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Pillole di Jobs Act. L’apprendistato.

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di Germano De Sanctis

La finalità dell’intervento riformatore in materia di apprendistato.

Nel corso del Consiglio dei Ministri del 12 marzo scorso, il Governo ha varato il tanto atteso provvedimento in materia di riforma del lavoro, meglio conosciuto come Jobs Act. Come è noto, si tratta della combinata emanazione di un decreto legge e di un disegno di legge delega.

In particolare, il decreto legge interviene anche sul contratto di apprendistato, con l’intento di attenuare le rigidità introdotte all’istituto dell’apprendistato dalla Legge. n. 92/2012 (c.d “Riforma Fornero”), le quali lo hanno reso meno facilmente utilizzabile rispetto alla sua originaria formulazione contenuta nel D.Lgs. n. 167/2011 (c.d. “Testo Unico dell’Apprendistato”).

Lo scorso 15 marzo, le anticipazioni governative sull’apprendistato, divulgate subito dopo il Consiglio dei Ministri del 12 marzo scorso, sono state oggetto di un comunicato del Ministero del Lavoro, il quale ha ulteriormente specificato alcuni passaggi che sono risultati essere particolarmente controversi.

L’abrogazione dell’obbligo della forma scritta per il piano formativo.

Il decreto legge prevede l’abrogazione della necessità di redigere in forma scritta il piano formativo individuale. La forma scritta permane esclusivamente per il contratto di apprendistato tout court e per il patto di prova.

L’abrogazione dell’obbligo di forma scritta per il piano formativo individuale rischia di snaturare il rapporto di apprendistato stesso, in quanto una sua assenza potrebbe comportare una più facile elusione del suo momento formativo.

L’abrogazione della quota percentuale di apprendisti da stabilizzare.

Inoltre, è prevista l’abrogazione dell’art. 2, commi 2-bis e 2-ter, D.Lgs. n. 167/2011, introdotti dalla Legge n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero), con la conseguenza che vengono eliminate le previsioni normative, in virtù delle quali l’assunzione di nuovi apprendisti è condizionata alla conferma in servizio di una ben determinata quota percentuale di precedenti apprendisti al termine del loro percorso formativo (fissata al 30% fino al 2015, per, poi, salire al 50%).

Tale previsione normativa non è stata coordinata con la disciplina di settore prevista dalla contrattazione collettiva, la quale non risulta essere minimamente condizionata dalla novella in questione. In altri termini, fin quando permarranno i vincoli di stabilizzazione contenuti nei contratti collettivi, tale norma rischia di rimanere una mera affermazione di principio.

Gli interventi in materia di apprendistato di primo livello.

Il decreto legge interviene anche in materia di apprendistato di primo livello, cioè quella forma di apprendistato finalizzata al conseguimento di un diploma o di una qualifica.

Infatti, in vista dell’ormai prossima sperimentazione biennale (anni 2013-2015) dell’apprendistato a scuola contenuto nel c.d. “Decreto Carrozza”, è stata prevista una norma a favore delle imprese, la quale stabilisce che la parte di retribuzione dell’apprendista concernente le ore di formazione, debba essere pari al 35% della retribuzione del livello di inquadramento.

Gli interventi in materia di apprendistato di secondo livello.

Per quanto concerne l’apprendistato di secondo livello, il decreto legge elimina l’obbligo in capo al datore di lavoro dintegrare la formazione professionalizzante, con la formazione trasversale e di base contenuta nell’offerta formativa pubblica, diventando quest’ultima un mero elemento discrezionale.

Di conseguenza, scompare l’obbligatorietà, per il datore di lavoro, di assicurare all’apprendista di secondo livello una formazione «pubblica» avente carattere trasversale e di base, ovvero di garantirgli la frequenza dei corsi regionali, qualora essi risultino istituiti, oppure di organizzarglieli ad hoc. L’immediata conseguenza di tale previsione normativa consisterà nel fatto che la formazione trasversale e di base, perdendo la sua natura obbligatoria, smetterà di essere oggetto di sanzioni cospicue (anche in termini di contributi versati).

Tale eliminazione dell’obbligatorietà della formazione pubblica può creare seri problemi con l’Unione Europea, atteso che l’apprendistato gode di sgravi contributivi proprio in virtù della sua valenza formativa. In altri termini, rendere la formazione pubblica soltanto eventuale comporta il rischio fondato che i predetti sgravi siano ritenuti dall’Unione Europea non più giustificabili, alla luce della vigente normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

COCA COLA FORMA E RECLUTA ASPIRANTI MANAGER

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Sei giovane, laureato, ambizioso e in cerca di lavoro? Non vuoi accettare provvigioni, contratti part-time, lavori a chiamata o stage che non coprono neppure le spese per la benzina? Allora questa potrebbe essere l’occasione giusta per te. Coca Cola cerca il management di domani.

