Archivi categoria: economia

LA SOCIAL BANK: DA CANDY CRUSH AL DIGITAL CASH.

20140416-083211.jpg

di Michele De Sanctis

Di iscritti a Facebook ne a siamo oltre un miliardo, ma pare che a Mark Zuckerberg la condivisione dei nostri pensieri, foto e dati non basti più. Ne avevamo avuto sentore dopo l’acquisto di Whatsapp e dei visori di Oculus per portare ovunque la realtà aumentata, oltreché in seguito al tentativo, fatto fallire nelle ultime ore da Google, di acquisire i droni della Titan Aerospace per la diffusione di internet ad alta velocità. Adesso il Financial Times svela le prossime strategie commerciali della società di Palo Alto. Peraltro, in linea con i piani di diversificazione dichiarati dallo stesso Zuckerberg. Dopo l’esplosione del fenomeno Bitcoin, infatti, Facebook punterebbe ora anche a diventare una ‘banca’ di moneta elettronica. Negli Usa l’azienda ha già l’autorizzazione per alcune forme di trasferimento di denaro nell’ambito della piattaforma, ad esempio per l’acquisto delle app interne, soprattutto giochi, con 375 milioni di persone, che, secondo le ultime stime, gioca sulla piattaforma ogni mese a giochi ‘social’ tipo Candy Crush. Ma l’indiscrezione stavolta è che dopo il tentativo del 2012 (poi abbandonato) di lanciare i Credits – denaro ‘virtuale’ che nei piani di Mark Zuckerberg avrebbe dovuto essere usato in tutte le app del social network – la società starebbe per ottenere dall’Autorità irlandese – dove ha sede il proprio quartier generale europeo – l’approvazione per un servizio che consentirà agli utenti del vecchio continente di salvare denaro sulla piattaforma e usarlo per fare pagamenti, ma anche per scambi di denaro fra gli stessi iscritti: in pratica, una sorta di digital cash.

20140416-083321.jpg

Se il progetto andasse a buon fine, non solo i Facebook Credits diverrebbero una realtà, ma la società potrebbe iniziare a raccogliere e conservare i versamenti dei clienti europei in un conto corrente virtuale, per usarne i fondi all’interno come anche all’esterno del suo ecosistema. L’autorizzazione di Dublino, dunque, consentirebbe alla piattaforma di Zuckerberg di estendersi finalmente al settore dell’intermediazione finanziaria, offrendo servizi, tipo rimesse internazionali e pagamenti elettronici, propri dei tradizionali intermediari, come le banche, di cui diventerebbe competitor, affiancandosi, peraltro, a Paypal, che già da tempo ha sottratto loro una consistente parte dei pagamenti on line.

20140416-083439.jpg

Sebbene resti il dubbio circa la propensione degli utenti ad affidare a Facebook i propri soldi, considerando, peraltro, le loro costanti preoccupazioni sul fronte della privacy, le banche non dovrebbero comunque sentirsi troppo al sicuro. Negli ultimi anni abbiamo, infatti, assistito ad una fioritura di nuovi mercati del denaro, affiancati da nuovi servizi a valenza finanziaria e soprattutto da nuove monete digitali. Il Bitcoin, per esempio, ha conquistato l’attenzione di molti intermediari finanziari per la sua caratteristica capacità di proteggere l’anonimato delle persone che usano e accumulano la moneta elettronica. Considerando che non è solo solo Facebook, ma ci sono anche Google e Vodafone a muoversi in questa stessa direzione, potendo le tre società contare, tra l’altro, su una localizzazione più favorevole dal punto di vista fiscale e bancario, altri segmenti dell’attività bancaria corrono il rischio di essere disintermediati. Tanto più se pensiamo al fatto che qui si parla di aziende estremamente efficienti sia nella gestione dell’informazione che nel rapporto con enormi quantità di utilizzatori.

20140416-083535.jpg

La rivoluzione potrebbe non essere domani, ma logorare progressivamente le quote di mercato dei tradizionali intermediari, fino alla totale trasformazione del comportamento degli utenti. Un esempio? L’ho già citato: quanti di voi non hanno mai usato Paypal?
Quale nuovo concorrente di quest’ultima, poi, obiettivo (non dichiarato) di Facebook, che ha cassato l’indiscrezione del Financial Times con un secco ‘no comment’, sarebbe quello di intercettare i trasferimenti di denaro verso i Paesi dell’Est e dell’Africa, da cui provengono molte badanti, colf e tutti quelli che arrivano in Europa Occidentale per lavoro e mandano regolarmente denaro a casa. Senza poi trascurare l’enorme serbatoio di utenti indiani, che ha da poco raggiunto quota 100 milioni. A conferma di ciò, Facebook starebbe discutendo potenziali collaborazioni con almeno tre start up londinesi specializzate in servizi internazionali di trasferimento di denaro online e via smartphone. Si tratta di TransferWise, Moni Technologies e Azimo. Per quest’ultima, Zuckerberg avrebbe perfino offerto 10 milioni di dollari, ingaggiandone il co-fondatore come direttore dello sviluppo del prodotto.

20140416-083636.jpg

Non resta che attendere le prossime settimane, per scoprire se questa notizia resterà soltanto un rumor o se, piuttosto, siamo di fronte alla prossima rivoluzione finanziaria.
Se così fosse, noi vi terremo aggiornati. Voi, però, continuate a seguire il nostro blog anche su Facebook e Twitter @BlogNomos.
Alla prossima!

