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LA BLACKLIST DEI MESTIERI MESSI A RISCHIO DALL’ABBANDONO DELLA CARTA.

Riprendiamo oggi uno studio di cui vi abbiamo già parlato in precedenza, per approfondirne alcuni aspetti. Le nuove tecnologie stanno influenzando il nostro stile di vita. E il lavoro. Il progressivo abbandono della carta, in particolare, avrà nei prossimi anni degli effetti fino a ieri inimmaginabili.

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di Michele De Sanctis

La dematerializzazione dei documenti cartacei inizia a produrre i suoi effetti. Le conseguenze, se da un lato hanno un impatto ambientale minimo, in ordine a uno sviluppo sostenibile ed ecologicamente orientato, grazie soprattutto al supporto che la tecnologia è in grado di offrirci, dall’altro hanno un impatto pesante e sicuramente più preoccupante da un punto di vista sociale e, in particolar modo, lavorativo. Secondo il rapporto 2014 di Careercast, infatti, tutti i mestieri collegati alla carta saranno destinati ad estinguersi entro dieci anni. Postini, tipografi, taglialegna e giornalisti: sono tutti lavori che subiranno una certa influenza dalla rivoluzione in atto.

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Lo studio di Careercast ha preso in considerazione 200 tra mestieri e professioni legati al cartaceo utilizzando i dati del Bureau of Labor Statistics. In fondo alla classifica troviamo il portalettere, la cui quotidiana funzione, con l’uso sempre più diffuso delle email verrà progressivamente a venir meno. Resterà la consegna dei pacchi a domicilio, mentre per la raccomandate esistono già protocolli informatici che sostituiscono la valenza giuridica della ricevuta di ritorno, nel caso italiano la posta elettronica certificata. Ricordiamo, peraltro, che già da un anno, per l’esattezza dal primo luglio 2013, da noi vige l’obbligo per le comunicazioni tra PA e tra PA e aziende di utilizzare la PEC e che dallo scorso 6 giugno, sempre per le PA, è stato introdotto anche l’obbligo di fatturazione elettronica, altro documento che non sarà più necessario spedire, potendo essere, invece, inserito in un’apposita piattaforma, a seconda dell’Amministrazione competente.

Secondo Careercast, invece, se la caveranno bene tutte le professioni che hanno a che fare con numeri e statistiche. È evidente che alcuni tra i lavori peggiori di oggi sono gli stessi destinati all’estinzione, appunto perché l’offerta di quel tipo di impieghi inizia a scendere, parimenti alle relative condizioni economiche e – spiace dirlo – lavorative, a fronte di una diminuita domanda del mercato di quel tipo di prodotti.

Bene, secondo Careercast, anche i professori universitari, che insieme ai matematici, agli statistici e agli attuariali vengono considerati come i più “resistenti” al processo di dematerializzazione.

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Contestualmente si stima, tuttavia, un calo del 13% nelle assunzioni di reporter nei giornali entro il 2022 – il che non dovrebbe stupire nessuno, visto il profondo stato di crisi in cui versa tutto il settore della carta stampata da che è nato il concetto di “giornale online” e si sono diffusi blog di attualità. La reazione a catena include calo degli abbonamenti, contrazione dei ricavi da pubblicità e quindi redazioni al minimo. Il caso de L’Unità qui in Italia è solo un esempio tra molti sulla scena internazionale. Indipendentemente dalla connotazione politica che vuol darsi a questa vicenda, in tale discorso, purtroppo, contano i numeri, la pubblicità. I soldi. Non le idee. Perché se vogliamo parlare di quelle…la mia è che la notizia di una testata che smette di diffondere la sua voce è di per sé triste. È il pluralismo congenito alla democrazia che viene a mancare: è un lutto civico.

