Archivi categoria: attualità

METTI LO SCRITTORE IN VETRINA.

20140407-064519.jpg

di Michele De Sanctis

Salvo qualche eccezione, la crisi colpisce tutti i settori. In particolare, quelli che già soffrivano prima dell’anno fatale per l’economia, il 2008. L’editoria, ad esempio, tenta nuove strade per non sparire del tutto, in un Paese, come l’Italia, dove, peraltro s’è sempre speso poco in libreria. E se, da un lato, grazie alla diffusione degli ebook, l’autopubblicazione consente ad eccellenti (ma sconosciuti) scrittori di pubblicare le proprie opere, è, altresì, vero che i ricavi sono abbastanza miseri. In Italia, ovviamente. All’estero le cose vanno diversamente e fanno fortuna anche quelli che propongono un genere ‘commerciale’, ma di scarso interesse culturale. Le famose ’50 sfumature di grigio’, ad esempio, sono inizialmente state autopubblicate. A mio avviso, se ne poteva anche fare a meno. Ma, si sa, ciò che vende in libreria, non è esattamente ciò che vale.
Tuttavia, ci sono anche strade alternative alla rete. L’operazione di marketing di cui vi parlo è quella messa in atto da una libreria di Piacenza. Si tratta della Libreria Fahrenheit 451, che, col cambio di sede, ha avuto la disponibilità di un’ampia vetrina, sfruttata in maniera non convenzionale.
Infatti, lo scorso 29 marzo, Sonia Galli, titolare del negozio, ha invitato lo scrittore Gabriele Dadati per presentare il suo nuovo libro, intitolato ‘Per rivedere te’, Barney edizioni, ma la novità è stata che Dadati ha parlato della sua opera, passando il pomeriggio in “esposizione”. Dalle 16 alle 19.
È stato, così, ricostruito un vecchio studio da scrittore in vetrina, da cui l’autore ha coinvolto i passanti, che, incuriositi, entravano nel negozio. All’interno dello studio, è stato, poi, offerto a ognuno un bicchiere di vino bianco delle valli piacentine oppure una tisana con biscotti provenienti da un vicino negozio di commercio equosolidale e, spontaneamente, sono state poste domande sul libro.

20140407-064102.jpg

Per chi vuol fare lo scrittore, oggi è davvero difficile: concorsi, internet, autopromozione spesso non bastano. L’iniziativa di questa libreria piacentina è, quindi, davvero utile per i giovani scrittori e per tutti gli aspiranti romanzieri e saggisti, che, diversamente, non potrebbero così facilmente trovare una platea di estranei, con cui confrontarsi in maniera oggettiva e soprattutto faccia a faccia.

SEGUICI ANCHE SU FACEBOOK .

LICENZIATO? MI VENDO SU EBAY!

20140402-073830.jpg

di Michele De Sanctis

A proposito di fuga di cervelli, stavolta a metterne alla porta circa 400 è l’americana Micron, operativa in Italia da tre anni dopo l’acquisto di Numonyx, azienda fondata nel 2008 da St Microelectronics e Intel, con circa 1100 dipendenti in tutto il Paese. E parliamo di manodopera qualificata, 419 eccellenze della microelettronica che dal 7 aprile verranno allontanate per esuberi dalle sedi di Agrate, Vimercate, Avezzano, Arzano e Catania. Tra meno di una settimana, quindi, anche queste persone saranno in mezzo a una strada. lI sito produttivo più colpito dai tagli è quello milanese di Agrate: 223 ‘eccedenze’ su 507 addetti. Ma sorte simile toccherà pure a quello di Vimercate, mentre sono 17 quelli che verranno fatti fuori dallo stabilimento abruzzese di Avezzano, che conta 92 dipendenti. A Catania saranno in 127, su 324 impiegati, a restare a casa, ad Arzano 52 su 131.
Ma stavolta i lavoratori non ci stanno. E hanno deciso di ingaggiare una battaglia mediatica, sfruttando al massimo le risorse della rete: tra hashtag su Twitter, post su Facebook e foto, la vicenda sta diventando un caso nazionale. Anche (e soprattutto) perché negli anni scorsi la Micron ha ricevuto 150 milioni di euro di contributi pubblici per creare 1.500 posti di lavoro. E se la Fiat fa scuola tra le aziende più spregiudicate, allora si spera che i dipendenti Micron la facciano tra tutti i lavoratori. E si auspica che anche l’Unione Europea intervenga in merito al comportamento di certe aziende che con una mano racimolano denari pubblici e con l’altra tagliano o chiudono. Anche perché quei soldi non vengono mica restituiti.

20140402-074005.jpg

Forse non è ancora chiaro a chi sta nelle cosiddette ‘stanze dei bottoni’, ma i lavoratori italiani non sono burattini che possono essere presi e riposti in una cassa, perché non servono più. Adesso anche basta…È il caso, allora, di alzare la voce per farsi sentire meglio, proprio come stanno facendo queste persone. Noi, pertanto, riportiamo la notizia per contribuire, nel nostro piccolo, a diffondere ulteriormente la notizia, affinché più gente possibile sappia cosa sta accadendo alla Micron, a circa 400 lavoratori, che dopo la protesta sui social hanno ora deciso di mettersi letteralmente in vendita su eBay. Da eccellenze St a eccedenze Micron, recita così l’annuncio che accompagna l’asta dei 419 ingegneri, fisici e tecnici specializzati.
L’annuncio ritwittato con l’hashtag #casomicron, oltreché eBay e sui social, è stato altresì pubblicato su cartelloni sei per tre esposti in tutta Italia. Peraltro, su questi poster i lavoratori hanno chiesto a “perditempo e delocalizzatori di astenersi”. Forse perché è a causa di questo genere di persone che sono finiti all’asta?