BlogNomos

IL TUO PROSSIMO LIBRO? TE LO FINANZIA IL LETTORE.

20140414-163105.jpg

di Michele De Sanctis

Il crowdfunding è una particolare forma di finanziamento collettivo, una sorta di micro-finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. Il crowdfunding, che spesso è utilizzato per promuovere innovazione e cambiamento sociale dal basso, abbattendo, cioè, le barriere tradizionali dell’investimento finanziario, può essere utilizzato per iniziative di qualsiasi genere: dal giornalismo partecipativo all’imprenditoria innovativa ed alla ricerca scientifica, dall’aiuto in occasione di tragedie umanitarie, fino al sostegno all’arte e ai beni culturali. In questo processo, la rete gioca un ruolo da centravanti. In particolare per ciò che concerne il finanziamento di un particolare settore commerciale, l’editoria, dove il web sta mettendo in atto una vera e propria rivoluzione culturale. Se, infatti, una volta il primo approccio con il libro avveniva direttamente in libreria, oggi il lettore può, invece, partecipare attivamente alla fase di realizzazione dello stesso, fino al punto di ricevere indietro la cifra sborsata, qualora non venisse raggiunto l’obiettivo finale: la pubblicazione. È questo il crowdfunding del libro. Ad essere messi in vendita, dunque, non sono i tradizionali volumi di carta, recapitati a casa nostra dal corriere espresso entro 48 ore dall’acquisto, né il download di un e-pub o di un PDF, bensì le parole, l’anteprima di un libro e la scommessa sul suo successo.

20140414-163207.jpg

Nel nostro Paese è BookAbook la prima piattaforma dedicata alla raccolta di denaro online per il finanziamento di opere letterarie. Nato sulla scorta del modello del britannico Unbound e dello statunitense Pubslush, BookAbook è una creazione degli imprenditori digitali Emanuela Furiosi e Tomaso Greco, che, in collaborazione con gli agenti letterari Claire Sabatié-Garat e Marco Vigevani, responsabili dei contenuti letterari, hanno dato il via a questa interessante startup made in Italy.

Chiunque può sottoporre il proprio progetto editoriale allo staff di Bookabook, sia che si tratti di esordienti che di autori affermati: se selezionato, il progetto entra a far parte delle tre campagne mensili proposte dalla piattaforma. Per finanziare le opere, invece, basta collegarsi al portale e scegliere tra le tre offerte mensili di titoli proposti. Una volta individuato il titolo si può accedere gratuitamente all’anteprima, e qualora fossimo interessati alla trama, possiamo avanzare la nostra offerta. La base minima per partecipare ammonta a tre euro e il contest dura trenta giorni. Se si raggiunge un plafond minimo, questo coprirà i costi di realizzazione e il libro potrà essere pubblicato.

20140414-163311.jpg

La piattaforma contiene, inoltre, uno spazio dedicato al dialogo tra autore e lettori/finanziatori, dove potersi confrontare direttamente, così come ricevere informazioni sul making of dei testi ed interagire con altri lettori.
Se non fosse per l’oggetto del contendere, perciò, non si tratterebbe d’altro che di una classica piattaforma di crowdfunding e di finanziamento dal basso, sulla fiducia. La novità di Bookabook, però, è che per la prima volta in Italia il prodotto su cui scommettere è un libro. La filosofia alla base di Bookabook è quella di realizzare un modello economico partecipato nel settore dell’editoria, così come già sperimentato in altri segmenti di mercato, evitando il confronto con gli operatori del settore come editori, librerie e catene di distribuzione.

20140414-163355.jpg

La prima proposta di BookAbook è stata ‘Solovki’, un giallo di Claudio Giunta, docente presso l’Università di Trento e già autore di saggi accademici, ma esordiente nel campo della narrativa, seguita dalla campagna per la produzione de ‘Gli scaduti’, progetto firmato dalla scrittrice Lidia Ravera.

20140414-163429.jpg

Nel corso del 2013 l’editoria tradizionale ha perso, rispetto all’anno precedente, il 9% dei lettori. Tuttavia, per quanto il mercato elettronico sia ancora piccolo, nel 2013 i lettori di e-book sono aumentati del 17% rispetto all’anno precedente. Complici di questa crescita sono stati sia lo strumento di lettura sia i prezzi dei titoli: il costo medio (dati 2013 al netto di IVA) di un libro cartaceo è di 17,31 euro mentre quello di un titolo digitale è di 8,63.
Non è possibile per adesso una previsione sul successo dell’iniziativa, che, nelle intenzioni dei suoi startupper, è destinata a cambiare il tradizionale rapporto tra autori e lettori, rivoluzionando il modo di leggere, ma, se la pubblicazione collettiva può servire ad alterare i tradizionali equilibri dell’editoria e a far emergere nuovi talenti, c’è da augurarsi che la fortuna di questa piattaforma vada ben oltre le loro speranze. Sebbene, infatti, nessun ruolo sia previsto per gli editori e benché BookAbook non sia un loro concorrente, gli utenti della community, che sono i soli a veder pubblicato in anteprima il libro, potrebbero diventare per gli editori stessi un pubblico-campione ai fini della verifica circa l’accoglienza di un libro, dunque offrendo loro un servizio, che, in ultima istanza, avrebbe il giusto potenziale per incrementare le vendite e, nel contempo, la qualità dell’offerta editoriale. Che sia la volta buona per veder sparire dagli scaffali delle librerie Barbara d’Urso e Bruno Vespa?

