Gay o etero, ma con amore. Elogio dei genitori imperfetti.

da Repubblica.it Cultura del 10/5/2014

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di Michela Marzano

François Hollande l’aveva promesso durante la campagna elettorale: se fosse stato eletto presidente della Repubblica, avrebbe riaperto il dibattito sul matrimonio e sull’adozione delle coppie omosessuali. Pochi mesi dopo la vittoria del candidato socialista, il primo ministro francese Jean-Marc Ayrault annuncia che il progetto di legge sarà finalmente presentato in Consiglio dei Ministri il 31 ottobre 2012, scatenando immediatamente le polemiche. Perché i gay e le lesbiche non si accontentano del Pacs e vogliono anche loro sposarsi? Il matrimonio non dovrebbe essere riservato alle coppie eterosessuali?

Per tutti coloro che si oppongono all’estensione del matrimonio e dell’adozione alle coppie omosessuali, è soprattutto la questione dell’adozione ad essere problematica. Permettere alle coppie omosessuali di adottare, significherebbe per loro non solo impedire ad un bimbo di avere un padre e una madre, ma anche privarlo della possibilità di crescere in modo armonioso, identificandosi con la figura maschile (se si tratta di un bambino adottato da una coppia di lesbiche) o con la figura femminile (se si tratta invece di una bambina adottata da una coppia di gay). Per non parlare poi dei danni a livello psicologico: per poter avere accesso a quello che alcuni psicoanalisti chiamano “l’ordine simbolico”, sembrerebbe infatti necessario vivere in una “famiglia normale”. Ma che cosa vuol dire “normale”? Esiste un unico modo di occuparsi dei bambini oppure questa normalità è solo un modo per discriminare gli omosessuali?

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In realtà, l’idea di normalità non ha alcun senso quando si parla dell’educazione dei figli. Esistono solo tanti percorsi diversi, per i bambini, di imparare a “tenersi su”, come direbbe il pediatra e psicoanalista Donald Winnicott. Ossia tanti modi diversi per capire che si ha diritto di essere quello che si è, indipendentemente dalle aspettative altrui. E che l’amore che si riceve non ha né sesso né orientamento sessuale. Non è vero che le madri hanno tutte un istinto materno. Esattamente come non è vero che i padri sono tutti, per natura, incapaci di occuparsi dei propri figli.

Dietro la maggior parte delle obiezioni al matrimonio e all’adozione delle coppie omosessuali, si nascondono contraddizioni e luoghi comuni. Tanto per cominciare, in Francia, è possibile già da molti anni adottare anche quando si è single. Questo significa che, fino ad ora, l’eventuale problema dell’assenza dell’altro genitore non si era posto. E che lo si solleva solo nel momento in cui entra in gioco l’orientamento sessuale dei genitori adottivi. Ma il nodo del problema è altrove, visto che l'”ordine simbolico” di cui si parla tanto, altro non è che la capacità di integrare il fatto che al mondo esistono due categorie di persone: gli uomini e le donne. Peccato che le scelte sessuali di una persona non c’entrino affatto con la negazione della differenza dei sessi, a meno che non si confonda il concetto di “identità sessuale” con quello di “orientamento sessuale”. Ma questo tipo di confusione, in fondo, sono solo alcuni eterosessuali a farla, non capendo che l’identità sessuale dell’oggetto del desiderio di una persona non rimette affatto in discussione la consapevolezza del fatto che ognuno di noi sia “maschio” o “femmina”.

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Il vero problema dell’adozione non è quello dell’orientamento sessuale della coppia che adotta, ma quello del posto che si lascia a un bambino. Questo problema, però, lo si ha sempre, indipendentemente dal fatto che un bimbo cresca accanto a due uomini, due donne, o un uomo e una donna. Quando si ha a che fare con un figlio, la cosa più difficile è riconoscerne l’alterità. Per poter accedere a quel famoso “ordine simbolico”, per crescere, ogni bimbo ha bisogno di essere accettato nella propria alterità, e quindi di essere riconosciuto come “altro” rispetto ai propri genitori. Proprio perché è unico.

È solo in questo modo che si ha poi accesso all’ordine simbolico secondo cui non solo la donna è diversa dall’uomo, ma ogni persona è diversa da tutte le altre. Incentrare il dibattito sulla questione dell’unicità e dell’individualità, però, costringerebbe ognuno di noi ad interrogarsi sulla propria capacità di tollerare ciò che è diverso. Sapendo benissimo che i bambini, quando crescono, si identificano non solo con i genitori, ma anche con tutti gli altri adulti che contribuiscono alla loro educazione. E che tanti problemi, nella vita, nascono quando non si è stati accettati e riconosciuti per quello che si era. Anche quando si è cresciuti in una famiglia “normale”, con un papà e una mamma.

Fonte: La Repubblica

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UNA BRUTTA STORIA DI POLITICA E TRANSFOBIA.