20140402-074055.jpg

Intanto, ad Arzano, per tenere alta l’attenzione sulla loro vertenza, i lavoratori adottano anche sistemi di protesta più tradizionali, come il picchettaggio di ieri al Consiglio Regionale. Mentre già all’indomani dell’annuncio di un taglio del 50% del personale da parte della multinazionale americana in Italia, i dipendenti avevano proclamato una serie di scioperi e da ultimo redatto una lettera a Renzi.
Proprio ieri il premier è intervenuto sul tema del lavoro, dopo che l’Istat ha reso noto il picco del 13% che la disoccupazione ha fatto registrare a febbraio scorso. Renzi ha inoltre definito questi dati “sconvolgenti”. Occorre più flessibilità per risanare il mercato del lavoro. Così si sarebbe espresso. Di diverso avviso pare essere, invece, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, che ha parlato di flessibilità non utile e di un cambio necessario.
Nel frattempo il 7 aprile si avvicina. Facciamo girare questa notizia, condividiamola tutti sulle nostre bacheche. Noi stiamo con i lavoratori della Micron. E voi?

NEWS:
Il Fatto Quotidiano
RAI NEWS
Il Giorno
La Repubblica
Agrigento Notizie
Il Centro Quotidiano d’Abruzzo
Lettera43
Affari Italiani
ANSA ECONOMIA

20140402-074221.jpg

SEGUI BLOGNOMOS SU FACEBOOK

LEZIONI DI TOLLERANZA ALL’UNIVERSITÀ.

20140401-080420.jpg

Una ‘queer week’. Sarà questo il progetto che un gruppo autonomo di studenti e studentesse (alcuni dei quali già attivisti nel collettivo post-femminista “Laboratorio Le Antigoni” e nel collettivo LGBT “La Mala Educacion”) ha in programma di organizzare presso l’Università d’Annunzio di Chieti-Pescara.

20140401-064841.jpg

Il programma sarà intitolato “Primavera Queer” e in Abruzzo sarà la prima iniziativa di approfondimento sugli studi di genere e la Queer Theory, ancora poco conosciuta in Italia, ma molto diffusa nel mondo anglosassone. L’obiettivo sarà quello di dare una risposta a certe domande che per molti italiani costituiscono ancora un tabù. Quando nasce l’omosessualità? E l’identità eterosessuale? Cosa sono il ruoli di genere? Chi sono le persone intersessuali e transessuali? Qual è la differenza tra sesso e genere? Quali solo le origini delle categorie oppositive uomo-donna, eterosessuale-omosessuale?

20140401-064937.jpg

L’approccio sarà multidisciplinare, passando dalla psicologia alla medicina fino ad approdare alla linguistica e alla sociologia. Dal 5 al 9 maggio 2014, con una giornata introduttiva il 28 aprile 2014, docenti, autori e autrici, noti anche a livello internazionale, si alterneranno in una sei giorni di seminari di approfondimento e laboratori pratici. Interverranno personalità del mondo accademico come Marco Pustianaz (Università del Piemonte Orientale), Laura Corradi (Università di Cosenza) e Rachele Borghi (della Sorbonne di Parigi), oltreché individualità e collettivi provenienti dalla militanza LGBTQ come Renato Busarello del Laboratorio ‘Smaschieramenti’, noto collettivo queer bolognese, Porpora Marcasciano del MIT (Movimento di Identità Transessuale) e BellaQueer di Perugia. Gli ospiti si alterneranno all’interno del campus di Chieti Scalo, tra il Rettorato e gli spazi dell’ex Facoltà di Lettere per analizzare alla radice le cause culturali e sociali delle discriminazioni e delle violenze di genere.

20140401-131422.jpg

La “Primavera Queer” sarà soprattutto un momento di autoformazione: un’occasione di incontro e discussione rivolto a tutti gli studenti e le studentesse dell’università.
Il progetto, presentato al bando 2013/2014 per le attività sociali e culturali degli studenti dell’Università d’Annunzio, è stato selezionato e finanziato tra tanti altri.

20140401-131117.jpg

Oggi, martedì 1 aprile, dalle ore 10:30, presso il piazzale della ex Facoltà di Lettere, è stata convocata una conferenza stampa durante la quale sarà illustrato il programma dettagliato dell’evento e saranno date ulteriori informazioni.

20140401-065051.jpg

Noi di BlogNomos diffondiamo con piacere questa notizia, nella speranza che iniziative di questo tipo vengano presto assunte anche in altre realtà accademiche, convinti che un’informazione sana e consapevole possa portare al definitivo superamento della paura del ‘diverso’ che isola ingiustamente una larga fetta di popolazione e giunge alla negazione di taluni diritti civili che, sebbene scontati all’interno delle famiglie tradizionali, restano ancora la meta da raggiungere in ambito LGBTQ. Il che inevitabilmente allontana il nostro bel Paese dall’Europa e dall’occidente più evoluto, avvicinandoci, peraltro, alla Russia di Putin e a certe realtà dove l’omosessualità è ancora un reato. Perché indifferenza, negazione e silenzio costituiscono, comunque, una condanna che la società infligge in virtù del ‘peccato originale’ di essere omosessuale.

Andrea Serpieri per

BlogNomos

20140401-065154.jpg

SEGUI BLOGNOMOS SU FACEBOOK

‘PANE IN ATTESA’: LA SOLIDARIETÀ PARTE DAL SUD.