BlogNomos
SEGUICI ANCHE SU FACEBOOK

ECCO LA TOP 20 DEI MESTIERI ANTI CRISI.

20140411-065749.jpg

di Michele De Sanctis

Gli ultimi dati sulla disoccupazione sono stati uno shock: quella generale è quasi giunta al 13%, mentre quella giovanile si attesta intorno al 43%, così come quella femminile che supera abbondantemente il 40%, con punte drammatiche nel Meridione, dove si arriva a toccare il 60%. Per non parlare, poi, dei tanti precari, che, sì, un lavoro ce l’hanno ma vivono nella costante incertezza del futuro.
Tuttavia, tra lo sconcerto di questi dati drammatici, capita ancora di leggere notizie migliori, di quelle che ti fanno tirare un mezzo sospiro di sollievo e sperare nella ripresa che, come Godot, continua a non arrivare, rimandando sempre a domani.

20140411-065905.jpg

A diffondere un po’ di ottimismo, stavolta, è la CGIA, Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato. Sulla base dei dati forniti dalle Camere di Commercio, uno studio della CGIA di Mestre analizza, infatti, il trend di crescita delle principali attività di artigianato dal 2009 al 2013, stilando una graduatoria dei settori che, nonostante la congiuntura, sono in forte espansione.
Pizza al taglio, gastronomie, rosticcerie, friggitorie, addetti alle pulizie, estetiste, serramentisti, panettieri, ma anche giardinieri, gelatai e tatuatori: sono queste le principali attività artigianali che battono la crisi.

20140411-065952.jpg

In testa alla classifica, tra le attività che nel corso del 2013 hanno fatto registrare un maggior incremento %, i tatuatori e tutto l’artigianato del food, a partire da quello dei gelatai e dei maestri pasticceri, settore che già a Rimini, durante l’ultimo Sigep, il Salone Internazionale della Gelateria e della Pasticceria Artigianale, aveva fatto parlare di sé.

20140411-070136.jpg

Ma bene vanno anche le altre tipologie di imprese comprese nella top 20 dei mestieri anti crisi. Stando, infatti, ai risultati diffusi dall’associazione degli artigiani, nel 2013 le prime 20 attività artigianali in maggiore crescita hanno creato almeno 24 mila nuovi posti di lavoro. Il criterio di discrimine tra le professioni artigiane più performanti dello scorso anno si è basato in primis sull’ordinamento delle imprese artigiane in senso decrescente rispetto al tasso di crescita (rapporto % tra nuove iscrizioni effettuate nel corso dell’anno e numero di imprese attive), dato che fornisce una misura relativa di quanto le nuove attività pesino effettivamente sullo stock di imprese. In seconda istanza, sono state incluse nella graduatoria le attività che hanno registrato un congruo numero di iscrizioni di nuove attività nel 2013 (almeno 400), che da sole rappresentano oltre il 75% delle nuove iscrizioni di imprese. Sono state da ultimo escluse dalla graduatoria quelle attività che non consentivano una descrizione sufficientemente specifica della professione associata a causa della molteplicità di figure professionali di riferimento.

20140411-070205.jpg

Da questo studio è emerso che al secondo posto, dopo i tatuatori, (che hanno segnato la più marcata variazione positiva con un +442,8%), seguono i pasticceri, con +348%.
Tuttavia, la CGIA invita alla cautela nell’interpretazione di questi incrementi; molte delle categorie, infatti, sono composte da un numero di attività abbastanza contenuto, il che significa che bastano piccoli incrementi in termini assoluti per far aumentare a dismisura il dato percentuale.
Infine, ecco la top 20 dei mestieri che battono la crisi:
1. Preparazione di cibi da asporto (Pizza al taglio, gastronomie, rosticcerie, friggitorie ecc.)
2. Addetti alle pulizie generali di edifici
3. Estetisti
4. Serramentisti e montatori di mobili
5. Panettieri
6. Giardinieri
7. Gelatai
8. Intonacatori/stuccatori
9. Sartoria e confezione su misura di abbigliamento
10. Confezione in serie di abbigliamento.
11. Tassisti
12. Confezioni di accessori per l’abbigliamento
13. Fotografi/riprese video matrimoni/commerciali
14. Fabbricazione di borse, pelletteria e selleria
15. Attività di tatuaggio e piercing
16. Programmatori di software
17. Riparatori/manutentori di computer e periferiche
18. Trasporti NCC (servizi di noleggio con conducente)
19. Disegnatori grafici
20. Pasticceri.

20140411-070330.jpg

CLICCA QUI PER LEGGERE IL COMUNICATO STAMPA DELLA CGIA E VISUALIZZARE I DATI

Cautele a parte, io vorrei leggere analisi simili ogni giorno. 24 mila posti è un numero che, grosso modo, corrisponde a quello dei dipendenti FIAT in Italia, perciò evviva l’artigianato italiano: le nostre PMI che tengono nonostante tutto, che restano il cuore ancora pulsante della nostra economia.

BlogNomos
SEGUICI ANCHE SU FACEBOOK

Ogni anno l’Italia spende 8 miliardi (lo 0,52% del Pil) per la gestione di banconote e monete

20140407-061013.jpg

di Enrico Marro, pubblicato su Il Sole 24 Ore del 2 aprile 2014

L’Italia continua a essere uno dei Paesi occidentali più morbosamente legati al contante, come confermano diverse indagini dell’Abi. Ma quanto ci costa quest’atavico attaccamento al denaro “fisico” (senza toccare il tema evasione fiscale, che merita una trattazione a parte) rispetto all’uso della moneta elettronica o di plastica? Ci costa un sacco di soldi. A metterlo nero su bianco è uno studio della Banca d’Italia dedicato al costo sociale dei diversi strumenti di pagamento. Il risultato: nel nostro Paese all’utilizzo del denaro fisico sono riconducibili costi per circa 8 miliardi di euro, pari allo 0,52 per cento del Pil.

