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TAR LOMBARDIA: LEGITTIMO IL TRASFERIMENTO DELLA PROPRIETÀ DI UNA FARMACIA TRAMITE L’ISTITUTO DEL TRUST.

Con un recente provvedimento, il Tar Lombardia, Sezione II di Brescia, ha dichiarato l’illegittimità del negato riconoscimento da parte di un’Azienda Sanitaria Locale del trasferimento della titolarità di una farmacia mediante l’istituto del trust, mettendo in parte in discussione una prassi amministrativa ben consolidata nel settore delle farmacie private. Secondo la sentenza in parola (n. 890 del 30 luglio 2014), il ricorso al trust non sarebbe, infatti, alla stregua di un negozio elusivo della normativa di riferimento, quella, cioè, dettata dalla L. 475/78, ma si tratterebbe piuttosto di uno strumento necessario a garantire il subentro generazionale in un’attività di famiglia in presenza di eredi che, tuttavia, risultino ancora privi dei requisiti richiesti dalla legge. Analizziamo insieme gli aspetti più rilevanti di questa sentenza, che potremmo definire ‘storica’.

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di Michele De Sanctis

La questione di fondo alla pronuncia dei giudici bresciani sull’argomento è che la L. 475/78 (e successive modifiche e integrazioni) prevede solo sei mesi di tempo dalla presentazione della denuncia di successione, quale termine concesso all’erede per trasferire la farmacia in capo a un soggetto professionalmente idoneo. Seppur breve, il termine di sei mesi risponde ad un principio coerente con la regola di diritto pubblico, in base alla quale la proprietà della farmacia deve coincidere con la titolarità della relativa concessione amministrativa. Sussiste, però, un problema di non coincidenza tra proprietà e titolarità nel caso in cui l’erede non sia ancora farmacista idoneo o addirittura sia minorenne, col conseguente rischio che l’attività di famiglia vada perduta. Una soluzione non convenzionale potrebbe essere quella offerta da una prassi di derivazione anglosassone, con cui è possibile regolare una molteplicità di rapporti giuridici di natura patrimoniale (isolamento e protezione di patrimoni, gestioni patrimoniali controllate ed in materia di successioni, pensionistica, diritto societario e fiscale). Si fa riferimento a quel contratto atipico per il diritto civile italiano, poiché non ancora disciplinato/tipizzato dal legislatore, che va sotto il nome di trust. Il trust è rapporto giuridico che sorge per effetto della stipula di un atto tra vivi o mortis causa, con cui un soggetto (settlor o disponente) trasferisce ad un altro soggetto (trustee) beni o diritti con l’obbligo di amministrarli nell’interesse del disponente o di altro soggetto (beneficiario), ovvero per il perseguimento di uno scopo determinato, sotto l’eventuale vigilanza di un terzo (protector o guardiano), secondo le regole dettate dal disponente nell’atto istitutivo del trust. Tuttavia, sia per la sua atipicità, sia per la sua complessità ed estrema flessibilità, potrebbe dubitarsi circa la reale esperibilità dell’uso di questo istituto per il passaggio generazionale della farmacia o per affrontarne le questioni alla relativa successione ereditaria. Soprattutto per le norme di carattere imperativo alla base del provvedimento amministrativo di concessione.

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Ebbene, la sentenza del TAR in esame affronta la questione fornendo una risposta chiara e precisa: dichiarando, infatti, l’illegittimità del negato riconoscimento da parte dell’ASL del trasferimento della titolarità di una farmacia mediante trust, il Giudice Amministrativo ha ritenuto quest’istituto – e ogni altro negozio fiduciario con cui si disponga l’effettivo trasferimento di una proprietà aziendale – compatibile con la disciplina speciale in materia di farmacie. Il trust, quindi, non solo non confligge con la norma che impone di non dissociare la titolarità della farmacie e il relativo esercizio dell’impresa dalla proprietà piena dell’azienda, ma garantisce, altresì, il pieno perseguimento delle finalità d’interesse pubblico tutelate dalla L. 475/78.