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di Andrea Serpieri

Fino a quando (e fino a che punto) la più becera politica italiana dovrà somministrarci altri episodi di intolleranza, di cui, francamente, faremmo volentieri a meno? Questa è la storia di Laura Matrone, una splendida quarantenne, operatrice sociale, attualmente in lizza per le elezioni a Castel Volturno, provincia di Caserta, con il candidato sindaco PD Dimitri Russo. Russo si presenta con cinque donne nella lista civica “Cento volti per la svolta” e sei donne nel PD. Ma per qualcuno le donne sono di meno, perché Laura è nata uomo e pertanto non sarebbe “donna abbastanza” da soddisfare le quote rosa. Insomma, Laura non sarebbe una “vera” donna! A rivelare questa ‘verità nascosta’ all’elettorato di Castel Volturno è stato il candidato sindaco per Forza Italia (il partito delle libertà) Cesare Diana, il quale sostiene che la candidatura di Laura violi le norme sulla parità e quindi le liste di Russo andrebbero escluse dalla competizione politica.
In realtà, non c’è alcuno scoop, perché Laura non nasconde a nessuno il suo passato e soprattutto perché giuridicamente Laura Matrone è una donna “vera”, uso questo aggettivo per farmi comprendere anche da quelle persone che proprio non riescono a vedere il mondo in modo più fluido delle definizioni che usano: gay, etero, maschio, femmina…è così importante? È importante sapere se una trans abbia subito un’operazione o meno? A parte il fatto, poi, che sarebbero affari suoi, anche quando si mette in politica, perché l’essere stata uomo incide sulla sua condotta morale solo per le menti più bigotte. E ipocrite.

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In ogni caso, la candidata del PD non c’è stata a questo linciaggio pubblico e su La Repubblica, rivolgendosi all’avversario forzista, precisa: “L’hanno informato male. Sono una donna a tutti gli effetti dal 2002”.
Nell’intervista Laura Matrone si racconta, descrive i punti del suo gruppo in vista delle prossime elezioni e, sull’episodio di transfobia di cui è stata vittima, dice: “Volevano tentare di far ricusare la lista per mancanza di quote femminili, poi si sono accorti in tempo dell’errore e hanno desistito”.
“Sono Laura, sono una persona. Non c’è bisogno di mettere continuamente un timbro dietro le spalle per dire chi ero. Sono una persona. Con una faccia, con due gambe, due braccia. Mi sono sposata e separata legalmente. Sono una donna normalissima che non ha mai avuto nessuna difficoltà di inserimento nella vita sociale. Ho insegnato arti marziali alla Nato. Sono stata due volte campionessa mondiale di taekwondo e undici volte campionessa europea. Ma dal 1990 faccio spettacolo, mi occupo di canto, teatro, televisione, di pubbliche relazioni”.
Sulla sua vicenda personale che l’ha portata ad essere la donna bellissima che è oggi, riferisce: “Sono originaria di Napoli, ma vivo a Castel Volturno da quando avevo 14 anni. Nel 2002 mi sono operata e ho cambiato i connotati all’anagrafe. Ho fatto il primo intervento per cambiare sesso a Napoli tramite l’Asl, gratuitamente. Lo consente una legge del 1984. La mia famiglia all’inizio è stata un po’ titubante. I miei genitori all’inizio non capivano. Appartengono ad un’altra generazione. Però poi i miei familiari me li sono ritrovati sempre al mio fianco, specie mia sorella, mio fratello e i miei nipoti”.

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A questo punto, io mi chiedo: ma se per esempio Laura non fosse stata operata – o avesse deciso di non farlo proprio – non sarebbe stato, comunque, etico considerarla una donna a tutti gli effetti? In fondo, lei è così che si sentiva, anche prima dell’operazione. Eppure, lo Stato italiano, che nella Costituzione riconosce i diritti e l’uguaglianza di tutti e si impegna a rimuovere gli ostacoli che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, con la L. 164/82 ha stabilito che si possa chiedere il cambio di sesso all’anagrafe solo dopo la riassegnazione genitale. Forse sarebbe il caso di cambiare questa norma, giusto per riconoscere il terzo sesso anche qui? Che piaccia o no, esiste e non può essere semplicemente negato sulla carta, per continuare a far finta che non ci sia. Cosa che, peraltro, certi benpensanti potrebbero fare tranquillamente, se magari smettessero di interessarsi delle altrui preferenze sessuali e ci lasciassero vivere in pace. Gay, etero, uomini, donne o qualunque cosa vogliate essere. Siatelo! La nostra felicità è un diritto non scritto che per natura preesiste alle norme di diritto positivo.

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Il ritorno del mutualismo in Italia: il futuro è partecipazione

da Il Manifesto del 9/5/2014

Quinto stato. La società di mutuo soccorso “Insieme Salute” compie vent’anni. Negli anni della crisi ha aumentato i suoi soci. Il progetto della mutua “Elisabetta Sandri” rivolto ai lavoratori indipendenti esclusi dal Welfare statale.

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di Roberto Ciccarelli

Gli iscritti alle società di mutuo soc­corso sono aumen­tati in quat­tro anni del 70%. Nel 2010 erano poco meno di 600 mila. Secondo la Fede­ra­zione Ita­liana Mutua­lità Inte­gra­tiva Volon­ta­ria (FIMIV), oggi sono arri­vati a quasi un milione. Un record impres­sio­nante pro­dotto dagli oltre 15 miliardi di tagli alla sanità pub­blica dal 2010 ad oggi impo­sti dalle poli­ti­che di auste­rità e dal dra­stico peg­gio­ra­mento della con­di­zione eco­no­mica delle famiglie.

Nell’ultimo quin­quen­nio sono nate oltre cento società di mutuo soc­corso. Un accordo tra FIMIV e Con­f­coo­pe­ra­tive ha dispo­sto che la mutua­lità sia finan­ziata dalle ban­che di cre­dito coo­pe­ra­tivo ope­ranti in tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale, dalla Lom­bar­dia alla Puglia. Un altro fronte di svi­luppo è quella dei con­tratti nazio­nali. Sono almeno cin­quanta i rin­novi che pre­ve­dono forme di mutua­lità. Ci sono fondi che inte­res­sano gli ope­ra­tori del com­mer­cio, i chi­mici o i metalmeccanici.

