente due: da un lato, la riduzione delle spese burocratiche (si parla di cifre a sei zeri) che ogni anno le case farmaceutiche devono sostenere per l’approvazione dei farmaci nei singoli Stati membri, dall’altro, per ridurre il protezionismo dei singoli Stati volto ad ostacolare l’inserimento sul mercato di farmaci concorrenti ad altri già inseriti nel mercato interno.

EMA Traineeship Programme

Il programma di tirocinio si rivolge a laureati all’inizio della loro carriera professionale. I requisiti richiesti sono:
– essere cittadini EU/EEA;
– aver conseguito una laurea alla data di scadenza per l’invio delle domande;
– avere una buona conoscenza della lingua inglese più la conoscenza di una seconda lingua ufficiale dell’Unione Europea.

Oltre a dare una comprensione dei compiti dell’Agenzia e del suo ruolo nell’ambito delle attività dell’Unione Europea, il programma fornirà ai tirocinanti un’esperienza professionale in un ambiente di lavoro a tutti gli effetti, altamente qualificato e riconosciuto in tutta l’Area Economica Europea.
I profili ricercati sono di vario genere: dai laureati in discipline core per l’attività dell’EMA (medicina, farmacia, chimica, biologia, veterinaria), a giovani con laurea nel settore delle comunicazioni, in scienze dell’informazione, relazioni pubbliche, risorse umane, giurisprudenza, fino a laureati in materie umanistiche specializzati in biblioteconomia.

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Per proporre la propria candidatura è necessario compilare l’apposito modulo disponibile sulla pagina dedicata al programma tirocini ed inviarlo all’indirizzo di traineeship@ema.europa.eu entro e non oltre il 15 giugno 2014. Per coloro che verranno selezionati, il Programma avrà inizio il 1 ottobre.

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ROMA PRIDE 2014: CI VEDIAMO FUORI!

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“Guardateci bene. Guardateci il viso. Non è quello di chi chiede qualcosa, ma di chi sa cosa ci spetta di diritto. Non il viso di chi è stanco di lottare, ma quello di chi non si fermerà finché la storia non ci avrà dato ragione. Perché lo farà, di questo siamo certi. Perché la storia noi la facciamo tutti i giorni: in famiglia, a scuola, sul lavoro, in piazza. La facciamo sfidando i pregiudizi con l’intelligenza, la gioia, il coraggio. L’amore. Così sappiamo che arriverà un giorno in cui ogni diversità non sarà tollerata, ma celebrata. Ogni genere rispettato, ogni famiglia protetta, ogni individuo tutelato. E quel giorno no, non sarà solo bello poter dire “noi c’eravamo, ci siamo sempre stati”. Sarà molto di più. Sarà giusto. E sarà un vero orgoglio: il nostro”.

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È questo l’appello che si legge sulla pagina Facebook del Roma Pride.

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Siamo alla vigilia della Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, che si celebrerà come tutti gli anni domani 17 maggio 2014 in tutto il mondo, nel giorno in cui cade la ricorrenza della rimozione dell’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, avvenuta nel 1990. Soltanto 24 anni fa.

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Intanto a Roma, proprio in queste ore, è partita la campagna per la giornata dell’orgoglio LGBT, in programma il prossimo 7 giugno.
‘Ditelo con un fiore…’ recitava un vecchio slogan. Adesso, basta! Te lo dico urlando, a muso duro e senza paura. So quali sono i miei diritti e so che tu sei solo un razzista.

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CI VEDIAMO FUORI! È così che urla lo slogan ideato dai ragazzi di CondividiLove, con 100 volti appartenenti alla comunità LGBT, tutti segnati dal ‘war painting’ arcobaleno. Cento volti volti arrabbiati, fieri e coraggiosi che guardano diretti gli occhi dei loro interlocutori e li chiamano a raccolta, per un impegno concreto e un’azione comune.

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Era il giugno del 1994 quando a Roma sfilò il primo corteo italiano del Gay Pride. Il 7 giugno 2014 la comunità LGBT si ritroverà ancora una volta FUORI, per le strade di Roma, per celebrare i suoi 20 anni di storia appena trascorsi e iniziare a scrivere il prossimo futuro. Perché dopo 20 anni di Pride, la battaglia contro i pregiudizi è ancora più che attuale e stavolta la battaglia non riguarderà solo i ‘diversi’, ma tutta la società italiana. Perché non c’è il diverso, ci sono soltanto esseri umani.