20140331-144810.jpg

di Michele De Sanctis

E’ partita da Messina, per il tramite della Onlus Invisibili, l’iniziativa ‘Pane in attesa’. Così, come con il tradizionale ‘caffè pagato’ tipico della tradizione partenopea, al panettiere si lascia un’offerta, anche di pochi centesimi, ma, a differenza del ‘caffè sospeso’, sono solo le persone in difficoltà, già segnalate dall’associazione promotrice dell’iniziativa umanitaria e munite di uno speciale tesserino, a poter ritirare dal fornaio un sacchetto con cinque panini. La scelta di ricorrere a criteri rigidi come la segnalazione da parte della Onlus e la consegna di un tesserino identificativo risponde a un’evidente esigenza di controllo, affinché ad usufruire di quest’iniziativa sia soltanto chi ha davvero bisogno.

20140331-144931.jpg

Nel decalogo presentato da Invisibili Onlus si legge che l’offerta per il pane sospeso è libera: anche un solo panino sarà accettato. Quando un cliente metterà in attesa il pane i soldi dovranno essere messi in un apposito contenitore. Quando si preparerà il sacchetto, con 5 panini, si prenderanno i soldi dal contenitore. Se i soldi non bastano per coprire la spesa di cinque panini si aspetterà di avere la somma necessaria. Il sacchetto con il pane dovrà essere messo dentro la cesta in modo da poter essere visto da chi dovrà ritirare il pane. La cesta dovrà avere un cartello con la scritta ‘Pane in attesa’. Quando un sacchetto verrà ritirato si dovrà battere il relativo scontrino fiscale e un altro sacchetto verrà messo nella cesta per rimpiazzarlo. Il pane verrà ritirato da chi esibirà il tesserino del progetto ‘Pane in attesa’. Se le somme donate in un giorno non verranno spese per il pane di quella giornata, perché non ci saranno abbastanza ritiri, potranno essere utilizzate per pagare il pane dei giorni successivi.
La catena della solidarietà, vista la buona riuscita in Sicilia, sarà probabilmente esportata anche nelle Marche e nel Lazio. Mentre a Napoli il pane sospeso si è già affiancato al caffè pagato, secondo le medesime regole: dopo aver comprato il pane si può, infatti, decidere di acquistarne altro per i più bisognosi.
Qualunque sia la regola adottata, si spera che l’iniziativa venga replicata anche in altre città.

20140331-145028.jpg

SEGUI BLOGNOMOS SU FACEBOOK

Disabili discriminati sul lavoro, Italia a rischio condanna da parte dell’Ue

20140331-173104.jpg

Dopo il pronunciamento della Corte di giustizia del luglio 2013, la Commissione ritiene che la legge del nostro Paese non si sia adeguata in modo sufficiente alla sentenza. Nel caso l’esecutivo di Bruxelles confermi questo vuoto normativo, si profila la possibilità di multe e del deferimento per violazione dei trattati.

BRUXELLES – L’Italia rischia sanzioni di carattere economico e un ulteriore deferimento alla Corte di giustizia europea per la mancata applicazione di una sentenza della stessa Corte sulla parità di trattamento dei disabili sul lavoro. A paventare la possibilità di multe per il nostro paese e di deferimento per violazione dei trattati sono state fonti interne alla Commissione europea: l’Esecutivo di Bruxelles sta, infatti, valutando l’adeguamento della legislazione italiana alla direttiva 2000/78/CE in merito alla non discriminazione delle persone con disabilità sul lavoro, dopo che la Corte di giustizia Ue aveva condannato l’Italia nel luglio 2013.

La Corte: “Le misure adottate dalla legge italiana non sono organiche”. Il nostro paese aveva recepito la direttiva col decreto legislativo 216 del 9 luglio 2003, ma il massimo organo giuridico europeo non ha ritenuto questa legge sufficiente e ha chiesto all’Italia, in particolare, di recepire meglio l’articolo 5 della direttiva, che riguarda le soluzioni e gli adattamenti ragionevoli che il datore di lavoro deve mettere in atto per favorire l’inserimento delle persone disabili. La Corte ha altresì rilevato che le misure per l’impiego di persone con disabilità sono spesso lasciate alla discrezione delle autorità locali e non sono adottate in maniera organica. Infine, è stato segnalato anche il mancato accesso a un’adeguata formazione lavorativa per le persone disabili. L’Italia, in risposta alla sentenza del luglio 2013, ha adottato la legge 99 del 9 agosto 2013, che la Commissione sta ora valutando e che – se troverà di nuovo insufficiente – porterà a un secondo deferimento dell’Italia e al rischio di sanzioni economiche.

La battaglia di Lorenzo Torto. A portare il nostro paese sul banco degli imputati è stato un ventiseienne paraplegico abruzzese, Lorenzo Torto, che nel marzo 2013 ha presentato una petizione al Parlamento Ue per chiedere che il governo accelerasse il percorso per garantire a tutti i disabili un accesso al lavoro dignitoso. Torto è tornato ieri di nuovo di fronte alla commissione Petizioni dell’Europarlamento dove ha sostenuto che l’Italia non si stia muovendo abbastanza velocemente ed efficacemente su questo fronte. Al punto che Ilaria Brazzoduro, della direzione generale Giustizia della Commissione europea, non ha escluso la possibilità di una multa per il nostro paese, una volta terminati gli accertamenti di Bruxelles.

Sollecitazione a Renzi e Poletti per una soluzione rapida del problema. “Sono convinto che avremo un altro deferimento e un’altra sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia – ha commentato Torto – perché la legge adottata dall’Italia per recepire la direttiva affronta solo alcuni problemi minimi. Tengo ha sottolineare che questa battaglia non èsolo per me, ma per tutte le persone con disabilità”. La presidente della Commissione Petizioni del Parlamento Ue, l’eurodeputata Erminia Mazzoni, ha detto che nei prossimi giorni scriverà una lettera al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, perché considerino della massima priorità l’adeguamento dell’ordinamento italiano alla legislazione europea in materia di occupazione per le persone disabili.

