di Luigia Belli
Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, si è recato personalmente, il 17 aprile di quest’anno, alla sede della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) dell’Aja per reclamare l’accesso sovrano al mare e presentare una denuncia contro il Cile. La decisione di procedere formalmente contro il paese limitrofo è stata annunciata questo 23 marzo, in occasione delle celebrazioni del “Día del Mar”, data in cui si ricorda la sconfitta boliviana per mano cilena nella Guerra del Pacifico (1879-1884) che costò alla Bolivia la perdita del suo litorale. In quell’occasione, 135 anni fa, la Bolivia perse 420 kilometri di costa sull’Oceano Pacifico e 120.000 kilometri quadrati di litorale.
Infatti, dagli inizi del secolo scorso, la Bolivia reclama il recupero almeno di una parte di tale territorio, a suo avviso ingiustamente usurpato dai cileni. Da allora, ogni 23 marzo si celebra il Día del Mar per rendere omaggio al più grande eroe boliviano, Eduardo Abaroa, ucciso a Calama, il primo paese boliviano che oppose resistenza al passaggio delle truppe cilene che invasero il territorio boliviano il 14 febbraio 1879 partendo dal Porto di Antofagasta.
Tali accadimenti trasformarono il paese andino nell’unico paese del Cono Sud, oltre al Paraguay, a non avere un accesso sul mare e, nel corso dei decenni successivi, resero i rapporti tra i due paesi altalenanti e piuttosto agitati. Di fatto, oggi la Bolivia e il Cile hanno relazioni puramente commerciali e, tra l’altro, anche dense di tensioni. Le relazioni diplomatiche, invece, sono state formalmente interrotte nel 1962 a seguito della deviazione unilaterale del fiume Lauca, frutto di una politica imperialista del Cile. Per un breve periodo, nel 1975, vennero riattivate dai generali Augusto Pinochet e Hugo Banzer, entrambi Presidente de facto, ma vennero nuovamente sospese dalla Bolivia tre anni dopo.
Oggi, invece, dopo decenni, Evo Morales torna formalmente a dialogare con il Cile, cercando di creare un dialogo con la Presidente Michelle Bachelet, cavalcando il suo principale cavallo di battaglia in politica estera in vista delle nuove elezioni presidenziali, che avranno luogo in Bolivia nel prossimo mese di ottobre.
Nel discorso tenuto il 23 marzo, Morales ha assicurato che, aldilà della denuncia formale presentata al Tribunale dell’Aia, la Bolivia non sospenderà il dialogo bilaterale avviato con il Cile; tuttavia, segnalò, “nonostante 132 anni di sforzi e di dialogo, la Bolivia non ha un accesso sovrano al Pacifico e, di fronte a tale realtà, è necessario fare un passo storico per riaccendere la speranza e assicurare benessere ai cittadini boliviani”. Ma, aldilà dell’orgoglio ferito dei boliviani, in che misura, effettivamente, la carenza di un accesso al mare ha condizionato lo sviluppo del paese? La BCC ha realizzato una inchiesta finalizzata, appunto, a quantificare la perdita e si è rivolta ai settori che sembrano essere i più danneggiati da tale situazione geo-politica.
“L’isolamento a cui è condannato il paese ci impedisce di esportare il gas in Asia o al nord” – ha commentato Carlos Orías, portavoce del Ministero per gli Idrocarburi, parlando della principale ricchezza naturale che possiede il suo paese. Orías spiega che è difficile fare un calcolo preciso di quanto costa alla Bolivia il limite geografico, tuttavia, facendo una stima comparativa, invita a fare una valutazione di massima: “se si calcola che la Bolivia riceve circa 300 milioni di dollari americani al mese per il gas venduto al Brasile e all’Argentina, diventa chiaro quanto potrebbe guadagnare se si aprisse a nuovi mercati”.
La Camera Nazionale per le Esportazioni della Bolivia (CANEB), a sua volta, sottolinea che la carenza di una zona portuale propria ha fatto sì che i prodotti boliviani perdessero competitività. La Direttrice del CANEB, Mariana Zamora Guzmán, ha spiegato che “le materie che esportiamo aumentano di prezzo perché dobbiamo innanzi tutto trasportarle fino al porto di un altro paese e ciò, inoltre, ritarda anche i tempi di spedizione”. Nonostante tale limite, la grande richiesta internazionale di certi prodotti, tra cui annoveriamo il legno, la soia e i minerali, ha fatto sì che le esportazioni boliviane crescessero comunque.
Inoltre, non avendo un porto proprio, la Bolivia perde i possibili guadagni, in termini di dazi e spese doganali, per i prodotti in ingresso nel paese.
Il Responsabile del commercio estero della Camera Nazionale del Commercio della Bolivia, José Endara, ha evidenziato che tutte le spese burocratiche vengono ovviamente pagate ad un terzo paese, in questo caso il Cile. Ciò perché la maggior parte dei prodotti che entrano ed escono dalla Bolivia passa dal porto di Arica, nel nord del Cile. Benché il porto di Arica sia zona franca, i prodotti devono comunque essere trasportati in Bolivia e la città boliviana più vicina ad Arica è Oruro, a circa 5 ore di viaggio dalla costa cilena. Inoltre, la Bolivia, ad Arica, poiché il porto non è suo, non dispone di depositi e container dove stivare i propri prodotti.
Tutti i settori consultati sono d’accordo sul fatto che la carenza di uno sbocco sul mare ha causato alla Bolivia una perdita economica di gran rilievo, tuttavia in molti ammettono che il mancato sviluppo commerciale del paese è dovuto anche ad altro: “Pur essendo indiscutibile che l’assenza di un porto proprio ha condizionato il nostro sviluppo, la verità è che, in questo momento, il nostro paese non è pronto per esportare idrocarburi in Asia o in altri, nuovi mercati oltre oceano poiché non dispone delle infrastrutture adeguate e necessarie per trasportare i prodotti fino al litorale”, ha illustrato Orías. E’ per questo motivo che attualmente la Bolivia esporta il gas solo in Argentina e in Brasile e sta pianificando un’espansione del mercato in altri paesi limitrofi o vicini, per esempio il Paraguay e l’Uruguay. Di fatto, la maggiore quantità di idrocarburi è estratta nell’est del paese e la Bolivia non dispone dei condotti necessari per trasportare i prodotti lungo i 2000 kilometri (parte dei quali interessano la Cordigliera Andina) che distanziano i luoghi di estrazione dalla costa.
Nel frattempo, però, il Cile ha usufruito di tutti i benefici legati allo sfruttamento e vendita di prodotti naturali – quali lo zolfo e il salnitro – estratti su territori una volta boliviani e ambiti storicamente da molte imprese britanniche che, secondo alcuni storici, illo tempore spinsero il Cile all’invasione. Sul territorio una volta appartenente alla Bolivia si trovano enormi giacimenti di rame che hanno rappresentato e rappresentano ancora il grande traino dell’economia cilena.
Infine, una nota sulla deviazione del fiume Lauca, che nasce in Cile e, precedentemente, sfociava in Bolivia. Le imprese cilene sfruttano a pieno le acque sorgive del fiume per venderle a tutto il nord del paese e, in questi anni, il Governo cileno non ha mai riconosciuto nessun emolumento alla Bolivia.
“Il mare che chiediamo per amore alla giustizia è il mare dei popoli, non è il mare di piccoli gruppi. È il mare per la nostra patria, è il mare irrinunciabile”, ha così chiuso Morales di fronte alla stampa che lo ha ricevuto in Olanda.
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