di Andrea Serpieri
Con una sentenza rivoluzionaria, la Corte Suprema indiana ha riconosciuto lo scorso 14 aprile il diritto dei transessuali di essere considerati come «terzo sesso» e di godere degli stessi diritti degli altri cittadini sanciti dalla Costituzione.
Un verdetto dalla portata storica. Riconoscendo, infatti, alla comunità transgender indiana lo status di «terzo genere sessuale» davanti alla legge, la Corte ha effettuato una decisa presa di posizione destinata a modificare le abominevoli condizioni di vita di tutti i trans del Paese, finora costretti a condurre esistenze ai margini della società e dell’umana dignità, vittime di violenze e discriminazione, borderline sempre, in ogni aspetto della vita quotidiana. Quest’ostracismo era conseguenza di una legge del 1871, risalente al periodo coloniale, che li considerava come “criminali”.
La sezione della massima Corte indiana, però, ha ora stabilito che i transessuali debbano poter godere dei medesimi diritti garantiti dalla Costituzione al resto della popolazione e saranno considerati come una delle Other Backward Class (Obc), ossia uno di quei gruppi sociali che godono di misure governative ad hoc in ambito lavorativo e scolastico.
Accogliendo un ricorso collettivo presentato due anni fa, i giudici hanno affermato che «è diritto di ogni essere umano scegliere il proprio genere sessuale». I transessuali, o “Hijra” come sono chiamati in hindi, saranno, pertanto, liberi di identificarsi in una terza categoria che non è né quella di maschio né femmina. Con questo verdetto, l’India diventa uno dei pochi Paesi al mondo a prevedere il «terzo genere». A distanza di pochi giorni dall’omologo riconoscimento avvenuto anche nel sistema giuridico australiano.
Si stima che in India ci siano dai 3 ai 5 milioni di “Hijra”, un’ampia categoria che comprende dai travestiti ai castrati, brutale pratica che ancora sopravvive. Molti di loro sono costretti a prostituirsi o a vivere delle elemosine raccolte durante feste di matrimonio e varie celebrazioni, in cui sono considerati di buon auspicio.
«Riconoscere ai transgender lo status di terzo genere sessuale non è una questione medica o sociale, ma ha a che fare coi diritti umani» ha dichiarato il giudice KS Radhakrishnan al momento del verdetto, specificando che «anche i transgender sono cittadini indiani ed è necessario garantire loro le medesime opportunità di crescita». Le conseguenze della sentenza, che invita il Governo centrale e quelli locali ad adeguarsi alla novità, si ripercuoteranno su una serie di aspetti della vita di tutti i giorni: l’opzione «transgender» sarà inserita nei moduli da compilare per i documenti d’identità, saranno creati bagni pubblici a loro riservati e la condizione di “Hijra” verrà tutelata nelle strutture ospedaliere nazionali con reparti appositi, escludendo l’obbligo di scegliere tra uno dei due sessi per poter accedere alle cure mediche. Inoltre, in virtù dell’appartenenza alle Obc, il governo dovrà stanziare un determinato numero di posti ad hoc nei luoghi d’impiego statali, nelle scuole primarie e nelle università, secondo il sistema delle cd. ‘reservations’, ovvero delle quote riservate dal Governo alle Obc, considerate una sorta di ‘categoria protetta’.
La sentenza rianima la speranza della battaglia della comunità Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) indiana, diretta ad ottenere l’abolizione dell’odioso vecchio ed obsoleto articolo 377 del Codice Penale che vieta il ‘sesso contro natura’ come la sodomia e la fellatio. Rovesciando, infatti, una precedente decisione di una corte inferiore del 2009, lo scorso dicembre la Corte Suprema aveva reintrodotto la disposizione in base alla quale i rapporti tra omosessuali sono illegali. A inizio mese, tuttavia, la stessa Corte ha accettato di considerare una «sentenza riparatrice» e oggi, con questa sentenza, si spera in un prossimo passo in difesa dei diritti umani nel Paese, di un’evoluzione delle politiche di genere, in accordo con i principi di tolleranza e rispetto. La speranza è, quindi, quella di una futura conquista dei pieni diritti civili da parte della comunità indiana gay lesbo e trans.
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