Fonte: INAIL

20140331-140218.jpg

Business: ecco 3 trend da considerare

20140331-152304.jpg

Cosa c’è di nuovo nel mondo del business? Vediamo quali sono tre trend da tenere sotto osservazione.

1. Tecnonegozi
È tempo, anche in Italia, di “negozi aumentati”, cioè di punti vendita che arricchiscono l’esperienza di acquisto grazie alla tecnologia. Nello store Diesel di Milano c’è uno specchio speciale, che permette di vedersi anche da dietro. Da Pinko si posso ordinare su un touchscreen i prodotti che mancano in negozio. Queste tecnologie aumentano la propensione all’acquisto anche del 20% (studio Retail reloaded della Sda Bocconi).

2. Expo 2015
L’Expo 2015, che si terrà a Milano dal 1 maggio al 31 ottobre del prossimo anno, è alle porte. Il tema sarà “Nutrire il Pianeta, energia per la vita”. Visibilità a tradizione, creatività, innovazione nel settore dell’alimentazione. Sulla kermesse, che promette di portare in Italia 20 milioni di persone, si moltiplicano eventi, iniziative, portale. Su Twitter è nato un hastag #expottimisti con tutti i motivi per cui l’Expo può essere un’opportunità. INFO: www.expo2015.org

3. Fai da te
Siamo sempre di più nell’era dei maker. Si diffondono le stampanti 3D e i siti che insegnano come usarle (www.stampalo3d.com). Cresce l’uso di robot da cucina per preparare in casa pane e dolci. Nel paniere degli italiani aumenta del 20% il consumo di caffè in cialde (dati Istat). E dall’anno prossimo potrebbero arrivare anche le cialde di Coca-Cola per produrre la bevanda in casa.

20140331-152523.jpg

L’articolo “Cosa sale e cosa scende nel mondo del business” di Lucia Ingrosso è pubblicato su Millionaire di marzo 2014.
Foto Ben Fredericson

Fonte: Millionaire

“Vi racconto il mio laboratorio artigiano e come ho detto basta alla disoccupazione”

20140328-065349.jpg

Fonte: La Repubblica Next – La Repubblica degli innovatori del 26 marzo 2014

Dalla mancanza del lavoro ad un lavoro costruito su misura. Silvia Berra ha puntato sulla sua impresa artigiana basata sul riciclo creativo. “Vivo del principio delle 3r: riduci, riusa, ricicla. Così stimoliamo la creatività, recuperiamo la tradizione artigiana e portiamo innovazione nelle nostre case”
di GIAMPAOLO COLLETTI
@gpcolletti

Cerchioni di bicicletta e coltelli diventano lampadari da tavola, assi di legno e vasetti degli omogeneizzati si trasformano in mensole portaspezie. Il laboratorio di Silvia è un mondo affascinante, un luogo colorato, unico. E poi gli oggetti che realizza da zero sono all’insegna della competa sostenibilità ambientale, tutti frutto di un processo di riciclo e riuso.

Il suo è un laboratorio creativo con sede a Busto Garolfo, nella provincia milanese. Ha deciso di puntarci tutto dopo un periodo di disoccupazione. “Non sono capace di stare ad attendere gli eventi, mi piace crearli, far si che le cose accadano. E questa convinzione è stata il punto di partenza”. Per Silvia un vecchio oggetto può essere reinterpretato, può avere un nuovo utilizzo, può essere reinventato, invece che semplicemente buttato.
Il concetto di recupero è alla base del lavoro di Silvia. Si potrebbe dire che è parte stessa delle scelte di vita di Silvia, che ha deciso di non arrendersi e di darsi da fare. “Mesi e mesi a cercare un’occupazione, ma le risposte erano sempre vicino allo zero. Ma non mi sono fatta demoralizzare dalle situazioni, anzi ho preso il toro per le corna e ho pensato a come occupare le mie giornate”. Anche Silvia sarà protagonista al Next, la Repubblica degli Innovatori sabato 29 marzo al Teatro Piccolo di Milano.

Silvia, come sono le giornate alla ricerca del lavoro?
“Cercare un lavoro è un lavoro. Sempre connessa ad Internet per cercare nuove inserzioni, personalizzare il curriculum vitae per mettere in risalto competenze in linea con la figura ricercata, il passaparola tra amici e conoscenti. Ma è un “lavoro” che non da alcuna soddisfazione. Dalle aziende non arrivano risposte, e non esiste neanche più il classico le faccio sapere. È frustrante”.

Di cosa hai avuto più paura nel periodo di disoccupazione?
“La fiducia in se stessi è la prima conquista da maturare. Credere nelle proprie capacità è fondamentale. Poi è molto importante pianificare l’obiettivo, renderlo raggiungibile. Essere creativi anche nelle strategie per perseguirlo. Le competenze maturate come psicologa del lavoro mi hanno aiutato molto in questo percorso. Non ho avuto paura, perché mi piacciono le sfide e sono una persona determinata”.

Quanto hanno contato gli amici o la famiglia, il nuovo welfare sostitutivo anche legato agli affetti?
“Amici e famiglia mi sono stati utili per un confronto, sono ottime fonti di informazione sui nostri interessi, sul puntualizzare le nostre peculiarità e punti di miglioramento, ed infatti mi hanno aiutato a vedere da altri punti di vista le tappe da percorrere, a cogliere idee o critiche e ristrutturarle in linea all’obiettivo, alla propria mission”.