Ad avere influito sul rin­no­vato svi­luppo del mutua­li­smo sono state due deci­sioni. Dal 2008 due decreti varati dal governo prodi e poi da quello Ber­lu­sconi hanno auto­riz­zato l’istituzione dei Fondi sani­tari inte­gra­tivi, in attua­zione della riforma sani­ta­ria del 1999. Una legge del 2012 ha poi aggior­nato la nor­ma­tiva sul mutuo soc­corso che risa­liva al 1886 dispo­nendo alcune norme fiscali per favo­rire la dedu­ci­bi­lità delle spese per l’assistenza sani­ta­ria inte­gra­tiva per le aziende che la pre­ve­dono per i pro­pri dipen­denti (3600 euro circa a per­sona). Secondo la Fimiv le per­sone coin­volte nel wel­fare azien­dale supe­rano oggi i 14 milioni. Dieci anni fa erano non più di 3 milioni.

Quello del mutuo soc­corso è anche una realtà eco­no­mica. Nel 2011 un rap­porto del Par­la­mento Euro­peo aveva cal­co­lato in 180 miliardi di euro i con­tri­buti rac­colti dalle mutue in tutto il con­ti­nente. Il mutuo soc­corso occu­pava allora 350 mila per­sone, garan­tendo coper­ture sociali e sani­ta­rie di tipo com­ple­men­tare, di ispi­ra­zione soli­da­ri­stica e non pri­va­ti­stica come le assi­cu­ra­zioni sani­ta­rie private.

«Soste­niamo la par­te­ci­pa­zione, non la privatizzazione»

Per Vale­rio Ceffa, diret­tore della società di mutuo soc­corso Insieme Salute che sabato 10 mag­gio terrà l’assemblea annuale al grat­ta­cielo Pirelli a Milano e festeg­gerà i suoi primi vent’anni di esi­stenza, la spie­ga­zione di que­sta cre­scita note­vole è duplice. «Il mutua­li­smo sta cre­scendo per­ché offre solu­zioni alle dif­fi­coltà del sistema sani­ta­rio pub­blico. Nel frat­tempo è anche cre­sciuta la cul­tura della pre­vi­denza sani­ta­ria, un ele­mento molto mar­gi­nale fino a qual­che anno fa. Non c’è dub­bio che a que­sto esito abbia con­tri­buito la dif­fu­sione dei fondi contrattuali».

In que­sto con­te­sto, Insieme Salute che ha sede in Lom­bar­dia e varie rami­fi­ca­zioni anche in altre regioni, ha aumen­tato del 5,6% i suoi soci nel 2013 rispetto al 2012 (11.800 soci). Nei primi mesi del 2014 gli iscritti sono già aumen­tati rispetto all’anno pre­ce­dente arri­vando a 12.500. «La cre­scita è quasi com­ple­ta­mente da ascri­vere alle ade­sioni volon­ta­rie e non ai fondi – afferma – Anche noi abbiamo con­ven­zioni azien­dali natu­ral­mente, ma il nostro scopo è creare nuovi soci e dif­fon­dere una nuova consapevolezza».

La crisi della sanità ha fatto emer­gere anche il pro­blema del cosid­detto «con­su­mi­smo sani­ta­rio». «Si tratta di un uso inap­pro­priato delle pre­sta­zioni sani­ta­rie, anche quando non c’è n’è biso­gno, che col­pi­sce soprat­tutto i cit­ta­dini più fra­gili eco­no­mi­ca­mente – spiega Ceffa – La nostra mutua­lità cerca invece di muo­versi sul piano della par­te­ci­pa­zione e cerca di dare garan­zie molto ampie ai soci».

Ad esem­pio, quale? «Innan­zi­tutto, la garan­zia di essere tute­lati a vita — risponde Ceffa – Sono ormai molte le assi­cu­ra­zioni pri­vate e altri fondi che al com­pi­mento degli 80 anni, quando cioè aumen­tano i rischi e si ha biso­gno di mag­giori ser­vizi e cer­tezze, abban­do­nano i loro clienti. E non mi sof­fermo sui costi proi­bi­tivi che tutto que­sto com­porta per le per­sone. Noi stiamo pen­sando ad un pro­getto insieme ad altre mutue, coo­pe­ra­tive sociali e gli enti locali o ter­ri­to­riali per ren­dere soste­ni­bili que­ste ope­ra­zioni di assi­stenza anche per le fasce di popo­la­zioni a basso red­dito che sono quelle più col­pite dalla crisi».

Il pro­getto di Insieme Salute è quello di costruire una rete alla quale par­te­cipi anche la sanità pub­blica. Per rea­liz­zarla è fon­da­men­tale rea­liz­zare una sen­si­bi­liz­za­zione per aumen­tare la cul­tura della pre­vi­denza sani­ta­ria. «Non chie­diamo soldi agli enti pub­blici – pun­tua­lizza Ceffa – Al con­tra­rio vogliamo aiu­tarci a vicenda per far cre­scere que­sta sen­si­bi­lità che può aiu­tare a risol­vere pro­blemi, a chiu­dere le falle che si stanno aprendo nel sistema e a por­tare nel sistema pub­blico di tutela nuove risorse».

Il mutua­li­smo non è sosti­tu­tivo al wel­fare uni­ver­sa­li­stico ma è inte­gra­tivo. «Il mutua­li­smo pos­siede una carica sociale e uni­ver­sa­li­stica – con­ferma Ceffa – Biso­gna cono­scerlo e pra­ti­carlo per­chè altri­menti resta la spesa pri­vata pura e il cit­ta­dino resta solo con i suoi pro­blemi. La mutua è una rispo­sta più aperta e sociale».