Andrea Serpieri

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CHI VIAGGIA SULLE FRECCE VIAGGIA AD ALTA COMODITÀ…

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… A volte, aggiungerei.

Così più o meno inizia uno di quegli spot che passano ogni ora sugli Eurostar, dedicato al Programma Cartafreccia, quello grazie al quale più viaggi più ottieni premi. Io, però, preferirei non ricevere nulla da Trenitalia; in cambio chiedo solo un servizio di pulizia come quello promesso sul sito della compagnia. Almeno quello, visto quanto costano le Frecce!

Beninteso, che i treni siano sporchi non c’è dubbio, che alcuni utenti siano anche maleducati, nondimeno, è qualcosa alla cui riflessione personale inviterei ognuno di voi. Io mi lamento, perché non lascerei mai e poi mai il posto che ho occupato con i rifiuti di ciò che ho mangiato o bevuto in ricordo del mio passaggio sulle Ferrovie dello Stato. C’è gente, però, che non la pensa così. Ad ogni buon conto, e torno su Trenitalia, questo servizio di pulizie quando passerebbe? A Milano quando il 9809 parte e a Taranto quando arriva? Mi sembra scarsino…

Vi lascio all’immagine di questa lattina. Ancora una volta.
Prima di sporcare un treno, ricordate che non c’è chi lo pulisce, per cui abbiate rispetto per gli altri viaggiatori. Se non sapete cosa sia il rispetto, cliccate qui, dove troverete una valida definizione.

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Buon viaggio!

MDS
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SÌ DEL SENATO ALLA FIDUCIA: IL DECRETO DROGA È LEGGE.

Dopo l’ok della Camera, via libera anche da Palazzo Madama al decreto legge Lorenzin sulle droghe leggere.

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di Michele De Sanctis

Lo scorso 14 maggio, il Senato ha votato, senza modifiche al testo, la fiducia richiesta dal Governo sul d.l. 36/2014. Con 155 voti a favore, 105 contrari e nessun astenuto, il provvedimento è ora legge e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Precedentemente il decreto era stato approvato il 30 aprile alla Camera, anche in quell’occasione dopo voto di fiducia.

Il d.l. 36/2014 sostituisce la cd. ‘legge Fini-Giovanardi’, già dichiarata incostituzionale dalla Consulta con sentenza n. 32/2014, e la ‘legge Iervolino-Vassalli’, rientrata in vigore dopo la predetta declaratoria di illegittimità costituzionale. Con il Decreto Droga tornano le tabelle che distinguono tra droghe pesanti (Tab. 1) e droghe leggere (Tab. 2), in base agli effetti prodotti dall’assunzione e il relativo regime sanzionatorio.

In particolare, nella Tabella 1, insieme agli oppiacei, alla cocaina, all’eroina e alle anfetamine, troviamo altresì la cannabis di derivazione sintetica, mentre quella di origine naturale è classificata come droga leggera e, pertanto, ricompresa nella Tabella 2. Le Tabelle delle sostanze psicotrope, inoltre, ricomprendono tutti i nuovi stupefacenti identificati e classificati a partire dal 2006, anno di entrata in vigore della ‘Fini-Giovanardi’.

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Sebbene sia la vendita che la coltivazione di tali sostanze costituiscano tuttora condotta penalmente rilevante, la sanzione, in caso di spaccio di modiche quantità, viene ridotta a quattro anni nel suo massimo edittale, escludendo di fatto la reclusione, mentre, in caso di consumo personale, la sanzione non è penale, bensì amministrativa. Tuttavia, poiché in caso di piccolo spaccio non vi è differenziazione tra droghe pesanti e leggere, la graduazione dell’entità della pena spetta al giudice che dovrà valutare, di volta in volta, qualità e quantità della sostanza. In caso di condanna, infine, sono previste anche misure alternative alla detenzione, quali l’affidamento in prova al servizio sociale.