Quali sono gli oggetti che meriterebbero di essere acquistati nel tuo laboratorio?
“Tutti, perché ogni oggetto ha una sua storia, ha un suo passato e ha ritrovato un suo futuro grazie alla creatività, alla manualità ed all’artigianalità di ciascuno di noi. In questo periodo stanno andando tanto le bomboniere create per ogni occasione, rigorosamente con il principio delle 3r: riduci, riusa, ricicla”.

Cosa ti rende davvero soddisfatta?
“Certamente il fatto che anche la creatività anche dei nostri clienti viene stimolata. Ci portano vecchi oggetti, accatastati a prendere polvere in qualche soffitta, e ci chiedono di darne un nuovo utilizzo. Per esempio in questi giorni sto lavorando su un vecchio bidet in latta che diventerà un piccolo giardino zen. O ancora una struttura in ferro tutta arrugginita delle vecchie toilette che diventerà una fioriera. Di oggetti ce ne sono davvero tanti nel mio laboratorio. E io cerco di accontentare tutti i gusti e tutte le esigenze: il riciclo creativo è un piacere, stimola la creatività, recupera la tradizione artigiana, porta innovazione nelle nostre case”.

Oggi nel tuo laboratorio ospiti tanti giovani. Perché?
“Credo tantissimo nelle collaborazioni, nel team, nel gruppo. Fare network porta all’impresa un set di conoscenze, di esperienze, di interessi molto diversi. E questo diventa il valore aggiunto di Laboratorio Creativo: ospita tante creazioni diverse, da spazio alla creatività in ogni sua forma, fa conoscere il piacere del riciclo e del riuso, esalta l’artigianalità, il made in Italy”.

Un consiglio ai giovanissimi per diventare davvero “nexter”, ovvero innovatori del proprio tempo?
“Consiglio di essere sempre curiosi ed intraprendenti, di coltivare la propria passione con coerenza, di fare le cose che si hanno in mente, di puntare sulle idee nelle quali si crede. Essere coerenti è un’ottima “arma di persuasione” verso se stessi: aiuta a credere in ciò che vogliamo ottenere, accresce la nostra autostima, rende concreti i piccoli passi che ci portano verso la meta che ci siamo prefissati”.

I MERCANTI DEL TEMPO

20140327-111925.jpg

di Michele De Sanctis

C’era una volta una strana bambina che, scappata dall’orfanotrofio, era andata a vivere da sola tra le rovine di un anfiteatro di una grande città. Agli abitanti dei dintorni, che la guardavano incuriositi, diceva di chiamarsi Momo e di non conoscere la sua età. Subito dopo il suo arrivo, però, si era già conquistata la fiducia e la simpatia di tutti: chiunque avesse un problema andava da Momo che non dava consigli e non esprimeva opinioni. Semplicemente si limitava ad ascoltare l’interlocutore, che, da solo, trovava la risposta ai suoi quesiti. Era l’ascolto, che Momo offriva. Era il suo tempo. Un giorno, però, giunsero in città gli agenti della Cassa di Risparmio del Tempo, signori grigi che miravano ad impadronirsi del tempo degli uomini, indispensabile per la loro sopravvivenza. Al di là della storia, che in molti conoscono, il tema centrale del libro è quello del tempo, anzi, del modo in cui esso viene impiegato nella moderna società occidentale. Ed è del tempo che oggi voglio parlarvi. Del tempo, come bene economico.

20140327-111955.jpg

I signori grigi sono tra noi, siamo noi stessi, vivendo della frenesia contemporanea, a quel ritmo consumistico e compulsivo che Ende criticava, simbolicamente, nella storia di Momo. Il progresso tecnologico e produttivo ci ha, infatti, lasciato perdere di vista l’obiettivo della qualità della vita, del piacere di assaporare, nell’attimo, le piccole cose belle della vita. Se poi ai ritmi frenetici con cui ai tempi della crisi si rincorre la meta della competitività, aggiungiamo salari inadeguati, precarietà e, in generale, l’umana necessità di sopravvivere nelle jungle urbane del XXI secolo, il tempo da dedicare alla felicità è davvero poco, forse non ne abbiamo proprio. Ma c’è un modo per recuperare le ore perdute? In effetti, non sarebbe male se, ad un prezzo alla portata delle tasche di tutti, potessimo comprare il tempo che altrove ci viene sottratto.

20140327-112058.jpg

Anche il lavoro che svolgiamo è, in realtà, misurato in ore ed è per quelle ore lavorate che si percepisce un salario. Ma il tempo retribuito è tempo sottratto a noi stessi, alla nostra felicità personale. Comprare del tempo, pertanto, sarebbe come acquistare la possibilità di essere felici. Pensate se, ad esempio, una volta usciti dai vostri uffici, poteste passeggiare liberamente nel parco, scambiare quattro chiacchiere con i vostri amici davanti a un Apertas o a uno Spritz, piuttosto che andare alle poste e mettervi in fila per ore, dedicarvi alla cura della famiglia o a quei piccoli lavoretti che in ogni casa ci sono sempre da fare. Immaginate se ci fosse qualcuno disposto a farlo per voi a un prezzo forfettario. Qualcuno disposto a vendervi il proprio tempo. Sigori grigi, Momo è entrata nel mercato ed è disposta ad ascoltarvi, anzi, di più, a darvi una mano. E siccome è una lavoratrice autonoma, non vi chiederà altro che il giusto corrispettivo per ogni singola prestazione, come da tariffario. La sua è un’obbligazione di risultato.