«Questo significa che spendiamo circa 200 euro a testa l’anno per pagare il personale, le perdite, i furti, le apparecchiature, il trasporto, la sicurezza, i magazzini, la vigilanza, le assicurazioni legate ai contanti», commenta Alessandro Onano, responsabile marketing di MoneyFarm. E si tratta di una percentuale superiore a quella della media europea, continua Bankitalia, dove per il contante si “brucia” lo 0,4% del Pil (contro lo 0,52% del Pil italiano).

Confrontando i tipi di operazione, il costo sociale del contante (0,33 euro) secondo lo studio di via Nazionale è ancora minore di quello delle carte di debito (0,74 euro) e di credito (1,91 euro). Ma attenzione: questo è principalmente dovuto al minore importo medio dei pagamenti in contati rispetto agli altri metodi. Se rapportato al valore medio dell’operazione, il contante risulta al contrario lo strumento più costoso (2%). «A ciò si aggiunge che la Banca d’Italia riconosce ogni anno 72mila banconote false (moltissime, considerando che in tutta Europa sono 387mila) e che il 40% delle rapine che si registrano in Europa sono messe a segno in Italia», spiega ancora Onano.

C’è poi il tema del costo industriale di fabbricazione delle micromonete, quelle da 1 e 2 centesimi di euro che spesso e volentieri si perdono, se va bene in portafogli e borsellini, se va male per strada. Ebbene: coniare una monetina da 1 centesimo ne costa 4,5, mentre per fabbricarne una da 2 centesimi si spendono 5,2 cent. Lo scorso autunno Sel ha addirittura presentato una mozione alla Camera sulla questione, calcolando che questo scherzetto dei costi di fabbricazione è costato all’Italia 188 milioni di euro in dieci anni.

Ma un campanello d’allarme è suonato anche a Bruxelles: la Commissione europea a suo tempo ha commissionato un sondaggio scoprendo che il 60% dei cittadini dell’eurozona trova difficoltà a usare le monete da 1 cent (per il conio da 2 centesimi è anche peggio: gli scontenti salgono al 69% del totale, forse perché perdere una moneta da 2 cent “costa” il doppio che perderne una da 1 cent). Tanto che la Commissione ha prodotto un lungo paper, destinato al Consiglio d’Europa e al Parlamento Ue, in cui si ipotizza nei minimi dettagli anche l’opzione del ritiro delle micromonete. Ma per ora non se ne è fatto niente. E l’odissea delle micromonete continua.

Fonte: Il Sole 24 Ore

SEGUICI ANCHE SU FACEBOOK

LICENZIATO? MI VENDO SU EBAY!

20140402-073830.jpg

di Michele De Sanctis

A proposito di fuga di cervelli, stavolta a metterne alla porta circa 400 è l’americana Micron, operativa in Italia da tre anni dopo l’acquisto di Numonyx, azienda fondata nel 2008 da St Microelectronics e Intel, con circa 1100 dipendenti in tutto il Paese. E parliamo di manodopera qualificata, 419 eccellenze della microelettronica che dal 7 aprile verranno allontanate per esuberi dalle sedi di Agrate, Vimercate, Avezzano, Arzano e Catania. Tra meno di una settimana, quindi, anche queste persone saranno in mezzo a una strada. lI sito produttivo più colpito dai tagli è quello milanese di Agrate: 223 ‘eccedenze’ su 507 addetti. Ma sorte simile toccherà pure a quello di Vimercate, mentre sono 17 quelli che verranno fatti fuori dallo stabilimento abruzzese di Avezzano, che conta 92 dipendenti. A Catania saranno in 127, su 324 impiegati, a restare a casa, ad Arzano 52 su 131.
Ma stavolta i lavoratori non ci stanno. E hanno deciso di ingaggiare una battaglia mediatica, sfruttando al massimo le risorse della rete: tra hashtag su Twitter, post su Facebook e foto, la vicenda sta diventando un caso nazionale. Anche (e soprattutto) perché negli anni scorsi la Micron ha ricevuto 150 milioni di euro di contributi pubblici per creare 1.500 posti di lavoro. E se la Fiat fa scuola tra le aziende più spregiudicate, allora si spera che i dipendenti Micron la facciano tra tutti i lavoratori. E si auspica che anche l’Unione Europea intervenga in merito al comportamento di certe aziende che con una mano racimolano denari pubblici e con l’altra tagliano o chiudono. Anche perché quei soldi non vengono mica restituiti.

20140402-074005.jpg

Forse non è ancora chiaro a chi sta nelle cosiddette ‘stanze dei bottoni’, ma i lavoratori italiani non sono burattini che possono essere presi e riposti in una cassa, perché non servono più. Adesso anche basta…È il caso, allora, di alzare la voce per farsi sentire meglio, proprio come stanno facendo queste persone. Noi, pertanto, riportiamo la notizia per contribuire, nel nostro piccolo, a diffondere ulteriormente la notizia, affinché più gente possibile sappia cosa sta accadendo alla Micron, a circa 400 lavoratori, che dopo la protesta sui social hanno ora deciso di mettersi letteralmente in vendita su eBay. Da eccellenze St a eccedenze Micron, recita così l’annuncio che accompagna l’asta dei 419 ingegneri, fisici e tecnici specializzati.
L’annuncio ritwittato con l’hashtag #casomicron, oltreché eBay e sui social, è stato altresì pubblicato su cartelloni sei per tre esposti in tutta Italia. Peraltro, su questi poster i lavoratori hanno chiesto a “perditempo e delocalizzatori di astenersi”. Forse perché è a causa di questo genere di persone che sono finiti all’asta?