Il wel­fare per lavo­ra­tori autonomi

Insieme Salute ha siglato più di due anni fa la con­ven­zione sani­ta­ria «Eli­sa­betta San­dri» con il sin­da­cato tra­dut­tori «Strade», il sin­da­cato nazio­nale scrit­tori (Sns), l’associazione dei con­su­lenti del ter­zia­rio avan­zato Acta e i tra­dut­tori di Aiti. Ad oggi i soci tra i lavo­ra­tori auto­nomi sono circa 350. A que­ste per­sone, sostan­zial­mente escluse dal Wel­fare sta­tale e spesso inca­paci di pagarsi un’assistenza pri­vata, viene garan­tita una coper­tura sani­ta­ria o un asse­gno per la gra­vi­danza. Il ver­sa­mento di una quota annuale di 246 euro per­mette il rim­borso dell’80% dei tic­ket e un sus­si­dio per l’invalidità.

«È un’esperienza molto posi­tiva – afferma Ceffa – che va molto al di là dei numeri che sono comun­que inte­res­santi. La mutua “Eli­sa­betta San­dri” ha infatti aperto uno spa­zio cul­tu­rale in mondi che non hanno con­sa­pe­vo­lezza rispetto ai loro diritti e alle poten­zia­lità del mutuo soc­corso e della soli­da­rietà. Con i tra­dut­tori e gli altri lavo­ra­tori auto­nomi abbiamo incon­trato per­sone molto moti­vate rispetto a que­sti prin­cipi. Non è scon­tato. Molto spesso incon­triamo per­sone che si avvi­ci­nano a noi solo per­ché costiamo meno di un’assicurazione privata».

E tut­ta­via anche il costo di 246 euro all’anno costi­tui­sce un pro­blema finan­zia­rio per i lavo­ra­tori auto­nomi e pre­cari, i lavo­ra­tori poveri cre­sciuti negli anni della grande reces­sione. «Pur­troppo è così – con­ti­nua Ceffa – è un cir­colo vizioso: chi è meno tute­lato in Ita­lia ha sem­pre meno dispo­ni­bi­lità eco­no­mica per occu­parsi della pro­pria salute e di quella dei pro­pri cari. Noi fac­ciamo molti sforzi, cer­chiamo di dare solu­zioni meno costose, in fondo poco più di 200 euro all’anno è una cifra bassa rispetto ai rischi che copriamo. E dob­biamo man­te­nere un equi­li­brio economico».

A que­sta tra­gica dif­fi­coltà i tra­dut­tori stanno cer­cando di tro­vare una solu­zione a par­tire dal loro lavoro. «Il loro ten­ta­tivo è quello di por­tare risorse dai com­mit­tenti – spiega Ceffa — Stanno ragio­nando su ver­tenze agli edi­tori per­chè garan­ti­scano un minimo di tutela al lavo­ra­tore che non ne ha nes­suna. È una par­tita in cui dovreb­bero entrare i sin­da­cati. Fin’ora lo hanno fatto molto mar­gi­nal­mente. Noi siamo dispo­sti a fare la nostra parte. Vogliamo costruire la forma di assi­stenza ade­guata alle esi­genze dei diretti interessati».

Pro­spet­tive demografiche

Si sta pre­pa­rando un cor­to­cir­cuito. Le poli­ti­che dell’austerità hanno tagliato spesa sociale e sani­ta­ria nel momento in cui le pre­vi­sioni demo­gra­fi­che annun­ciano l’invecchiamento della popo­la­zione. Solo vent’anni fa la spe­ranza di vita degli ita­liani non rag­giun­geva i 70 anni men­tre oggi si avvi­cina agli 85. Nel 1994 la classe di età più con­si­stente era quella tra i 30 e i 34 anni, oggi è quella tra i 45 e i 49 anni, nel 2034 sarà quella tra i 60 e 64 anni.

L’Italia è uno dei paesi con più bassa fecon­dità nel mondo (1,5 per ogni donna), anche se negli ultimi anni assi­stiamo ad un recu­pero, gra­zie soprat­tutto al con­tri­buto degli stra­nieri. Come con­se­guenza di alta lon­ge­vità e per­si­stente bassa fecon­dità l’Italia è uno dei paesi con strut­tura demo­gra­fica più squi­li­brata (gli ultra ses­san­ta­cin­quenni che rap­pre­sen­tano oggi il 21% della popo­la­zione rag­giun­ge­ranno il 33% nel 2050, men­tre nel resto d’Europa sono attual­mente il 17% per salire al 27,5% nel 2050).

“Se molti indi­ca­tori eco­no­mici e sociali ci vedono in posi­zione svan­tag­giata, quello di rag­giun­gere e garan­tire livelli di salute tra i migliori in Europa e nel Mondo è senz’altro un risul­tato di cui invece andar fieri — afferma Ales­san­dro Rosina docente di Demo­gra­fia e Sta­ti­stica sociale all’Università Cat­to­lica di Milano — Un risul­tato che però non è scon­tato. Il pro­cesso di con­ti­nuo miglio­ra­mento può anche inter­rom­persi e si può peg­gio­rare se non si con­ti­nua a tener alta la qua­lità dei ser­vizi sani­tari, la loro acces­si­bi­lità da parte dei cit­ta­dini e la pro­mo­zione della cul­tura della salute”.

Le mutue sani­ta­rie come Insieme Salute costi­tui­scono un argine con­tro la dismis­sione del wel­fare e dei diritti sociali fon­da­men­tali che nella pros­sima gene­ra­zione pro­durrà una popo­la­zione di poveri non tute­lati e rap­pre­sen­tano già da oggi uno stru­mento utile per rico­struire i legami sociali tra­volti dalla crisi e dall’austerità.

Fonte: Il Manifesto

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LIDL ASSUME IN TUTTA ITALIA.

