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NO, L’OMOFOBIA NON È UN’OPINIONE.

di Andrea Serpieri

Nei giorni scorsi in diverse piazze italiane sono tornate le sentinelle in piedi. Queste figure altro non sono che riedizioni stantie di un Savonarola che la stessa storia ha già condannato, donne che vivono la propria confessione come se fossero replicanti di una Giovanna d’Arco postmoderna, neo-crociati della fede che si battono contro la diffusione delle teorie di genere – strumenti occulti del demonio, con cui il male tenta di farsi strada nell’umanità. Sono, quindi, i paladini del bene, laddove il male è rappresentato da quell’amore che, come cantava Dante, ‘puote errar per male obiecto’. Il male del 2000, infatti, sono i gay. Ed ecco, allora le sentinelle farsi difensori del diritto all’omofobia. Il diritto di dire no all’altrui libertà, se questa libertà fa dispiacere a Gesù, e di recriminare, nel contempo, un razzismo inverso ai propri danni: quello di chi isola gli omofobi come tali. Quando, invece, la loro è solo difesa strenua e santa (e dunque benedetta) della famiglia naturale. Dell’amore puro tra un uomo e una donna (biologici), di quell’amore, che Dante celebrava come ‘lo naturale’, quello che pertanto ‘è sempre senza errore’.

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Lungi da me la condanna del Sommo Poeta, a cui ricorro soltanto per dimostrare la più totale inattualità delle parole con cui le sentinelle difendono le proprie opinioni. Opinioni che, piuttosto, sarebbero state adatte ai tempi dello stesso Alighieri. Meglio ancora: le sentinelle avrebbero trovato il più opportuno spazio alle proprie idee all’epoca della Santa Inquisizione, quando, in un virtuale confronto, perfino gli abitanti dell’Atene del V secolo a.c. sarebbero parsi di mentalità più aperta.

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Sorto all’indomani dell’approvazione del DL Scalfarotto dello scorso anno, questo movimento ha finora manifestato contro i diritti – ad oggi, tuttavia, solo rivendicati, ma nient’affatto riconosciuti – delle popolo LGBTQIA. Sebbene si siano sempre dichiarati aconfessionali e apartitici, le sentinelle manifestano le proprie idee con il sostegno esplicito e per nulla ininfluente delle destre e dei centristi, oltreché della stampa cattolica e delle più alte eminenze ecclesiastiche.

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Se la tesi di fondo delle sentinelle è quella di poter liberamente manifestare il proprio pensiero, BlogNomos che si è sempre occupato, per sua stessa vocazione, di diritti umani e civili e che dell’educazione alla legalità ha fatto il proprio principio ispiratore, propone a voi tutti (e a questi soggetti) una riflessione costituzionalmente orientata su tale affermazione. Invocare l’art. 21 Cost. per manifestare liberamente e legittimamente il proprio pensiero, infatti, non basta. Le norme giuridiche, a partire da quelle alla base del nostro ordinamento, costituiscono un sistema e sistematicamente, quindi, devono essere intese. L’art. 21, per esempio, è annoverato nel Titolo I della Carta, quello dedicato ai Rapporti Civili, che, sebbene contemplati dalla stessa Costituzione, devono, comunque, attendere ai cd. Principi Fondamentali, contenuti nei primi dodici articoli. Questi ultimi individuano le caratteristiche generali, i valori fondamentali, e, potrebbe dirsi, la fisionomia stessa della Repubblica Italiana. Per tale ragione, i principi fondamentali devono essere utilizzati obbligatoriamente per interpretare tutte le altre norme costituzionali, art. 21 compreso. Oltretutto, i principi fondamentali, proprio perché individuano i valori fondamentali di questo Stato, non sono modificabili, salvo l’ipotesi remota di un colpo di Stato. La Corte Costituzionale può arrivare anche ad abrogare leggi ed atti aventi valore di legge, qualora fossero in contrasto con i principi fondamentali. E la giurisprudenza costituzionale, fin da quando il Palazzo della Consulta è stato operativo, ha offerto innumerevoli sentenze, che le sentinelle farebbero forse bene a visionare. Cambiare i principi fondamentali significherebbe, quindi, cambiare il tipo di Stato. I Principi Fondamentali della Costituzione hanno, pertanto, il compito di impegnare i futuri governanti a realizzare norme che traducano in pratica quanto in esse contenuto. Per questo motivo hanno valore di ‘norme programmatiche’. Ora, all’art. 3, la Costituzione della Repubblica Italiana pone questo principio fondamentale:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Dalla lettera del diritto discende che se l’art.3 è un principio fondamentale (e lo è), significa non solo che lo Stato italiano ha l’obbligo di tutelare anche i diritti degli omosessuali, ma che l’istigazione all’odio, così come perpetrata dalle sentinelle, non può essere libertà d’espressione.

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Fatto questo breve quadro sinottico sul diritto costituzionale vigente, sento il dovere (più intellettuale che morale) di contestare alle sentinelle in piedi anche la pretesa (infondata) di spacciare per scientifica e legittima la paura e l’odio che nutrono verso gay, lesbiche e transgender. Dal Rapporto Kinsey in poi, la scienza ha, peraltro, dimostrato che l’omoaffettività non è una patologia e dal 17 maggio 1990 l’omosessualità è stata depennata dal manuale diagnostico e statistico delle malattie mentali e le ricerche più recenti dimostrano come le famiglie omogenitoriali non rappresentino un rischio né per il bambino né per la società civile. Mi chiedo se i libri che le sentinelle portano in piazza rechino queste notizie o se preferiscano la più rassicurante censura…

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In verità, nonostante le sentinelle in piedi si professino pacifiche, ciò che rivendicano è il diritto di discriminare ed opprimere, invocando la negazione delle libertà per tante donne e tanti uomini che considerano ‘diversi’ solo perché assolutizzano un modello di ‘normalità’ che sentono di incarnare e che la società propone come tale. (Chi è patologico?) La loro opinione altro non è che un insulto ai diritti umani. Protestare contro l’introduzione del reato di omofobia e ridurre in questo modo a mera opinione ciò che ha condotto e conduce a tanti episodi di violenza, a tanti casi di suicidio, alle quotidiane aggressioni, agli episodi di bullismo ai danni di fragili ragazzi gay, fino alla violenza psicologica e verbale che in Italia si manifesta anche nelle dichiarazioni pubbliche di ministri come Alfano e in eurodeputati come Buonanno, significa disprezzare il valore assoluto che ogni essere umano, unico ed irripetibile, porta con sé. Significa non avere alcun rispetto proprio della ‘vita’.

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E se i nostri rappresentanti in Parlamento non saranno in grado di tutelare i propri cittadini, sarà compito dell’Unione Europea offrire una tutela all’Italia LGBT. L’Europa non ci chiede solo il pareggio di bilancio.

“Il Parlamento europeo […] ribadisce il suo invito a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni.”
(Risoluzione del Parlamento europeo del 26 aprile 2007 sull’omofobia in Europa, art 8).

“Il Parlamento europeo […] condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo, e chiede alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli.”
(Risoluzione del Parlamento europeo del 26 aprile 2007 sull’omofobia in Europa, art 10).

O sarà, forse, la Comunità Internazionale ad imporre all’Italia un comportamento civile? L’Articolo 2 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, ratificata dall’Italia con L. n. 848/55, contiene, infatti, due indicazioni relative alla non discriminazione in genere:

“Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.”

Il successivo articolo 7 proibisce, poi, ogni forma di discriminazione:

“Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.”

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No, decisamente l’omofobia non è una di quelle opinioni che le sentinelle possano liberamente manifestare.

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