20140327-112150.jpg

Ma a Momo conviene? Certo, perché se Momo lavora solo sei ore al giorno per dieci euro all’ora, ogni giorno avrà guadagnato 60 euro, se lo fa per cinque giornate lavorative a settimana arriverà a 1200 euro lordi in un mese, che è molto più di quanto avrebbe percepito restando per otto ore al giorno in un call center. Momo avrà ottenuto una mensilità dignitosa, ma, nel contempo, non avrà rinunciato alle sue ‘orefiori’. Ma anche il manager, l’impiegato e perfino la casalinga, che si sono avvantaggiati delle prestazioni offerte da Momo avranno guadagnato un’ora di vita al ragionevole prezzo di dieci euro. La segretaria che si è rivolta a Momo affinché questa si recasse al supermercato al posto suo, oggi è potuta andare alla recita dei suoi figli e quanto vale un’ora con vostro figlio? Dieci euro? O di più?

20140327-112300.jpg

La storia raccontata da Ende è qualcosa di più di una semplice fiaba, è un libro sul valore del tempo, il tempo da dedicare agli altri, a noi stessi, alle cose che ci fanno star bene e ai nostri pensieri. Ma se questo tempo viene sottratto da ritmi lavorativi sempre più frenetici, cercare di risparmiar tempo adesso, per essere felici poi, altro non fa che spegnere la vita, distruggendo così il tempo stesso. Diversamente, vivere consuma sì il tempo, ma ne conserva la qualità vitale. La fiaba di Ende racconta l’antico conflitto tra la vita e la morte in termini più sottili e moderni: a Momo, la bambina capace di ascoltare tanto da udire e fare udire le musiche, i silenzi e le avventure della vita interiore, si oppongono i signori grigi, nebbiosi, freddi e insinuanti che possono trasformare la vita in un vuoto insensato e ripetitivo e il cuore umano in un luogo sterile e chiassoso. Se non è possibile, al giorno d’oggi, opporsi a questi signori, possiamo, però, sconfiggerli, pur continuando a giocare alle loro regole, posto che riuscire a volare tra i petali e ridare agli uomini il tempo perduto è pressoché improbabile.

20140327-112429.jpg

Se, quindi, pensavate che l’unica cosa che il denaro non potesse comprare fosse proprio il tempo, vi sbagliavate. La mia non era solo teoria. C’è, infatti, gente che offre di ‘vendere’ il proprio tempo agli altri. La settimana tra scuola o lavoro, impegni vari, sport, imprevisti, hobby disparati si riempie subito e con molta facilità, tant’è che diventa praticamente impossibile realizzare tutto. Avremmo bisogno di un clone per farcela.

Pioniera in questa fetta di mercato finora ignorata è stata qualche anno fa una donna cinese, Chen Xiao, che, dopo aver perso il lavoro e aver sofferto per il terremoto del Sichuan, ha avuto l’idea di vendere il suo tempo alle altre persone. Molto semplicemente, ha iniziato a fare quello che gli altri le chiedevano, vendendo la propria vita secondo un tariffario ben preciso: otto minuti per un euro. Non parliamo di proposte indecenti o ai margini della legalità, ma di impegni quotidiani. Le richieste per Chen Xiao variavano dalla consegna di un libro a una persona che lo aveva dimenticato all’università, al portare un caffè, al ritirare lettere presso l’ufficio postale o altro. Sempre per conto di terzi. Vi dirò di più, la donna ha svolto anche occupazioni in cui davvero sembrava immedesimarsi nell’altra persona: leggere un libro, vedere un film, comunicare un messaggio, e così via. E ancora, richieste di andare a svegliare una persona ad una determinata ora, incoraggiare qualcuno, chiedere scusa a un altro. Il risultato? La sua idea non è andata per nulla male: nel primo mese accumulò una cifra che corrispondeva a circa 1250 euro. Aveva inventato un lavoro.

20140327-112648.jpg

Anche in Italia la crisi ha portato qualcuno a scoprirsi ‘tuttofare’, vendendo, appunto, il proprio tempo e riuscendo a sopravvivere alla disoccupazione. E’ solo di qualche mese fa la notizia di un meridionale trapiantato a Milano che per dieci euro all’ora si offriva di svolgere le nostre piccole e noiose commissioni quotidiane. Ed oggi è sempre più frequente trovare in rete annunci simili, provenienti da ogni regione.

A ciò si aggiungano, inoltre, le Banche del Tempo, associazioni no profit, nate in Gran Bretagna ed oggi molto diffuse anche da noi, che, in cambio di tempo e di un eventuale rimborso spese, offrono ai soci lezioni di cucina, di manutenzione casalinga, accompagnamenti e ospitalità, baby sitting, cura di piante e animali, scambio, prestito o baratto di attrezzature varie, ripetizioni scolastiche e italiano per stranieri. Anche il tempo dedicato all’organizzazione, all’accoglienza, e alle riunioni o feste viene in genere valutato come tempo scambiato e quindi accreditato o addebitato nel conto personale del socio. Il tempo viene, praticamente, ‘conferito’ nel patrimonio della Banca: ciascun socio, infatti, mette a disposizione qualche ora per dare ad un altro socio una certa competenza. Le “ore” date vengono “calcolate” e “accreditate” ovvero “addebitate” nella Banca. Può succedere, così, che non sia la stessa persona a “rimborsarle”, ma un’altra. Impropriamente, dunque, potremmo dire che il conferimento delle ore sostituisce quello dei beni nel capitale societario.