20140402-074055.jpg

Intanto, ad Arzano, per tenere alta l’attenzione sulla loro vertenza, i lavoratori adottano anche sistemi di protesta più tradizionali, come il picchettaggio di ieri al Consiglio Regionale. Mentre già all’indomani dell’annuncio di un taglio del 50% del personale da parte della multinazionale americana in Italia, i dipendenti avevano proclamato una serie di scioperi e da ultimo redatto una lettera a Renzi.
Proprio ieri il premier è intervenuto sul tema del lavoro, dopo che l’Istat ha reso noto il picco del 13% che la disoccupazione ha fatto registrare a febbraio scorso. Renzi ha inoltre definito questi dati “sconvolgenti”. Occorre più flessibilità per risanare il mercato del lavoro. Così si sarebbe espresso. Di diverso avviso pare essere, invece, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, che ha parlato di flessibilità non utile e di un cambio necessario.
Nel frattempo il 7 aprile si avvicina. Facciamo girare questa notizia, condividiamola tutti sulle nostre bacheche. Noi stiamo con i lavoratori della Micron. E voi?

NEWS:
Il Fatto Quotidiano
RAI NEWS
Il Giorno
La Repubblica
Agrigento Notizie
Il Centro Quotidiano d’Abruzzo
Lettera43
Affari Italiani
ANSA ECONOMIA

20140402-074221.jpg

SEGUI BLOGNOMOS SU FACEBOOK

Business: ecco 3 trend da considerare

20140331-152304.jpg

Cosa c’è di nuovo nel mondo del business? Vediamo quali sono tre trend da tenere sotto osservazione.

1. Tecnonegozi
È tempo, anche in Italia, di “negozi aumentati”, cioè di punti vendita che arricchiscono l’esperienza di acquisto grazie alla tecnologia. Nello store Diesel di Milano c’è uno specchio speciale, che permette di vedersi anche da dietro. Da Pinko si posso ordinare su un touchscreen i prodotti che mancano in negozio. Queste tecnologie aumentano la propensione all’acquisto anche del 20% (studio Retail reloaded della Sda Bocconi).

2. Expo 2015
L’Expo 2015, che si terrà a Milano dal 1 maggio al 31 ottobre del prossimo anno, è alle porte. Il tema sarà “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”. Visibilità a tradizione, creatività, innovazione nel settore dell’alimentazione. Sulla kermesse, che promette di portare in Italia 20 milioni di persone, si moltiplicano eventi, iniziative, portale. Su Twitter è nato un hastag #expottimisti con tutti i motivi per cui l’Expo può essere un’opportunità. INFO: www.expo2015.org

3. Fai da te
Siamo sempre di più nell’era dei maker. Si diffondono le stampanti 3D e i siti che insegnano come usarle (www.stampalo3d.com). Cresce l’uso di robot da cucina per preparare in casa pane e dolci. Nel paniere degli italiani aumenta del 20% il consumo di caffè in cialde (dati Istat). E dall’anno prossimo potrebbero arrivare anche le cialde di Coca-Cola per produrre la bevanda in casa.

20140331-152523.jpg

L’articolo “Cosa sale e cosa scende nel mondo del business” di Lucia Ingrosso è pubblicato su Millionaire di marzo 2014.
Foto Ben Fredericson

Fonte: Millionaire

IL SEGRETO DEL ‘MIO’ SUCCESSO

Immagine

Introduzione e traduzione di Michele De Sanctis

 

Vi siete mai chiesti se esistano davvero delle differenze di comportamento tra quelli che hanno successo e chi non riesce a raggiungere i risultati sperati? Una risposta sul tema viene da Dave Kerpen, blogger e autore di best seller e CEO di Likeable Media, azienda specializzata in social media marketing, che, sul suo profilo LinkedIn, prova a confrontare chi sa ottenere il meglio dalle cose e chi non ce la fa.

Scopriamone alcune.

Immagine

Qualche settimana fa Dave ha ricevuto un’e-card dal CEO di Petra Coach, creatore di Align Software e membro della EO, Andy Bailey. Sebbene non l’avesse mai incontrato, la sua cartolina ha esercitato un certo effetto su Dave, rafforzando i valori in cui già credeva e ricordandogli quali siano gli atteggiamenti e le abitudini da sposare per avere successo.

Immagine

1. Abbracciare il cambiamento vs. la paura di cambiare

Abbracciare il cambiamento è una delle cose più complesse che una persona può fare. Con il mondo in rapido cambiamento e la tecnologia che si muove più celermente che mai, abbiamo bisogno di abbracciare le novità e capire come adattarci piuttosto che averne paura, negarle o nascondersi per non affrontarle.

Immagine

2. Desiderare il successo degli altri vs. sperare in segreto che falliscano

Quando sei in un’azienda e lavori in team, se vuoi avere successo, dovrà farcela anche il resto del gruppo. Dobbiamo desiderare che anche i nostri colleghi ottengano risultati e crescano. Se ti auguri il contrario, perché continui a lavorare con loro?