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Management Trainee Program è un programma della durata di 10 settimane che prevede due settimane di formazione in aula con esperti dell’area commerciale del gruppo Coca-Cola HBC e due mesi di lavoro sul territorio nazionale (Trento, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Roma e Napoli). I partecipanti verranno inseriti all’interno di tre rami aziendali: vendita, distribuzione e comunicazione. I migliori avranno un contratto formativo con Coca-Cola Hellenic, la società svizzera licenziataria del marchio The Coca-Cola Company per la produzione e la distribuzione nel mercato europeo.
Questi i requisiti necessari: il candidato ideale deve essere giovane, laureato (laurea triennale e master oppure laurea magistrale) con brillante curriculum accademico e deve conoscere la lingua inglese; deve, inoltre, essere disponibile alla mobilità su tutto il territorio nazionale, possedere ottime doti di leadership e comunicazione e passione per il settore commerciale nonché orientamento al risultato.

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Puoi proporre la tua candidatura sul sito dell’azienda (sezione Lavoro e Carriere), registrandoti e inviando il tuo curriculum. Hai tempo fino al 28 marzo.
Il progetto è stato sperimentato per la prima volta nel 2012 e Coca-Cola HBC ha fatto sapere di 65 casi di inserimento immediato nel mondo del lavoro. È un’opportunità di formazione presso uno dei più importanti brand del mondo, per avere una chance di inserimento nel mercato del lavoro e tentare la strada del successo. In bocca al lupo!

MDS

Fonte: Management Trainee Program Spring Edition 2014

Education and Training 2020.

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di Michele De Sanctis

Tra gli obiettivi di medio e lungo periodo del nostro Paese c’è quello del programma Education and Training 2020. Si tratta di una strategia di cooperazione europea che fissa il programma di lavoro degli Stati membri per il decennio 2011-2020. ET 2020 definisce gli obiettivi strategici condivisi, oltreché un insieme di principi e di metodi di lavoro comuni che fissano le priorità per ogni ciclo di lavoro, come la cooperazione tra Stati membri nell’ambito dell’apprendimento permanente, che deve fare proprio il metodo di coordinamento aperto (MCA /OMC – Open Method of Cooperation), la cooperazione intersettoriale, trasparente e concreta, risultati diffusi e periodicamente rivisti, massima compatibilità con i processi di Bologna e di Copenhagen, rafforzamento della cooperazione con i Paesi terzi e le Organizzazioni Internazionali. Gli obiettivi fissati sono:
1) fare in modo che l’apprendimento permanente e la mobilità divengano una realtà;
2) migliorare la qualità e l’efficacia dell’istruzione e della formazione;
3) promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva;
4) incoraggiare la creatività e l’innovazione, compresa l’imprenditorialità, a tutti i livelli, dell’istruzione e della formazione.
L’Italia è oggi al diciassettesimo posto nella graduatoria dei 27 Paesi dell’Unione Europea, quindi ancora lontano dal traguardo da raggiungere. Questo scenario rappresenta nel contempo una sfida e un’opportunità non indifferente per il rilancio della concertazione di politiche attive del lavoro e della formazione, che dovrebbe essere basata su una chiara visione strategica del Governo e da più efficaci politiche formative regionali e territoriali, sul ritorno ad un apporto significativo delle parti sociali, ma soprattutto sul contributo originale e innovativo del sistema di istruzione e di quello della formazione professionale.
ET 2020 è un obiettivo irrinunciabile, perché le dinamiche del mercato del lavoro sono una vera e propria emergenza sociale. Anche dinanzi al critico scenario che oggi offre il Paese rispetto a tali tematiche.
Per far fronte a questa situazione via via più critica, è necessario che il nuovo Governo, Ministri dell’Istruzione e del Lavoro, così come gli assessori regionali, intraprendano un percorso che permetta di sperimentare politiche integrate attivanti: politiche che puntino a coinvolgere responsabilmente gli attori del sistema economico e sociale, le istituzioni educative e formative e gli stessi giovani e le famiglie.
Occorre, pertanto, un riposizionamento delle politiche industriali, sulle strategie aziendali e sul rilancio delle PMI, poiché per competere sul mercato globale il nostro Paese deve basarsi su un modello medio-alto e basare l’attività produttiva su ricerca, innovazione e qualità dei prodotti.
Ciò di cui necessita l’economia italiana è un’offerta formativa più mirata, programmi di studio più intensi, attenzione maggiore alla formazione scolastica ed universitaria. Ma occorre anche una politica di orientamento allo studio e al lavoro che permetta un coinvolgimento consapevole e responsabile degli studenti e delle famiglie. Il che non vuol dire famiglie che affianchino l’attività didattica di cui la scuola, per mancanza di fondi, accorpamento di classi ed istituti e per mancanza di personale, è carente. È necessario, invece, a fronte di una scuola di buon livello, che le famiglie seguino, pur lasciandoli autonomi e responsabilizzati, gli studi dei propri figli, pretendendone la massima qualità, ossia la giusta qualità che ci si dovrebbe attendere da un servizio pubblico. È necessario, poi, che la pratica di stage e tirocini lavorativi nell’ambito di tutti i percorsi scolastici e universitari diventi obbligatoria, con un ruolo più attivo delle università nell’attività di matching tra domanda e offerta di lavoro.
Nei prossimi sei anni l’Italia deve investire sulla conoscenza. Non possiamo permetterci altri ritardi. Non possiamo permetterci di distruggere il futuro delle nostre imprese e della nostra società.