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Secondo il G.A., il trasferimento della proprietà al trustee integra il rispetto delle condizioni di legge, poiché la norma che prescrive il trasferimento in proprietà a un soggetto legittimato al subentro, in quanto farmacista ammette altresì che, successivamente, tale proprietà possa essere nuovamente trasferita, purché rispettando la condizione che ciò avvenga a favore di un farmacista qualificato. Ora, il caso del trasferimento della proprietà a un trustee comporta che tale successione sia già programmata, in quanto alla scadenza del termine del trust, la proprietà dovrà essere necessariamente trasferita o ai beneficiari, se titolati, oppure ad un terzo, da individuarsi da parte del disponente entro il termine di legge di sei mesi. “In tutti i casi e in tutti i momenti (con la sola esclusione dell’eventuale fase di transizione alla scadenza del trust senza che si sia verificata la condizione per il trasferimento ai beneficiari) sono sempre garantiti sia la coincidenza tra proprietà e gestione, che la qualifica di farmacista del proprietario. Ne consegue che né le singole disposizioni, né la ratio della norma possano ritenersi frustrate dal ricorso al particolare istituto del trust, una volta chiarito, come si è fatto nella parte che precede, che il trustee è a tutti gli effetti proprietario, ancorché temporaneamente, e che i vincoli ad esso imposti non possono, di per sé, precludere il raggiungimento dello scopo della norma”. Il Tar di Brescia ritiene, peraltro, che non rappresenti un problema neppure “il fatto che la farmacia, la cui proprietà è trasferita al trustee, non entri nel patrimonio di quest’ultimo (essendo ciò espressamente escluso dalla disciplina dell’istituto): al contrario, ciò pare fornire maggiore garanzia al sistema sanitario, in quanto la farmacia e i suoi beni non potranno essere aggrediti dai creditori personali del trustee, diversamente da quanto accade in situazioni di ordinaria titolarità”.

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Si tratta, inoltre, di una conclusione assolutamente coerente con i principi e le regole del diritto farmaceutico, anche alla luce delle pronunce della Corte di Giustizia dell’UE, che “ha ritenuto compatibile con i principi comunitari la particolare disciplina del sistema farmaceutico nazionale, ma solo entro il limite del garantire che le farmacie siano gestite da farmacisti professionisti, in quanto proprio la professionalità degli stessi può rappresentare la garanzia contro il rischio, per la sanità pubblica, che la finalità di lucro prevalga sulla sicurezza e qualità della distribuzione dei medicinali. Data l’ontologica tendenza al perseguimento del lucro, il contemperamento con il perseguimento del fine pubblico può essere garantito solo dalla deontologia del farmacista professionista e dal fatto che della violazione di essa il professionista deve rispondere compromettendo “non soltanto il valore del suo investimento, ma altresì la propria vita professionale” (cfr. Quarta Sezione della CGUE, sentenza del 5 dicembre 2013 nelle cause riunite da C-159/12 a C-161/12).

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Tale obiettivo primario, il cui perseguimento è, peraltro, ritenuto legittimo a livello comunitario, risulta, dunque, ampiamente garantito nel caso di specie, in cui la gestione della farmacia è pacificamente affidata ad un farmacista professionista, anche se costituito, coerentemente con le previsioni di legge, nella forma della società di persone.

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Vale, allora, la pena di leggere attentamente l’intera sentenza fin qui esaminata, in attesa di conoscere l’eventuale seguito che avrà la vicenda, in caso di ricorso dell’Azienda Sanitaria dinanzi al Consiglio di Stato, e di analizzarne, fin da adesso, le logiche conseguenze che potrebbe avere sul piano negoziale. Siamo, infatti, di fronte a un primo precedente in materia, che costituirà probabilmente anche un punto di riferimento per casi analoghi, aprendo, altresì, scenari contrattuali del tutto inediti nell’esperienza giuridica italiana, ove sarà possibile trasferire la proprietà di una farmacia ad un’entità esterna, nondimeno senza i requisiti richiesti dalla L. 475/78, purché la stessa farmacia venga gestita da un trustee, ovvero da una figura equiparabile all’attuale direttore responsabile, che ne detenga a tutti gli effetti la piena titolarità.

Clicca QUI per leggere la sentenza TAR Lombardia, Brescia sez. II, 30/7/2014 n. 890

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