Immagine

 

3. Trasmettere gioia vs. trasmettere rabbia

Negli affari come nella vita, è sempre meglio essere felici e trasmettere quella gioia agli altri. E’ una cosa che diventa contagiosa e che incoraggia gli altri a fare lo stesso. Le persone più felici sono maggiormente orientate al conseguimento degli obiettivi e quindi al successo. Se nel team c’è una persona che trasmette rabbia, ciò semina stati d’animo simili, privando il gruppo della necessaria motivazione e raggiungendo scarsi successi.

Immagine

4. Prendersi le responsabilità dei propri fallimenti vs. incolpare gli altri delle proprie sconfitte.

Dopo ogni salita, c’è sempre una discesa. Essere un leader e, in generale, un uomo di successo significa dover prendersi la responsabilità dei propri fallimenti. Incolpare gli altri non serve a nulla: porta solo disagio in azienda e non ne verrà fuori nulla di buono.

Immagine

5. Parlare delle idee vs. sparlare delle persone

Cos’è che tutti abbiamo imparato ai tempi del liceo? Parlare male delle persone non porta da nessuna parte. E’ solo uno spreco di tempo. Avrà successo chi parlerà di idee, non chi passerà la sua giornata a sparlare degli altri. Condividere le proprie idee con il team gioverà a tutti.

Immagine

6. Condividere informazioni vs. tenere tutto per sé

Come abbiamo imparato all’asilo, condivisione è attenzione. Sui social media, in affari e nella vita per aver successo è importante condividere.

Se condividiamo con il gruppo le informazioni di cui siamo in possesso, sarà più facile coinvolgere gli altri in ciò che stiamo facendo e nel raggiungimento degli obiettivi. Al contrario, chi non sa farlo dimostrerà solo il suo egoismo e non sembrerà altro che una persona di strette vedute.

.Immagine

7. Fare piani e stabilire obiettivi vs. vivere senza sapere cosa fare

Come si può ottenere successo se non si sa dove andare? Le persone di successo progettano il loro futuro: cosa fare nelle loro giornate, negli anni, come muoversi per migliorare. Se vuoi fare come loro, scegli i tuoi obiettivi e scrivi un piano su come intendi raggiungerli.

Immagine

8. Mostrare gratitudine vs. disprezzare le persone e il mondo che ti circonda

Ogni momento di gratitudine trasforma la mia vita e mi rende più felice e di successo. Le persone a cui mostri gratitudine sono quelle che più contribuiscono alla buona riuscita del tuo business. Assicurati di mostrare gratitudine a tutti quelli con cui vieni in contatto.

La gratitudine è la chiave per avere successo negli affari, come nella vita.Immagine

 

 

 

 

I MERCANTI DEL TEMPO

20140327-111925.jpg

di Michele De Sanctis

C’era una volta una strana bambina che, scappata dall’orfanotrofio, era andata a vivere da sola tra le rovine di un anfiteatro di una grande città. Agli abitanti dei dintorni, che la guardavano incuriositi, diceva di chiamarsi Momo e di non conoscere la sua età. Subito dopo il suo arrivo, però, si era già conquistata la fiducia e la simpatia di tutti: chiunque avesse un problema andava da Momo che non dava consigli e non esprimeva opinioni. Semplicemente si limitava ad ascoltare l’interlocutore, che, da solo, trovava la risposta ai suoi quesiti. Era l’ascolto, che Momo offriva. Era il suo tempo. Un giorno, però, giunsero in città gli agenti della Cassa di Risparmio del Tempo, signori grigi che miravano ad impadronirsi del tempo degli uomini, indispensabile per la loro sopravvivenza. Al di là della storia, che in molti conoscono, il tema centrale del libro è quello del tempo, anzi, del modo in cui esso viene impiegato nella moderna società occidentale. Ed è del tempo che oggi voglio parlarvi. Del tempo, come bene economico.

20140327-111955.jpg

I signori grigi sono tra noi, siamo noi stessi, vivendo della frenesia contemporanea, a quel ritmo consumistico e compulsivo che Ende criticava, simbolicamente, nella storia di Momo. Il progresso tecnologico e produttivo ci ha, infatti, lasciato perdere di vista l’obiettivo della qualità della vita, del piacere di assaporare, nell’attimo, le piccole cose belle della vita. Se poi ai ritmi frenetici con cui ai tempi della crisi si rincorre la meta della competitività, aggiungiamo salari inadeguati, precarietà e, in generale, l’umana necessità di sopravvivere nelle jungle urbane del XXI secolo, il tempo da dedicare alla felicità è davvero poco, forse non ne abbiamo proprio. Ma c’è un modo per recuperare le ore perdute? In effetti, non sarebbe male se, ad un prezzo alla portata delle tasche di tutti, potessimo comprare il tempo che altrove ci viene sottratto.