Ma tornando alla nostra classifica, dopo il postino, tra i mestieri più a rischio si evidenziano anche i mestieri di agricoltore, lettore di centralina, agente di viaggio, assistente di volo, tipografo ed esaminatore e taglialegna. Il rapporto, tuttavia, a fronte di questi lavori in via estinzione, stima un equilibrato ricambio con nuove ed efficienti figure professionali 3.0.

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È una rivoluzione copernicana questa, che sicuramente influenzerà i nostri stili di vita e la nostra vecchia visione del mondo, la cui valutazione oggettiva (positiva o negativa) sarà, però, possibile solo quando diverrà realmente effettiva. Da cliente Amazon e Kobo, quindi da lettore di ebook, e da assiduo frequentatore di librerie, voglio, tuttavia, sostenere fin da adesso che, a mio avviso, il piacere di entrare in libreria ed acquistare un libro, la sensualità che offre l’atto di sfogliare un volume intonso, quello di toccare la carta fresca di stampa e affondare il naso tra le pagine di un libro, respirandone l’odore della carta, della colla e dell’inchiostro, sono esperienze insostituibili, a cui mi rifiuto di rinunciare. Per cui, ben vengano le nuove professioni 3.0, le mail, i tablet e gli ebook reader (sui quali è possibile leggere in formato ePub e PDF anche quelle opere che per ragioni commerciali non sono state più ristampate o quei brillanti autori emergenti che incontrano non poche difficoltà a farsi conoscere dal grande pubblico) e ben venga, soprattutto, lo sviluppo ecosostenibile, ma il mio personale auspicio è che, almeno in campo editoriale, ci venga lasciata la facoltà di scelta. L’auspicio è che quello del libraio non sia un mestiere destinato a sparire. Come faremmo senza il nostro pusher di sogni? Senza il nostro rifornitore abituale di cultura? E se ai sogni aggiungo la parola cultura è perché spero che neppure il libro scientifico debba essere costretto a trasformarsi in un codice binario. Non vorrei veder chiudere le librerie universitarie per nulla al mondo. Passare il dito su un ebook non è come evidenziare una parola e glossare un testo non sarà mai paragonabile ad una nota interattiva. In fondo, lo sviluppo di internet e delle nuove tecnologiche ha ulteriormente agevolato il calo dei lettori: oggi si vuole tutto e subito e bastano i titoli dei post nella home di Facebook per farsi un’idea del mondo. Per cui, se è vero che noi consumatori di libri siamo sempre meno (spero non destinati all’estinzione), che impatto potremmo avere sull’ambiente, se poi la carta può anche essere riciclata?

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IL TUO PROSSIMO LIBRO? TE LO FINANZIA IL LETTORE.

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di Michele De Sanctis

Il crowdfunding è una particolare forma di finanziamento collettivo, una sorta di micro-finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. Il crowdfunding, che spesso è utilizzato per promuovere innovazione e cambiamento sociale dal basso, abbattendo, cioè, le barriere tradizionali dell’investimento finanziario, può essere utilizzato per iniziative di qualsiasi genere: dal giornalismo partecipativo all’imprenditoria innovativa ed alla ricerca scientifica, dall’aiuto in occasione di tragedie umanitarie, fino al sostegno all’arte e ai beni culturali. In questo processo, la rete gioca un ruolo da centravanti. In particolare per ciò che concerne il finanziamento di un particolare settore commerciale, l’editoria, dove il web sta mettendo in atto una vera e propria rivoluzione culturale. Se, infatti, una volta il primo approccio con il libro avveniva direttamente in libreria, oggi il lettore può, invece, partecipare attivamente alla fase di realizzazione dello stesso, fino al punto di ricevere indietro la cifra sborsata, qualora non venisse raggiunto l’obiettivo finale: la pubblicazione. È questo il crowdfunding del libro. Ad essere messi in vendita, dunque, non sono i tradizionali volumi di carta, recapitati a casa nostra dal corriere espresso entro 48 ore dall’acquisto, né il download di un e-pub o di un PDF, bensì le parole, l’anteprima di un libro e la scommessa sul suo successo.

