Il volontariato d’impresa si diffonde in Italia

 

 

di Germano De Sanctis

 

Il volontariato d’impresa si sta affermando tra gli imprenditori italiani. Infatti, i dati statistici indicano come sia in aumento il ricorso a questa particolare strategia di responsabilità sociale d’impresa (cioè, la sfera che tocca scelte e implicazioni etiche nella visione complessiva di un’azienda) da parte del sistema imprenditoriale italiano.

Il volontariato d’impresa consiste nella possibilità concessa dai datori di lavoro ai propri dipendenti di dedicare una o più giornate al mese (di norma, tre) a favore delle associazioni “no profit”, considerandole come normali giornate di lavoro retribuito.

Si tratta di numeri che appaiono non particolarmente rilevanti, se osservati soltanto in termini assoluti, ma estremamente significativi se considerati sotto l’aspetto della loro crescita esponenziale. Infatti, si è in presenza di un dato che emerge chiaramente dalle risultanze dell’ultimo rapporto dedicato a questo settore e redatto dall’Osservatorio Socialis (http://www.osservatoriosocialis.it/) di Errepì comunicazione insieme all’istituto Ixè (http://www.istitutoixe.it/).

Infatti, nel 2011, le imprese che dichiaravano di impegnarsi nella responsabilità sociale d’impresa erano il 64% del campione. Quest’anno, tale dato statistico è salito al 73% delle imprese italiane con più di 80 dipendenti.

Ovviamente, il volontariato d’impresa si esplica in forme decisamente eterogenee, diverse l’une dalle altre. Tuttavia, analizzando bene il fenomeno, è possibile individuare alcuni minimi comuni denominatori.

In primo luogo, tali iniziative si connotano sostanzialmente per le seguenti due modalità d’intervento:

  1. l’impresa interessata promuove azioni di volontariato nelle quali coinvolgere i propri dipendenti, fuori dalla realtà aziendale;

  2. l’impresa interessata organizza azioni di volontariato per i propri lavoratori anche in orario lavorativo.

In secondo luogo, la gran parte delle iniziative di volontariato d’impresa (circa il 42% del totale) si caratterizza per il rapporto instaurato dalle imprese interessate con il proprio territorio di riferimento, ricorrendo sovente al volontariato sociale ivi presente.

Appare interessante notare come l’analisi statistica del fenomeno abbia rilevato il fatto che la maggior parte imprese coinvolte (il 47%) ricorra a tale forma di responsabilità sociale per migliorare la propria reputazione, attraverso un utile riposizionamento dell’immagine ’aziendale. Di conseguenza, gli imprenditori puntano su iniziative ad alta visibilità mediatica (40%), oppure strettamente connesse al tessuto sociale locale (31%). Si deve anche rilevare che un nutrito numero di imprenditori (il 28%) sceglie il volontariato d’impresa per attrarre nuovi clienti e/o migliorare le relazioni aziendali interne (il 27%). Infine, sono rinvenibili anche motivazioni di ordine etico e/o connesse allo sviluppo sostenibile.

Un aspetto molto interessante di tale fenomeno è rappresentato dalla sua capacità d’implementare le conoscenze professionali dei lavoratori coinvolti, al punto da passare, in breve tempo, da esperienze di mero volontariato ad attività produttive certificate. Un simile risultato è reso possibile dal fatto che il volontariato d’impresa è capace di rafforzare le capacità trasversali, attraverso la realizzazione di percorsi di apprendimento non-formali, informali e certificabili.

In altri termini, il volontariato d’impresa è in grado di sviluppare le “soft skills”, ossia le competenze comportamentali (o manageriali, per chi ricopre ruoli di coordinamento). Esse sono quelle competenze emotive e sociali (non tecniche, ma comunque essenziali) ritenute necessarie per poter ambire ad un riconoscimento professionale per chi ha già un lavoro e che sono destinate ad assumere sempre più importanza nel curriculum professionale di ogni lavoratore.

Pertanto, il volontariato d’impresa si trasforma in un volontariato di competenza, in quanto siffatta forma d’intervento da parte delle imprese si traduce in autentica innovazione sociale.

Ovviamente, tale forma di volontariato non si limita a migliorare un curriculum, ma, ovviamente, dona a chi vive una simile esperienza un arricchimento del proprio bagaglio emotivo più intimo.

Affinché questa tendenza si radichi e si diffonda sempre di più, è necessario creare relazioni stabili e radicate tra il sistema imprenditoriale ed il mondo degli operatori no profit. Infatti, a fronte della frammentaria e talvolta episodica attività di fondazioni e di enti intermedi che mettono in contatto imprese e terzo settore, l’attuale legislazione statale di riferimento non prevede alcun sistema incentivante dell’impegno sociale delle imprese, attraverso, ad esempio, incentivi, sgravi fiscali o premialità capaci di strutturare permanentemente il fenomeno in questione.

Infatti, dalle rilevazioni statistiche emerge il fatto che la spinta ad intervenire in tale settore arrivi principalmente dall’opinione pubblica (il 16% del campione vede in essa il sostenitore più convinto della responsabilità sociale), dall’impresa (il 18%), dal terzo settore (il 15%). Invece, le Pubbliche Amministrazioni e le Università sono considerate meno interessate (solo il 5% del campione), a fronte di un 75% del campione che ritiene fondamentale un intervento pubblico in tale settore.

In altri termini, le imprese sono indotte ad adottare forme di volontariato d’impresa soltanto sotto la spinta dell’opinione pubblica o del terzo settore. Si tratta di un sostegno necessario, ma chiaramente non sufficiente e che necessita di un ormai deciso e non più prorogabile intervento da parte della Pubblica Amministrazione.

 

 

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