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LIDL, azienda leader nel settore della grande distribuzione organizzata, con diversi punti vendita in Italia e in altri Paesi europei, LIDL è una grande realtà del settore GDO ed ha punti vendita in Italia e in molti paesi europei, apre le selezioni in Veneto, Lazio, Sicilia, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Molise, Umbria, Abruzzo, Trentino Alto Adige, Liguria, Puglia, Campania e Calabria.

Questo l’elenco di alcune delle posizioni ricercate:

Retail Manager / Capo Area
Addetti Vendite
Capi Filiale
Commessi Specializzati
Responsabili Sviluppo Immobiliare
Responsabili Tecnici
Buyer
Collaboratore Ufficio Legale GRC
Responsabile Manutenzione Sicurezza Magazzino
Assistente di Direzione
Impiegato Addetto paghe

Le offerte di lavoro sono rivolte a giovani motivati, volenterosi e pronti a mettersi in gioco diplomati, laureati e neolaureati e a tutte quelle persone che sono alla ricerca di una nuova posizione lavorativa. I requisiti specifici sono di volta in volta indicati per ogni posizione aperta. Per inviare le vostre candidature, cliccate qui, scegliete una delle offerte presenti tra quelle che si avvicinano al vostro profilo e compilate il formulario on line allegando il vostro CV.

MDS
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A SARAJEVO RINASCE LA VIJEČNICA.

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di Michele De Sanctis

Dopo 22 anni, la città di Sarajevo ha riavuto la sua biblioteca nazionale, bombardata nella notte tra il 25 e il 26 agosto del 1992 dai serbo bosniaci. Aveva fatto il giro del mondo la foto della “Viječnica”, così i bosniaci chiamano la biblioteca nazionale di Sarajevo, in cui tra le macerie della volta distrutta, sotto la luce che entrava dall’alto, un uomo suonava il violoncello.

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Quell’uomo era Vedran Smajlovic, che fu, tra l’altro, uno dei primi civili ad accorrere sulla scena per tentare la messa in salvo degli oltre due milioni di volumi conservati nell’edificio in fiamme.

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Oggi, però, la biblioteca di Sarajevo è stata completamente ricostruita e ieri, 9 maggio 2014, è stata inaugurata nel suo nuovo splendore. La Viječnica è stata rifatta com’era. A mancare all’appello, sono purtroppo i moltissimi testi antichi: bruciati nel rogo del ’92.

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L’inaugurazione è avvenuta con un grande spettacolo all’aperto fuori dal municipio austro-ungarico che ospitava la Viječnica. «Oggi dopo 18 anni di lavori di ricostruzione e a 118 anni dalla sua prima inaugurazione, restituiamo la Viječnica ai cittadini di Sarajevo, perché essa fa parte della loro identità», così ha parlato il sindaco Ivo Komsic.

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L’edificio, non solo è stato ricostruito in maniera fedele alla sua antica architettura, ma per quanto possibile, sono stati recuperati i suoi materiali originali. D’ora in avanti, la Viječnica ospiterà l’amministrazione cittadina, oltreché una parte del patrimonio librario della Biblioteca Nazionale e il Museo di Sarajevo.

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La cerimonia di inaugurazione ha visto la partecipazione della Filarmonica di Sarajevo e di altri 200 solisti, danzatori, musicisti, ed è culminata con la proiezione sulla facciata della Viječnica di un video in 3D che raccontava la storia del palazzo intrecciata con la recente e più drammatica storia di Sarajevo.

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Pillole di Jobs Act. Le modifiche apportate all’apprendistato In sede di conversione del D.L. n. 34/2014


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di Germano De Sanctis

Nel corso della giornata del 7 maggio, il Senato ha approvato il testo di conversione del D.L. n. 34/2014 (c.d. “Decreto Lavoro”), dopo una giornata di lavori parlamentari molto turbolenta, durante la quale la seduta è stata sospesa per ben due volte.
Alla fine, il Governo Renzi ha chiesto il suo ottavo voto di fiducia ed il Decreto Lavoro è stato approvato con 158 voti favorevoli e 122 «voti contrari, confermando confermato l’impianto novellatorio già  definito durante l’esame in sede referente dalla Commissione Lavoro del Senato.
Ora, a seguito alle nuove modifiche concordate fra Governo e maggioranza, il testo riapproderà, il 12 maggio, alla Camera dei Deputati, dove, entro il 19 maggio, dovrà ottenere l’approvazione definitiva, pena la decadenza del D.L. n. 34/2014.
Venendo all’esame del testo approvato, emerge subito l’importanza delle modifiche introdotte in materia di apprendistato. Segnatamente si evidenziano l’obbligo di stabilizzare il 20% cento degli apprendisti prima di assumerne altri sarà valido solo per i datori di lavoro con cinquanta e più dipendenti (prima erano trenta). Invece, per quanto concerne la formazione, viene nuovamente reintrodotto l’obbligo di formazione pubblica, dando alla Regione quarantacinque giorni di tempo per comunicare al datore di lavoro le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica. Inoltre, vi è l’obbligo d’indicare le sedi e il calendario, con la possibilità anche di avvalersi delle imprese e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili. Per la formazione «on the job» viene reinserito il piano formativo individuale scritto, ma con modalità semplificate.
Fatta questa breve e sintetica premessa, esaminiamo nel dettaglio tutte le novità introdotte in materia.

