di Germano De Sanctis
Nel corso della giornata del 7 maggio, il Senato ha approvato il testo di conversione del D.L. n. 34/2014 (c.d. “Decreto Lavoro”), dopo una giornata di lavori parlamentari molto turbolenta, durante la quale la seduta è stata sospesa per ben due volte.
Alla fine, il Governo Renzi ha chiesto il suo ottavo voto di fiducia ed il Decreto Lavoro è stato approvato con 158 voti favorevoli e 122 «voti contrari, confermando confermato l’impianto novellatorio già definito durante l’esame in sede referente dalla Commissione Lavoro del Senato.
Ora, a seguito alle nuove modifiche concordate fra Governo e maggioranza, il testo riapproderà, il 12 maggio, alla Camera dei Deputati, dove, entro il 19 maggio, dovrà ottenere l’approvazione definitiva, pena la decadenza del D.L. n. 34/2014.
Venendo all’esame del testo approvato, emerge subito l’importanza delle modifiche introdotte in materia di apprendistato. Segnatamente si evidenziano l’obbligo di stabilizzare il 20% cento degli apprendisti prima di assumerne altri sarà valido solo per i datori di lavoro con cinquanta e più dipendenti (prima erano trenta). Invece, per quanto concerne la formazione, viene nuovamente reintrodotto l’obbligo di formazione pubblica, dando alla Regione quarantacinque giorni di tempo per comunicare al datore di lavoro le modalità di svolgimento dell’offerta formativa pubblica. Inoltre, vi è l’obbligo d’indicare le sedi e il calendario, con la possibilità anche di avvalersi delle imprese e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili. Per la formazione «on the job» viene reinserito il piano formativo individuale scritto, ma con modalità semplificate.
Fatta questa breve e sintetica premessa, esaminiamo nel dettaglio tutte le novità introdotte in materia.
La stabilizzazione degli apprendisti
Probabilmente, l’innovazione più significativa consiste nell’obbligo dalla stabilizzazione del 20% degli apprendisti per poter stipulare nuovi contratti. Si tratta di un obbligo vincolante per tutti i datori di lavoro con più di 50 dipendenti. Si evidenzia che tale soglia è stata innalzata rispetto alla previsione licenziata dalla Camera dei Deputati che coinvolgeva tutti i datori di lavoro con almeno 30 dipendenti.
Siamo di fronte alla terza modifica del testo originario contenuto nel D.L. n. 34/2014, il quale aveva abrogato l’art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 167/2011 e l’art. 2, commi 3-bis e 3-ter, D.Lgs. n. 167/2011 e l’art. 1, comma 19, Legge n. 92/2012, eliminando, in tal modo, le percentuali di stabilizzazione relative ai rapporti di apprendistato cessati nei ventiquattro mesi precedenti fissate dalla legge (percentuale del 50% per i datori di lavoro dimensionati sopra i nove dipendenti che si abbassava al 30% nei primi trentasei mesi di applicazione della Legge n. 92/2012) o dei contratti collettivi, in applicazione del citato art. 2, comma 1, lett. i), D.Lgs. n. 167/2011.
Adesso, invece, seguito dei lavori parlamentari fin qui svolti, la norma in questione risulta essere stata parzialmente reintrodotta. Infatti, fatta salva la possibilità per la contrattazione collettiva nazionale d’individuare maggiori o minori limiti, esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno cinquanta dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione a tempo indeterminato di almeno il 20% dei rapporti di apprendistato, stipulati nei trentasei mesi precedenti.
Alla luce di questa nuova formulazioni è possibile effettuare alcune considerazioni di carattere applicativo.
In primo luogo, l’obbligo in questione concerne riguarda soltanto i datori di lavoro che, al momento dell’assunzione dell’apprendista, hanno in organico almeno cinquanta dipendenti. La norma non specifica la natura giuridica del legame contrattuale (lavoro subordinato od atipico) che lega il datore di lavoro ai suoi dipendenti. Tuttavia è possibile affermare che, nel calcolo delle cinquanta unità lavorative, non devono essere ricompresi quelle figure lavorative per le quali sussiste una specifica esclusione a norma di legge. Pertanto, non rientrano nel computo in questione:
- gli apprendisti (cfr., art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 167/2011);
- i lavoratori somministrati alle dipendenze dell’Agenzia per il Lavoro ed utilizzati dal datore di lavoro che assume l’apprendista (cfr., art. 22, commi 1 e 2, D.Lgs n. 276/2003);
- i lavoratori provenienti da lavori socialmente utili (cfr., art. 7, D.Lgs. n. 81/2000);
- i lavoratori assunti con contratto di reinserimento (cfr., art. 20, Legge n. 223/1991).