20140327-112058.jpg

Anche il lavoro che svolgiamo è, in realtà, misurato in ore ed è per quelle ore lavorate che si percepisce un salario. Ma il tempo retribuito è tempo sottratto a noi stessi, alla nostra felicità personale. Comprare del tempo, pertanto, sarebbe come acquistare la possibilità di essere felici. Pensate se, ad esempio, una volta usciti dai vostri uffici, poteste passeggiare liberamente nel parco, scambiare quattro chiacchiere con i vostri amici davanti a un Apertas o a uno Spritz, piuttosto che andare alle poste e mettervi in fila per ore, dedicarvi alla cura della famiglia o a quei piccoli lavoretti che in ogni casa ci sono sempre da fare. Immaginate se ci fosse qualcuno disposto a farlo per voi a un prezzo forfettario. Qualcuno disposto a vendervi il proprio tempo. Sigori grigi, Momo è entrata nel mercato ed è disposta ad ascoltarvi, anzi, di più, a darvi una mano. E siccome è una lavoratrice autonoma, non vi chiederà altro che il giusto corrispettivo per ogni singola prestazione, come da tariffario. La sua è un’obbligazione di risultato.

20140327-112150.jpg

Ma a Momo conviene? Certo, perché se Momo lavora solo sei ore al giorno per dieci euro all’ora, ogni giorno avrà guadagnato 60 euro, se lo fa per cinque giornate lavorative a settimana arriverà a 1200 euro lordi in un mese, che è molto più di quanto avrebbe percepito restando per otto ore al giorno in un call center. Momo avrà ottenuto una mensilità dignitosa, ma, nel contempo, non avrà rinunciato alle sue ‘orefiori’. Ma anche il manager, l’impiegato e perfino la casalinga, che si sono avvantaggiati delle prestazioni offerte da Momo avranno guadagnato un’ora di vita al ragionevole prezzo di dieci euro. La segretaria che si è rivolta a Momo affinché questa si recasse al supermercato al posto suo, oggi è potuta andare alla recita dei suoi figli e quanto vale un’ora con vostro figlio? Dieci euro? O di più?

20140327-112300.jpg

La storia raccontata da Ende è qualcosa di più di una semplice fiaba, è un libro sul valore del tempo, il tempo da dedicare agli altri, a noi stessi, alle cose che ci fanno star bene e ai nostri pensieri. Ma se questo tempo viene sottratto da ritmi lavorativi sempre più frenetici, cercare di risparmiar tempo adesso, per essere felici poi, altro non fa che spegnere la vita, distruggendo così il tempo stesso. Diversamente, vivere consuma sì il tempo, ma ne conserva la qualità vitale. La fiaba di Ende racconta l’antico conflitto tra la vita e la morte in termini più sottili e moderni: a Momo, la bambina capace di ascoltare tanto da udire e fare udire le musiche, i silenzi e le avventure della vita interiore, si oppongono i signori grigi, nebbiosi, freddi e insinuanti che possono trasformare la vita in un vuoto insensato e ripetitivo e il cuore umano in un luogo sterile e chiassoso. Se non è possibile, al giorno d’oggi, opporsi a questi signori, possiamo, però, sconfiggerli, pur continuando a giocare alle loro regole, posto che riuscire a volare tra i petali e ridare agli uomini il tempo perduto è pressoché improbabile.

20140327-112429.jpg

Se, quindi, pensavate che l’unica cosa che il denaro non potesse comprare fosse proprio il tempo, vi sbagliavate. La mia non era solo teoria. C’è, infatti, gente che offre di ‘vendere’ il proprio tempo agli altri. La settimana tra scuola o lavoro, impegni vari, sport, imprevisti, hobby disparati si riempie subito e con molta facilità, tant’è che diventa praticamente impossibile realizzare tutto. Avremmo bisogno di un clone per farcela.

Pioniera in questa fetta di mercato finora ignorata è stata qualche anno fa una donna cinese, Chen Xiao, che, dopo aver perso il lavoro e aver sofferto per il terremoto del Sichuan, ha avuto l’idea di vendere il suo tempo alle altre persone. Molto semplicemente, ha iniziato a fare quello che gli altri le chiedevano, vendendo la propria vita secondo un tariffario ben preciso: otto minuti per un euro. Non parliamo di proposte indecenti o ai margini della legalità, ma di impegni quotidiani. Le richieste per Chen Xiao variavano dalla consegna di un libro a una persona che lo aveva dimenticato all’università, al portare un caffè, al ritirare lettere presso l’ufficio postale o altro. Sempre per conto di terzi. Vi dirò di più, la donna ha svolto anche occupazioni in cui davvero sembrava immedesimarsi nell’altra persona: leggere un libro, vedere un film, comunicare un messaggio, e così via. E ancora, richieste di andare a svegliare una persona ad una determinata ora, incoraggiare qualcuno, chiedere scusa a un altro. Il risultato? La sua idea non è andata per nulla male: nel primo mese accumulò una cifra che corrispondeva a circa 1250 euro. Aveva inventato un lavoro.

20140327-112648.jpg

Anche in Italia la crisi ha portato qualcuno a scoprirsi ‘tuttofare’, vendendo, appunto, il proprio tempo e riuscendo a sopravvivere alla disoccupazione. E’ solo di qualche mese fa la notizia di un meridionale trapiantato a Milano che per dieci euro all’ora si offriva di svolgere le nostre piccole e noiose commissioni quotidiane. Ed oggi è sempre più frequente trovare in rete annunci simili, provenienti da ogni regione.