La stabilizzazione degli apprendisti

Probabilmente, l’innovazione più significativa consiste nell’obbligo dalla stabilizzazione del 20% degli apprendisti per poter stipulare nuovi contratti. Si tratta di un obbligo vincolante per tutti i datori di lavoro con più di 50 dipendenti. Si evidenzia che tale soglia è stata innalzata rispetto alla previsione licenziata dalla Camera dei Deputati che coinvolgeva tutti i datori di lavoro con almeno 30 dipendenti.
Siamo di fronte alla terza modifica del testo originario contenuto nel D.L. n. 34/2014, il quale aveva abrogato l’art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 167/2011 e l’art. 2, commi 3-bis e 3-ter, D.Lgs. n. 167/2011 e l’art. 1, comma 19, Legge n. 92/2012, eliminando, in tal modo, le percentuali di stabilizzazione relative ai rapporti di apprendistato cessati nei ventiquattro mesi precedenti fissate dalla legge (percentuale del 50% per i datori di lavoro dimensionati sopra i nove dipendenti che si abbassava al 30% nei primi trentasei mesi di applicazione della Legge n. 92/2012) o dei contratti collettivi, in applicazione del citato art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 167/2011.
Adesso, invece, seguito dei lavori parlamentari fin qui svolti, la norma in questione risulta essere stata parzialmente reintrodotta. Infatti, fatta salva la possibilità per la contrattazione collettiva nazionale d’individuare maggiori o minori limiti, esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno cinquanta dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione a tempo indeterminato di almeno il 20% dei rapporti di apprendistato, stipulati nei trentasei mesi precedenti.
Alla luce di questa nuova formulazioni è possibile effettuare alcune considerazioni di carattere applicativo.
In primo luogo, l’obbligo in questione concerne riguarda soltanto i datori di lavoro che, al momento dell’assunzione dell’apprendista, hanno in organico almeno cinquanta dipendenti. La norma non specifica la natura giuridica del legame contrattuale (lavoro subordinato od atipico) che lega il datore di lavoro ai suoi dipendenti. Tuttavia è possibile affermare che, nel calcolo delle cinquanta unità lavorative, non devono essere ricompresi quelle figure lavorative per le quali sussiste una specifica esclusione a norma di legge. Pertanto, non rientrano nel computo in questione:

  1. gli apprendisti (cfr., art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 167/2011);
  2. i lavoratori somministrati alle dipendenze dell’Agenzia per il Lavoro ed utilizzati dal datore di lavoro che assume l’apprendista (cfr., art. 22, commi 1 e 2, D.Lgs n. 276/2003);
  3. i lavoratori provenienti da lavori socialmente utili (cfr., art. 7, D.Lgs. n. 81/2000);
  4. i lavoratori assunti con contratto di reinserimento (cfr., art. 20, Legge n. 223/1991).

Invece, i lavoratori a tempo parziale devono essere calcolati “pro quota” all’orario di lavoro completo deducibili dal CCNL (cfr., art. 6, D.Lgs. n. 61/2000).
In secondo luogo, devono essere esclusi dal computo dei rapporti di apprendistato non trasformati e riferiti ai trentasei mesi precedenti, tutti i contratti di apprendistato che sono stati risolti anticipatamente per giusta causa o per giustificato motivo, per dimissioni, o per mancato superamento del periodo di prova.
Infine, come già accennato, la contrattazione collettiva nazionale può intervenire sulle percentuali di stabilizzazione unicamente per i datori di lavoro che occupino almeno cinquanta dipendenti. Tale previsione dovrebbe comportare l’abrogazione tacita delle disposizioni contrattuali che prevedevano percentuali, anche maggiori, di stabilizzazione anche per le piccole imprese (come, ad esempio, alla percentuale dell’80% prevista nei settori del commercio e del turismo).

Il piano formativo nell’apprendistato professionalizzante

La formulazione originaria dell’art. 2 D.L. n. 34/2014 aveva abrogato l’obbligo della forma scritta per la redazione del piano formativo dell’apprendistato professionalizzante. Siffatta scelta legislativa ha suscitato molte critiche, in quanto non teneva conto degli adempimenti successivi imposti al datore di lavoro (come la compilazione del libretto formativo, la certificazione delle competenze, etc.), delle verifiche ispettive e degli eventuali contenziosi giudiziari.
Adesso il Senato ha confermato la scelta, già operata in sede di prima lettura del D.L. n. 34/2014 alla Camera dei Deputati, di reintrodurre l’obbligo della forma scritta, prevedendo, al contempo, la descrizione del piano formativo individuale, redatto in forma sintetica sulla base di moduli e formulari stabiliti sia dalla contrattazione collettiva che dagli Enti bilaterali.
Si evidenzia che la novella operata impone l’obbligo di allegare il piano formativo individuale al contratto di apprendistato al momento della sua stipulazione, generando una sostanziale novità rispetto alla disciplina originaria del D.Lgs. n. 167/2011, in virtù della quale il piano formativo in questione poteva essere redatto dal datore di lavoro nei trenta giorni successivi all’assunzione.

La formazione trasversale e di base

La frase, un po’ ambigua, contenuta nel D.L. n. 34/2014 che poteva essere letta come riferibile al datore di lavoro o, al contrario, come mancata offerta, volontaria, della Regione, è stata riscritta anche in una logica finalizzata a prevenire possibili ricorsi alla Corte Costituzionale, atteso che le Regioni hanno competenza primaria in materia di formazione, secondo la previsione contenuta nell’art. 117 Cost..
Ora, le Regioni hanno quarantacinque giorni di tempo, decorrenti dal momento in cui è stata effettuata la comunicazione di assunzione, per poter provvedere a comunicare al datore di lavoro le modalità di fruizione delle competenze trasversali e di base (c.d. offerta formativa pubblica), anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle Linee Guida adottate dalla Conferenza Stato-Regioni del 20 febbraio 2014.
Trascorso tale termine, il datore di lavoro non è tenuto ad integrare la formazione tecnica svolta all’interno della propria struttura. A tal fine, si sottolinea che la novella precisa il fatto che il predetto termine decorre dal giorno in cui è stata effettuata la comunicazione obbligatoria on line al Centro per l’Impiego ex art. 9-bis, comma 2, Legge n. 608/1996 (che, come è noto, ha natura pluriefficace).