Invece, i lavoratori a tempo parziale devono essere calcolati “pro quota” all’orario di lavoro completo deducibili dal CCNL (cfr., art. 6, D.Lgs. n. 61/2000).
In secondo luogo, devono essere esclusi dal computo dei rapporti di apprendistato non trasformati e riferiti ai trentasei mesi precedenti, tutti i contratti di apprendistato che sono stati risolti anticipatamente per giusta causa o per giustificato motivo, per dimissioni, o per mancato superamento del periodo di prova.
Infine, come già accennato, la contrattazione collettiva nazionale può intervenire sulle percentuali di stabilizzazione unicamente per i datori di lavoro che occupino almeno cinquanta dipendenti. Tale previsione dovrebbe comportare l’abrogazione tacita delle disposizioni contrattuali che prevedevano percentuali, anche maggiori, di stabilizzazione anche per le piccole imprese (come, ad esempio, alla percentuale dell’80% prevista nei settori del commercio e del turismo).
Il piano formativo nell’apprendistato professionalizzante
La formulazione originaria dell’art. 2 D.L. n. 34/2014 aveva abrogato l’obbligo della forma scritta per la redazione del piano formativo dell’apprendistato professionalizzante. Siffatta scelta legislativa ha suscitato molte critiche, in quanto non teneva conto degli adempimenti successivi imposti al datore di lavoro (come la compilazione del libretto formativo, la certificazione delle competenze, etc.), delle verifiche ispettive e degli eventuali contenziosi giudiziari.
Adesso il Senato ha confermato la scelta, già operata in sede di prima lettura del D.L. n. 34/2014 alla Camera dei Deputati, di reintrodurre l’obbligo della forma scritta, prevedendo, al contempo, la descrizione del piano formativo individuale, redatto in forma sintetica sulla base di moduli e formulari stabiliti sia dalla contrattazione collettiva che dagli Enti bilaterali.
Si evidenzia che la novella operata impone l’obbligo di allegare il piano formativo individuale al contratto di apprendistato al momento della sua stipulazione, generando una sostanziale novità rispetto alla disciplina originaria del D.Lgs. n. 167/2011, in virtù della quale il piano formativo in questione poteva essere redatto dal datore di lavoro nei trenta giorni successivi all’assunzione.
La formazione trasversale e di base
La frase, un po’ ambigua, contenuta nel D.L. n. 34/2014 che poteva essere letta come riferibile al datore di lavoro o, al contrario, come mancata offerta, volontaria, della Regione, è stata riscritta anche in una logica finalizzata a prevenire possibili ricorsi alla Corte Costituzionale, atteso che le Regioni hanno competenza primaria in materia di formazione, secondo la previsione contenuta nell’art. 117 Cost..
Ora, le Regioni hanno quarantacinque giorni di tempo, decorrenti dal momento in cui è stata effettuata la comunicazione di assunzione, per poter provvedere a comunicare al datore di lavoro le modalità di fruizione delle competenze trasversali e di base (c.d. offerta formativa pubblica), anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili, ai sensi delle Linee Guida adottate dalla Conferenza Stato-Regioni del 20 febbraio 2014.
Trascorso tale termine, il datore di lavoro non è tenuto ad integrare la formazione tecnica svolta all’interno della propria struttura. A tal fine, si sottolinea che la novella precisa il fatto che il predetto termine decorre dal giorno in cui è stata effettuata la comunicazione obbligatoria on line al Centro per l’Impiego ex art. 9-bis, comma 2, Legge n. 608/1996 (che, come è noto, ha natura pluriefficace).
Il pagamento delle ore di formazione nell’apprendistato di primo livello
Relativamente all’apprendistato per l’acquisizione di una qualifica o di un diploma professionale, si sottolinea il fatto che il Senato, confermando le scelte operate dalla camera dei deputati, ha statuito che, vista la componente formativa tipologia contrattuale, è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore effettivamente prestate, nonché delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.
Di conseguenza, la percentuale del 35% per le sole ore di formazione deve essere considerata una percentuale minima, mentre per le altre, essendo lavorative, tale percentuale sarà al 100% rispetto a quella prevista dalla contrattazione nazionale per quanto concerne l’acquisizione della relativa qualifica (si ricorda che, in genere, sono previsti due livelli contrattuali in meno rispetto al lavoratore qualificato).
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