20140327-112818.jpg

Siete ancora sicuri che il tempo non sia un bene economico? Sebbene l’idea possa sembrarvi eccentrica e particolare, bisogna, però, pensare come il limite del tempo sia uno dei più grandi freni a cui è ancorato l’uomo dei nostri tempi. Negli ultimi anni il progresso ha fatto passi da gigante, ma nulla è ancora riuscito né a renderci immortali, né a permetterci di fare più cose contemporaneamente. La clonazione umana esiste solo nei film e, d’altra parte, il nostro cervello non è capace di gestire consciamente pensieri diversi nello stesso momento; oltretutto, è impossibile trovarsi fisicamente in posti diversi, la bilocazione appartiene ai santi, non agli uomini. Per giunta, sebbene da Adam Smith in poi nei processi produttivi sia divenuta prassi quella di suddividere un’operazione tra diversi individui, ognuno atto ad uno specifico compito, ciò, tuttavia, non è possibile per quanto riguarda strettamente la persona in sé: non possiamo domandare a qualcuno di imparare qualcosa per noi, come non possiamo chiedere che magari esca al posto nostro con i nostri amici. Questi soggetti, che ho chiamato ‘mercanti del tempo’, servono proprio a consentirci di fare ciò che non possiamo delegare ad altri: vivere. E noi stessi possiamo entrare in questo business. O, più modestamente, contribuire, su base volontaria, alla Banca del Tempo più vicina alla nostra comunità. Il nostro tempo ha un valore!

20140327-112936.jpg

Siete ancora scettici? Pensate che un’ora sola non basti? Ovviamente, questo dipende da voi. Di una cosa io sono certo: se il tempo è suscettibile di valutazione economica, il prezzo della felicità che deriverà da questo acquisto non è stimabile. La felicità appartiene, infatti, ad ognuno di noi ed è soltanto nostra, come nostra ne è la percezione. La felicità non ha prezzo perché è soggettiva (quanto effimera), perciò, se domani qualcuno suonerà al vostro campanello, proponendovi l’acquisto di un’ora di felicità, chiudetegli la porta in faccia: è soltanto un ciarlatano!

20140327-113124.jpg

SEGUI BLOGNOMOS SU FACEBOOK

Cottarelli: tagli alle invalidità civili

Immagine

 

di Michele De Sanctis

«Se sarà necessario non è da escludere una mobilitazione nazionale, tale da esprimere, con tutta la forza possibile, la disperazione che tali misure generano in una già grave situazione per le persone con disabilità e le loro famiglie». 
La società civile all’attacco del piano Cottarelli. Queste sono state, infatti, le prime dichiarazioni a caldo rilasciate da Pietro Barbieri e Giovanni Pagano, presidenti rispettivamente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e della FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), le due organizzazioni che rappresentano la quasi totalità delle Associazioni impegnate sul fronte della disabilità, dopo la diffusione delle Proposte di revisione della spesa pubblica, elaborate da Carlo Cottarelli, commissario straordinario per la Spending Review, fra le cui ipotesi sono contemplati anche alcuni interventi sulla spesa per le invalidità civili «particolarmente preoccupanti».

Parliamo di 500 euro per 12 mensilità che l’INPS corrisponde, spesso dopo mesi di attesa, a famiglie sull’orlo della disperazione, che si trovano in casa una persona non più autosufficiente, gravemente malata e che necessita di un accudimento costante. Accudimento, rispetto al quale quel misero forfait è poco o nulla, tant’è che spesso non è neanche sufficiente a coprire quanto previsto dal contratto nazionale delle collaboratrici familiari e le famiglie si ritrovano costrette a ricorrere al lavoro nero o a dichiarare nel contratto con la badante un numero di ore di assistenza inferiori a quelle effettivamente prestate. Ad ogni buon conto, la stretta sulle pensioni di invalidità e accompagnamento si aggira intorno ai 30.000 euro individuali e ai 45.000 euro di reddito familiare: oltre questa soglia di reddito le stesse potrebbero essere negate.

«Le nostre Federazioni – dichiarano i Presidenti di FISH e FAND – rigettano ogni ipotesi di intervento sulle uniche provvidenze certe a favore delle gravi disabilità e intendono intervenire in tutte le sedi istituzionali, senza escludere il ricorso a una mobilitazione nazionale, per contrastare questa previsione».

La principale critica mossa ai rilievi di Cottarelli è quella circa la rilevata disomogeneità del territorio che non corrisponderebbe alla distribuzione demografica dei disabili; sul punto, le associazioni fanno notare che il «Commissario non ha incrociato i dati con la spesa per i non autosufficienti in quelle stesse Regioni». Diversamente, avrebbe scoperto che, «laddove le Regioni (esempio Calabria) spendono pochissimo per i disabili gravi, il numero delle indennità di accompagnamento lievita proporzionalmente. E soprattutto non ha presente i tagli massicci che la spesa sociale ha subito nell’ultimo decennio che spingono gli stessi Comuni a consigliare i propri cittadini ad avviare le procedure di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento».

E’ come dire che, dove ci sono più servizi a livello locale, meno si ricorre al parastato che, nelle realtà prive di assistenza alla persona a livello sanitario, quindi regionale, viene visto come l’ultima (e forse la sola) spiaggia, cui far ricorso per chiedere un aiuto.

Il cuore della questione è quindi il grafico, presentato da Cottarelli, che visualizza la distribuzione territoriale delle prestazioni di indennità di accompagnamento, dimostrandone lo squilibrio interregionale: i numeri, riferiti solo alle persone con 65 e più anni, evidenziano che per 100 prestazioni di accompagnamento riconosciute in Piemonte (regione con il numero più basso) ce ne sono oltre 200 in Calabria (regione con il numero più alto) e picchi evidenti anche in Campania, Umbria e Sardegna, seguite da Puglia e Sicilia. All’estremo opposto, con il Piemonte, anche Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana. Le altre, chi più chi meno, nel mezzo. “Tale andamento – scrive la FISH – dimostra sicuramente una differente distribuzione territoriale delle prestazioni di indennità di accompagnamento, ma nulla ci dice rispetto alle motivazioni che potrebbero stare alla base degli squilibri evidenziati”.