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Nel nostro Paese è BookAbook la prima piattaforma dedicata alla raccolta di denaro online per il finanziamento di opere letterarie. Nato sulla scorta del modello del britannico Unbound e dello statunitense Pubslush, BookAbook è una creazione degli imprenditori digitali Emanuela Furiosi e Tomaso Greco, che, in collaborazione con gli agenti letterari Claire Sabatié-Garat e Marco Vigevani, responsabili dei contenuti letterari, hanno dato il via a questa interessante startup made in Italy.

Chiunque può sottoporre il proprio progetto editoriale allo staff di Bookabook, sia che si tratti di esordienti che di autori affermati: se selezionato, il progetto entra a far parte delle tre campagne mensili proposte dalla piattaforma. Per finanziare le opere, invece, basta collegarsi al portale e scegliere tra le tre offerte mensili di titoli proposti. Una volta individuato il titolo si può accedere gratuitamente all’anteprima, e qualora fossimo interessati alla trama, possiamo avanzare la nostra offerta. La base minima per partecipare ammonta a tre euro e il contest dura trenta giorni. Se si raggiunge un plafond minimo, questo coprirà i costi di realizzazione e il libro potrà essere pubblicato.

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La piattaforma contiene, inoltre, uno spazio dedicato al dialogo tra autore e lettori/finanziatori, dove potersi confrontare direttamente, così come ricevere informazioni sul making of dei testi ed interagire con altri lettori.
Se non fosse per l’oggetto del contendere, perciò, non si tratterebbe d’altro che di una classica piattaforma di crowdfunding e di finanziamento dal basso, sulla fiducia. La novità di Bookabook, però, è che per la prima volta in Italia il prodotto su cui scommettere è un libro. La filosofia alla base di Bookabook è quella di realizzare un modello economico partecipato nel settore dell’editoria, così come già sperimentato in altri segmenti di mercato, evitando il confronto con gli operatori del settore come editori, librerie e catene di distribuzione.

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La prima proposta di BookAbook è stata ‘Solovki’, un giallo di Claudio Giunta, docente presso l’Università di Trento e già autore di saggi accademici, ma esordiente nel campo della narrativa, seguita dalla campagna per la produzione de ‘Gli scaduti’, progetto firmato dalla scrittrice Lidia Ravera.

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Nel corso del 2013 l’editoria tradizionale ha perso, rispetto all’anno precedente, il 9% dei lettori. Tuttavia, per quanto il mercato elettronico sia ancora piccolo, nel 2013 i lettori di e-book sono aumentati del 17% rispetto all’anno precedente. Complici di questa crescita sono stati sia lo strumento di lettura sia i prezzi dei titoli: il costo medio (dati 2013 al netto di IVA) di un libro cartaceo è di 17,31 euro mentre quello di un titolo digitale è di 8,63.
Non è possibile per adesso una previsione sul successo dell’iniziativa, che, nelle intenzioni dei suoi startupper, è destinata a cambiare il tradizionale rapporto tra autori e lettori, rivoluzionando il modo di leggere, ma, se la pubblicazione collettiva può servire ad alterare i tradizionali equilibri dell’editoria e a far emergere nuovi talenti, c’è da augurarsi che la fortuna di questa piattaforma vada ben oltre le loro speranze. Sebbene, infatti, nessun ruolo sia previsto per gli editori e benché BookAbook non sia un loro concorrente, gli utenti della community, che sono i soli a veder pubblicato in anteprima il libro, potrebbero diventare per gli editori stessi un pubblico-campione ai fini della verifica circa l’accoglienza di un libro, dunque offrendo loro un servizio, che, in ultima istanza, avrebbe il giusto potenziale per incrementare le vendite e, nel contempo, la qualità dell’offerta editoriale. Che sia la volta buona per veder sparire dagli scaffali delle librerie Barbara d’Urso e Bruno Vespa?

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