Il pagamento delle ore di formazione nell’apprendistato di primo livello

Relativamente all’apprendistato per l’acquisizione di una qualifica o di un diploma professionale, si sottolinea il fatto che il Senato, confermando le scelte operate dalla camera dei deputati, ha statuito che, vista la componente formativa tipologia contrattuale, è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore effettivamente prestate, nonché delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.
Di conseguenza, la percentuale del 35% per le sole ore di formazione deve essere considerata una percentuale minima, mentre per le altre, essendo lavorative, tale percentuale sarà al 100% rispetto a quella prevista dalla contrattazione nazionale per quanto concerne l’acquisizione della relativa qualifica (si ricorda che, in genere, sono previsti due livelli contrattuali in meno rispetto al lavoratore qualificato).

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Stiglitz: euro unico grande errore dell’Ue, non ha funzionato. Esperti Troika da bocciare

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da Il Sole 24 Ore del 6 maggio 2014

L’Unione europea «ha fatto un unico grande errore: l’euro, che non ha funzionato».Non ha usato giri di parole il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz nel corso della sua lecture “Can the euro be saved? An analysis of the future of the currency» alla Luiss. Secondo l’economista «ora non bisogna abbandonare l’euro ma andare avanti». Perché l’euro non ha funzionato e come si puo correggere il tiro? I problemi, per Stiglitz «non riguardano le strutture dell’Italia e di ciascun singolo Paese» ma il problema fondamentale è «la struttura dell’Eurozona e le politiche perseguite».

Stiglitz: austerità non ha funzionato

Non solo. Secondo il premio Nobel, anche se «in molte parti d’Europa oggi si celebra la fine della recessione, l’inizio della crescita non significa che ci sia una ripresa solida, non vuol dire che la politica dell’austerità abbia funzionato». Anzi, l’Europa – ha aggiunto – «ha perso mezzo decennio o quasi un decennio». Per Il professore della Columbia University «un ulteriore rigore di bilancio non può prevenire un’altra crisi: l’austerità non ha funzionato. Ora bisogna concentrarsi sulla riforma dell’Eurozona e delle politiche dell’Eurozona».

«Esperti Troika da bocciare»

A destare allarme è soprattutto la disoccupazione giovanile che in alcuni paesi come la Spagna e la Grecia sfiora cifre del 50 e del 60%. Nel mirino finiscono le ricette economiche della Troika (l’organismo di controllo informale formato dai rappresentanti della Commissione Ue, Bce e Fmi).«Se i miei studenti avessero presentato analisi come quelle della Troika per i Paesi europei li avrei bocciati» ha detto l’economista Usa. «La Troika – ha aggiunto Stiglitz – ha ripetutamente prodotto previsioni errate e piuttosto che ammetterlo e riconoscere i suoi sbagli ha sempre incolpato le sue vittime».

«A Eurozona serve unione fiscale e cambio mandato Bce»

Per uscire dalla crisi all’Eurozona la ricetta di Stiglitz si basa su«un quadro fiscale unico, un sistema finanziario comune con l’unione bancaria, e un’armonizzazione delle aliquote senza una corsa verso il basso nella tassazione alle imprese». Ma soprattutto, aggiunge l’economista, «serve una modifica nel mandato della Bce che non deve concentrarsi solo sull’inflazione ma su crescita e occupazione«. Stiglitz non ha escluso l’idea di «una ristrutturazione del debito», ma va fatta in fretta». Quello della Grecia è il modello di «ciò che non si dovrebbe fare: tanto che oggi il rapporto debito/Pil di Atene è più alto che nel 2010».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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INAIL: AUTOLIQUIDAZIONE 2014. LE PROSSIME SCADENZE PER VERSAMENTI E PREMI.

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Scadrà il prossimo 16 maggio il termine per l’autoliquidazione INAIL 2013-2014 tramite Modello F24, insieme alla dichiarazione telematica delle retribuzioni, comprensiva di domanda di sconto sul premio artigiani e di eventuale richiesta di pagamento rateale. Dopo la concessione della proroga per permettere ai datori di lavoro di usufruire da subito dei bonus previsti dalla Legge di Stabilità (L. 147/2013), è ora arrivato il momento di completare la procedura. Il termine del 16 maggio riguarda altresì il pagamento dei premi speciali non soggetti ad autoliquidazione (art. 2, c. 3, DL 4/2014) con date di scadenza antecedenti.

ADEMPIMENTI IN SCADENZA IL 16 MAGGIO.

– Autocertificazione riduzione premio.
11,50% per il settore edile (art. 29, c. 2, DL 244/1995, art. 36-bis, c. 8, L. 248/2006 e DM 26.8.2013) da trasmettere via PEC alla competente sede INAIL, insieme al pagamento del premio 2014 e alla fruizione dell’agevolazione sul premio dovuto a titolo di regolazione 2013.

– Autoliquidazione dei soggetti assicuranti con inizio attività tra il 10 e il 31/12/2013.
A tali soggetti, quest’anno, sono state inviate le nuove basi di calcolo in tempo utile per l’autoliquidazione del 16 maggio.

– Cessazione di tutti i soggetti autonomi artigiani tra il primo gennaio e il 16 maggio dell’anno di rata (cessazione polizza artigiani).
In conseguenza del differimento al 16/5/2014 dell’autoliquidazione del titolo 902014, le imprese artigiane che cessano la propria attività tra il 1/1/2014 e il 16/5/2014 possono versare il premio anticipato a titolo di rata rapportato ai mesi di attività effettiva esercitata nello stesso periodo.