Immagine

 

«Il documento del Commissario Straordinario – dichiarano Barbieri e Pagano – ripropone vetuste e discutibili proiezioni, evidenziando come in alcune Regioni vi siano percentuali maggiori di indennità di accompagnamento rispetto ad altre. Abusi, quindi, che sarebbero dimostrati appunto dai “picchi territoriali” e da un aumento della spesa non dimostrata da “flussi demografici”. Ma, come appena evidenziato, è “piuttosto semplicistico” affermare che il maggior numero di indennità di accompagnamento concesse in alcune regioni rispetto ad altre derivi da una serie di “abusi” che andrebbero contrastati. Lo si legge anche su una fonte autorevole in questo campo come Superabile, il portale che INAIL ha dedicato alle tematiche della disabilità. E’, perciò, diventata una guerra di numeri quella che in queste ore vede contrapposti da un lato chi spinge per una stretta sulle pensioni di invalidità e sulle indennità di accompagnamento e dall’altro chi invece quegli stessi interventi vorrebbe evitarli.

La FISH sul suo portale Condicio.it critica aspramente questi dati apparentemente incomprensibili e incontrovertibili rispondendo con altri numeri e tabelle, usando elaborazioni ISTAT che provano a dare una spiegazione al fenomeno, rilevato da supercommissario. Senza mancare di far notare che le indennità di accompagnamento sono concesse soprattutto agli ultra65enni (a loro va il 73% del totale, dati Istat al 1° gennaio 2012) e che la stessa presenza di “picchi territoriali” risulta alquanto strana sia in considerazione del ruolo che, nella validazione dei verbali di invalidità, hanno i medici INPS (che agiscono secondo criteri omogenei in tutta Italia), e sia considerando il fatto che fra il 2009 e il 2014 oltre un milione di posizioni è stato sottoposto a controllo. Evidente il riferimento alle azioni contro i cosiddetti “falsi invalidi”, da sempre criticate dalla Fish per gli scarsi risultati raggiunti. Lo stesso neo Presidente dell’Istituto di previdenza sociale, Vittorio Conti, ha, peraltro, ribadito che i controlli contro i falsi invalidi sono già stati fatti e che, comunque, se davvero si volessero ottenere tagli consistenti, occorrerebbe abbassare ancora di più la soglia degli aventi diritto all’indennità di accompagnamento. 

Immagine

 

Come dire che il programmato taglio non sarebbe, evidentemente, sufficiente. La sperequazione a livello regionale tra aree virtuose e meno, d’altro canto, ne risulterebbe incrementata, con il solo risultato che i disabili residenti in quelle zone prive di una sanità pubblica efficiente resterebbero di fatto senza una tutela garantita, peraltro, dalla Costituzione. Secondo chi scrive, c’è poi da considerare un ultimo aspetto: discriminare la concessione dell’accompagnamento con una simile soglia di reddito, non porterebbe questo beneficio a perdere la sua natura previdenziale, divenendo quasi un contributo assistenziale per disabili non abbienti? Previdenza e assistenza: sono concetti di legislazione sociale su cui si basa la differenza di taluni interventi che il nostro stato sociale ha previsto in situazioni diverse di bisogno. E mi viene anche un sospetto, a breve si tornerà a parlare di assoggettamento a IRPEF delle pensioni di invalidità civile? Questa spending che è stata presentata come la cura che ci salverà dalla lunga malattia che avvilisce la nostra economia, necesssaria per finanziare le promesse riforme del jobs act, millantato dal premier col fare di un teleimbonitore che illustra le caratteristiche del prodotto del giorno, mi sembra una specie di ‘fake’. E alla fine mi resta un dubbio: era così indispensabile colpire di nuovo questa categoria di soggetti, che è già stata nel mirino di tutti gli ultimi governi?

Turchia, luna calante su Twitter

20140321-111812.jpg

Fonte: Osservatorio Balcani e Caucaso

La Turchia ha bloccato giovedì sera l’accesso a Twitter. Solo poche ore prima, il premier Recep Tayyip Erdoğan aveva pronunciato in un comizio elettorale a Bursa – in vista delle ormai prossime amministrative – parole minacciose verso il social network: “Elimineremo Twitter e simili alla radice. Non m’interessa quello che potrà dire comunità internazionale”.
La “misura di protezione” invocata da Erdoğan è stata quindi subito adottata dalle autorità giudiziarie turche che hanno chiuso l’accesso a Twitter tramite DNS di default in Turchia.
Twitter in Turchia ha avuto un particolare ruolo durante le proteste di Gezi Park del giugno scorso. In quel periodo si è visto crescere il numero di utenti attivi fino a oltre 9,5 milioni.
La rabbia del premier contro Twitter, ha origine dalle proteste di Gezi Park ma ora Erdoğan si è scagliato anche contro i falsi profili Twitter che sarebbero stati creati negli ultimi mesi per prendere di mira il governo, con intenti a suo avviso “manipolativi”.
Immediata la reazione del popolo di Twitter che ha cercato di ripristinare il servizio, tentando di aggirare il blocco modificando i DNS.
Suggerimenti per aggirare il blocco attraverso il semplice espediente di passare a server DNS esterni alla Turchia sono addirittura apparsi con scritte spray sui cartelloni pubblicitari esposti per la campagna elettorale delle amministrative.

20140321-112239.jpg