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Se la casa non c’è “Abitiamo insieme”.

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da La Stampa – Torino del 20 aprile 2014

A Torino spinti dagli sfratti aumentano i cohousing. E la soluzione di ripiego diventa un’opportunità.

Il cohousing è da anni un’esperienza consolidata all’estero e nel Nord Europa: a Torino stanno aumentando gli esperimenti di convivenza per arginare il problema degli sfratti.

di DAVIDE LESSI (NEXTA)
MANUELA MESSINA (AGB)

«E pensare che solo qualche mese fa queste famiglie non le conoscevo nemmeno». A 61 anni la signora Piera ha assunto il titolo di nonna di Porta Palazzo. Stringe i ferri da maglia nelle mani e spiega: «Quando i vicini sono al lavoro mi prendo cura dei loro bambini, gioco con i più piccoli o guardo scorrazzare i più grandi nel cortile». Non si tratta di una scelta di buon vicinato, ma di vita. Perché la signora Piera vive in un cohousing. Un termine inglese che significa co-abitare. L’idea è semplice: un edificio con alloggi privati ma spazi condivisi. Nella stessa casa di ringhiera convivono altre 15 persone: da privati hanno unito le forze per rimettere a nuovo un edificio affacciato su piazza della Repubblica. E oggi, dopo tre anni di lavori, abitano tutti lì: hanno un loro appartamento ma negli ambienti comuni cenano insieme, organizzano gruppi d’acquisto solidale, si danno una mano nelle piccole difficoltà. La casa si chiama Numero Zero ed è solo uno degli ultimi esperimenti di cohousing in città.

Il modello arriva dal Nord Europa. I primi a sperimentarlo sono stati i danesi 30 anni fa. Poi la Svezia, l’Olanda e la Germania, con l’esempio di Vauban, periferia di Friburgo, dove in cohousing vive un intero quartiere di 5000 persone. In tempi di crisi questa soluzione abitativa si sta affermando anche Torino. E non solo a Porta Palazzo. Nell’area degli ex Mercati Generali è stato recuperato un edificio del Villaggio Olimpico: ora ci sono 42 alloggi per famiglie, studenti fuori sede e soci del progetto Buena Vista. L’associazione Social Club ha ristrutturato gli appartamenti e li affitta a prezzi calmierati.

Torino nel 2013 è risultata tra le prime città in Italia per numero di sfratti. In Piemonte il dramma della morosità involontaria (dovuta alla perdita del lavoro e all’incapacità di far fronte all’affitto) ha coinvolto lo scorso anno 6312 famiglie, il 9,2% del totale nazionale. «La tensione abitativa è alta», ammette il vicesindaco Elide Tisi. Che, in quanto presidente della commissione per l’emergenza abitativa, guarda di buon occhio alle ultime esperienze di cohousing. «Seppur di nicchia sono segnali importanti che potrebbero avere una funzione preventiva rispetto al dramma degli sfratti», spiega. Il Comune da parte sua vanta l’orgoglio di avere messo in piedi una delle prime esperienze di social-housing: il condominio sociale di via Gessi. Grazie alla collaborazione con la compagnia di San Paolo sono stati creati appartamenti per donne e anziani soli, nonché alloggi temporanei per chi ha bisogno di un percorso di assistenza. Un esempio, quello di via Gessi, che, fondi permettendo, potrebbe diventare un modello per le diverse decine di case pubbliche sfitte a Torino.

Fonte: La Stampa