A ciò si aggiungano, inoltre, le Banche del Tempo, associazioni no profit, nate in Gran Bretagna ed oggi molto diffuse anche da noi, che, in cambio di tempo e di un eventuale rimborso spese, offrono ai soci lezioni di cucina, di manutenzione casalinga, accompagnamenti e ospitalità, baby sitting, cura di piante e animali, scambio, prestito o baratto di attrezzature varie, ripetizioni scolastiche e italiano per stranieri. Anche il tempo dedicato all’organizzazione, all’accoglienza, e alle riunioni o feste viene in genere valutato come tempo scambiato e quindi accreditato o addebitato nel conto personale del socio. Il tempo viene, praticamente, ‘conferito’ nel patrimonio della Banca: ciascun socio, infatti, mette a disposizione qualche ora per dare ad un altro socio una certa competenza. Le “ore” date vengono “calcolate” e “accreditate” ovvero “addebitate” nella Banca. Può succedere, così, che non sia la stessa persona a “rimborsarle”, ma un’altra. Impropriamente, dunque, potremmo dire che il conferimento delle ore sostituisce quello dei beni nel capitale societario.

20140327-112818.jpg

Siete ancora sicuri che il tempo non sia un bene economico? Sebbene l’idea possa sembrarvi eccentrica e particolare, bisogna, però, pensare come il limite del tempo sia uno dei più grandi freni a cui è ancorato l’uomo dei nostri tempi. Negli ultimi anni il progresso ha fatto passi da gigante, ma nulla è ancora riuscito né a renderci immortali, né a permetterci di fare più cose contemporaneamente. La clonazione umana esiste solo nei film e, d’altra parte, il nostro cervello non è capace di gestire consciamente pensieri diversi nello stesso momento; oltretutto, è impossibile trovarsi fisicamente in posti diversi, la bilocazione appartiene ai santi, non agli uomini. Per giunta, sebbene da Adam Smith in poi nei processi produttivi sia divenuta prassi quella di suddividere un’operazione tra diversi individui, ognuno atto ad uno specifico compito, ciò, tuttavia, non è possibile per quanto riguarda strettamente la persona in sé: non possiamo domandare a qualcuno di imparare qualcosa per noi, come non possiamo chiedere che magari esca al posto nostro con i nostri amici. Questi soggetti, che ho chiamato ‘mercanti del tempo’, servono proprio a consentirci di fare ciò che non possiamo delegare ad altri: vivere. E noi stessi possiamo entrare in questo business. O, più modestamente, contribuire, su base volontaria, alla Banca del Tempo più vicina alla nostra comunità. Il nostro tempo ha un valore!

20140327-112936.jpg

Siete ancora scettici? Pensate che un’ora sola non basti? Ovviamente, questo dipende da voi. Di una cosa io sono certo: se il tempo è suscettibile di valutazione economica, il prezzo della felicità che deriverà da questo acquisto non è stimabile. La felicità appartiene, infatti, ad ognuno di noi ed è soltanto nostra, come nostra ne è la percezione. La felicità non ha prezzo perché è soggettiva (quanto effimera), perciò, se domani qualcuno suonerà al vostro campanello, proponendovi l’acquisto di un’ora di felicità, chiudetegli la porta in faccia: è soltanto un ciarlatano!

20140327-113124.jpg

SEGUI BLOGNOMOS SU FACEBOOK

Coltiva funghi dagli scarti del caffè: il business green di Daniele

20140317-060048.jpg

Fonte: Millionaire di Giancarlo Donadio

Produrre funghi dallo scarto del caffè. Questa l’idea sostenibile di una coppia lucana, Daniele Gioia e Annarita Marchionna:

I bar buttano via una quantità impressionante di fondi del caffè che possono anche essere usati come ammendanti (fertilizzanti che migliorano il suolo, ndr). Allora abbiamo fatto qualche esperimento per far crescere funghi. Ho frequentato la facoltà di agraria e sapevo come fare. Risultato: un prodotto che si cucina più facilmente, che dura nel tempo e dalle forti proprietà aromatiche» spiega Daniele.

Dopo la scoperta hanno iniziato le prime coltivazioni domestiche e a partecipare a competizioni del settore. Finalisti degli Oscar Green (la competizione per startup sostenibili promossa da Coldiretti, ndr) hanno ricevuto un finanziamento bancario di 50mila euro grazie all’aiuto di Coldiretti, affittato un capannone e sono partiti:

La nostra filiera è cortissima. Vendiamo a ristoranti che condividono la nostra filosofia del km zero. Oggi produciamo 800 chili al mese di alcune varietà di funghi (cardoncello, pennella, pioppino…) e li vendiamo a un prezzo che va dai 7 ai 10 euro al chilo.

20140317-060343.jpg

Il materiale lo recuperano da una quindicina di bar con cui hanno preso accordi:

Passiamo a prenderlo ogni due settimane per far partire la produzione nel capannone. Coltiviamo anche a campo aperto su tre ettari di terreno».

Ancora piccoli non hanno la forza di esportare il prodotto in altre regioni. Ci sarebbe poi il rischio di far perdere al fungo la sua freschezza. Allora Daniele si è inventato un modo originale per riuscirci:

Abbiamo ideato dei kit: chi li compra può, seguendo poche istruzioni, produrre funghi freschi a casa sua e mangiarli come se giungessero direttamente dai campi.

20140317-060517.jpg

Ai giovani che vogliono avvicinarsi alla campagna Daniele consiglia di: scegliere coltivazioni di nicchia. Mantenere una filiera corta senza fare il passo più lungo della gamba. I risultati ci sono anche perché la qualità ti permette di aumentare i prezzi. Poi tanta passione: l’agricoltura non deve essere un ripiego, ma una scelta sentita. Per ultimo prepararsi alle tante sfide e difficoltà (burocrazia, reperimento fondi, promozione…). Ce ne saranno tante e bisognerà saperle affrontare.

Info: http://www.recofunghi.com/

LA RIPRESINA…

20140312-125846.jpg