Ulteriori disposizioni, poi, vengono dedicate ai farmaci cd. off label, ossia quei medicinali registrati ma impiegati per patologie diverse da quelle per le quali sono previsti. La norma sugli off label, contenuta nel decreto, si è resa necessaria dopo la condanna da parte dell’Antitrust di Roche e Novartis a una multa di oltre 180 milioni di euro. L’accusa era stata quella di aver creato un cartello per favorire l’uso contro la maculopatia del farmaco Lucentis, più caro, rispetto all’Avastin, che avrebbe, però, avuto gli stessi effetti curativi dell’altro. Tuttavia, mentre il primo era nato apposta per affrontare il problema oculistico in questione, per il secondo, invece, trattandosi di un medicinale oncologico, Roche non aveva mai chiesto l’estensione delle indicazioni alla patologia che porta alla cecità di molte persone, soprattutto anziane.

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La legge finora non permetteva l’utilizzo di farmaci off label, nel caso in cui ne esistessero di on label. Per questo motivo in Italia non si poteva utilizzare l’Avastin per curare la maculopatia. Con il d.l. 36/14, adesso, l’impiego di tali farmaci viene, invece, consentito, anche in presenza di un farmaco concorrente specifico, a condizione che l’efficacia del medicinale off label per la patologia non inclusa risulti comprovata a livello scientifico. La condizione è, pertanto, che l’efficacia del primo farmaco sia nota e conforme a ricerche condotte dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale: vale a dire che devono esserci degli studi che ne provino l’efficacia per quella determinata patologia, che, pure, non rientra nelle sue indicazioni. Una volta concluso l’iter delle predette ricerche l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) potrà avviare la procedura di autorizzazione, valutando anche le condizioni di sicurezza concernenti la relativa assunzione del farmaco off label da parte dell’utenza finale. Soltanto nel caso in cui l’istruttoria dell’AIFA dovesse avere esito positivo, il prodotto off label potrà allora essere usato e dispensato, peraltro, dal Servizio Sanitario Nazionale.

Vai al testo del Decreto Droga d.l. 36/2014
Vedi anche il Testo Unico Stupefacenti DPR 309/90 (aggiornato alle modifiche introdotte dal d.l. 36/2014)

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Jobs Act breaking news. Il D.L. n. 34/2014 è diventato legge.

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di Germano De Sanctis

Nel corso della giornata del 15 maggio, la Camera dei Deputati ha definitivamente approvato il D.L. n. 34/2014, con 279 voti favorevoli, 143 contrari e 3 astenuti.

Come è noto, la nuova legge contiene importanti novità in materia di contratti a tempo determinato e di apprendistato.

In particolare, la legge in questione ha fissato in trentasei mesi da durata dei contratti a tempo determinato senza causale, prevedendo, al contempo, un massimo di cinque proroghe. Rispetto al testo varato in prima lettura dalla Camera dei Deputati, il testo definitivo si contraddistingue per la modifica apportata al sistema sanzionatorio previsto in caso di sforamento del tetto del 20% di contratti di lavoro a tempo determinato rispetto al totale della forza lavoro. Infatti, inizialmente, la legge prevedeva l’obbligo d’assunzione a favore dei lavoratori interessati dallo sforamento in questione. Invece, la versione definitiva della legge ha eliminato tale obbligo, prevedendo, in sua sostituzione, il pagamento da parte dei datori di lavoro di una sanzione amministrativa ammontante tra il 20% ed il 50% della retribuzione del lavoratore.

Invece, per quanto concerne gli apprendisti, si evidenzia che il previsto obbligo di stabilizzarne almeno il 20% prima di assumerne di nuovi sussiste soltanto in capo ai datori di lavoro con oltre 50 dipendenti. Inoltre, il testo definitivo ha ripristinato la formazione pubblica degli apprendisti, seppur ponendo qualche paletto.

Il testo della legge in questione è consultabile al seguente indirizzo:

http://www.camera.it/leg17/465?area=25&tema=1055&Il+Jobs+act+(decreto-legge+n.34%2F2014)

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Il futuro del pianeta…

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Il futuro del pianeta dipende dalla possibilità di dare a tutte le donne l’accesso all’istruzione e alla leadership. È alle donne, infatti, che spetta il compito più arduo, ma più costruttivo, di inventare e gestire la pace.

Rita Levi Montalcini

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