– Cessazione attività in corso d’anno (cessazione codice ditta).

– Comunicazioni motivate delle retribuzioni presunte.

CALENDARIO VERSAMENTI

• 16 maggio 2014 per il trimestre gennaio/marzo 2014;
• 20 agosto 2014 per il trimestre aprile/giugno 2014;
• 17 novembre 2014 per il trimestre luglio/settembre 2014;
• 16 febbraio 2015 per il trimestre ottobre/dicembre 2014.

Con determina n. 67 dello scorso 11/3/2014, l’INAIL ha, inoltre, indicato la misura dello sconto: riduzione pari al 14,17% sui premi ordinari delle polizze dipendenti, premi speciali unitari delle polizze artigiani e premi relativi all’assicurazione raggi X e sostanze radioattive. La riduzione del 14,17% dei premi INAIL vale anche per le imprese di somministrazione di lavoro, oltreché per quelle di navigazione: per le prime si applica alle singole scadenze dei premi trimestrali dovuti per l’anno 2014, mentre, per le seconde, verrà applicata in sede di autoliquidazione 2013-2014, come, peraltro, spiegato dall’INAIL in due distinte note, prot. n. 2899 e n. 228, in cui sono dettate le relative istruzioni operative.

La retribuzione imponibile da dichiarare all’INAIL e da utilizzare ai fini del calcolo dei premi è quella che risulta registrata nel LUL, che può essere:
a) effettiva, pari al reddito da lavoro dipendente o a questo assimilato (ex TUIR), assunta al lordo di qualsiasi trattenuta o ritenuta e con il criterio di “competenza”;
b) convenzionale, in mancanza della retribuzione effettiva e nei casi previsti dalla legge (dirigenti, soci e familiari non artigiani, ecc.);
c) di ragguaglio, nelle ipotesi residuali (soci e familiari non artigiani in alcune Province).

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* esclusi gli operai agricoli (minimale giornaliero 2013 = € 41,87); le erogazioni speciali da non adeguare al minimale (integrazioni di prestazioni previdenziali, per legge o CCNL a carico dei datori di lavoro, quali malattia, infortunio, malattia professionale, gravidanza e puerperio, c.i.g., ecc.) e l’indennità di disponibilità prevista per il lavoro intermittente.
* inclusi i lavoratori soci di cooperative con rapporto di lavoro
subordinato (commi 1 e 2 – art. 4 – legge 142/2001).

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È la retribuzione convenzionale per gli allievi dei corsi professionali, i tirocinanti (stagisti), i detenuti e i ricoverati.
È inoltre l’imponibile minimo per i parasubordinati e gli sportivi
professionisti dipendenti.

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È la retribuzione convenzionale per i lavoratori dell’area dirigenziale (dirigenti e non quadri), è l’imponibile massimo per i collaboratori parasubordinati e gli sportivi professionisti dipendenti.

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I nuovi valori dal 1° luglio 2013 sono stati fissati dal D.M. 10 giugno 2013, pubblicato sul sito istituzionale del Ministero del lavoro il 16 agosto 2013.
È l’imponibile per i soci e i familiari coadiuvanti di imprese non artigiane, e per gli associati in partecipazione a imprenditore non artigiano, nelle Province in cui non sono fissate retribuzioni
convenzionali valide a livello provinciale.

Per approfondimenti:
Pagare il premio assicurativo
Pagare il premio in autoliquidazione
GUIDA ALL’AUTOLIQUIDAZIONE 2013-2014

Redazione
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Non chiederti di cosa ha bisogno il mondo…

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NUOVE OPPORTUNITÀ DI LAVORO CON AMAZON.

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Amazon, azienda leader nel settore del commercio elettronico, si espande in Italia e (ciò che più conta!) assume. La società ha, infatti, appena inaugurato il nuovo Centro di Distribuzione di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, che dovrebbe occupare circa mille dipendenti. Dopo l’annuncio di gennaio 2013 e l’ultimazione dei lavori in tempi da record (soltanto 9 mesi), il nuovo Centro di Amazon Italia Logistica Srl è adesso pienamente operativo. Per la precisione, la nuova struttura raddoppia la propria dimensione rispetto al vecchio centro di distribuzione avviato nel settembre 2011, sempre a Castel San Giovanni, arrivando ad occupare un’area di oltre 70mila metri quadrati, l’equivalente di oltre nove campi di calcio.

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L’azienda americana per il momento offre impiego a 426 unità, già assunte a tempo indeterminato, ma mira ad arrivare a 1.000 dipendenti entro i prossimi tre anni. Per molti di loro la collocazione sarà a tempo indeterminato, mentre altri sono destinati a sottoscrivere contratti a tempo determinato.

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Le figure richieste sono sia operative che di team-leader e manageriali. Sono richiesti addetti alla movimentazione delle merci, ricezioni prodotti, imballaggio, smistamento e spedizioni. Ma c’è spazio anche per ingegneri gestionali, capi reparto e amministrativi. Sono inoltre previste possibilità di tirocinio. Il candidato ideale deve essere brillante e in grado di condividere l’obiettivo di migliorare quotidianamente l’esperienza di acquisto per i clienti Amazon. Potete inviare i vostri curricula sul sito di Amazon, dove, peraltro, la società, raccontandosi brevemente, palesa non solo i propri obiettivi, ma anche gli standard che i candidati devono giustamente saper offrire. ‘Stiamo facendo la storia e la cosa bella è che abbiamo appena iniziato. Vieni a fare la storia con noi!’
Non resta che augurarvi ‘in bocca al lupo’.

MDS
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